Opere edilizie ante 1967: tutto sulle prove a carico del privato per dimostrare lo stato legittimo
Solo il privato può fornire, in quanto ordinariamente ne dispone, inconfutabili atti, documenti o altri elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell'epoca di realizzazione del manufatto a prima del 1967.
Per dimostrare la regolarità edilizia e urbanistica di alcune opere edilizie realizzate prima del 1967 - cioè prima dell'entrata in vigore della cd. Legge Ponte che ha introdotto l'obbligo di titolo abilitativo anche per gli immobili fuori dai centri urbani - sono necessarie delle prove circostanziate e chiare, da fornire a cura del privato. In mancanza, si tratta di abusi edilizi passibili di demolizione.
Lo spiega molto bene il Tar Salerno nella sentenza 2074/2024 del 4 novembre, relativa al ricorso di un privato contro l'ordinanza di demolizione del comune per la realizzazione di alcune opere edilizie (“fabbricati in blocchetti di cemento aventi come coperture strutture leggere e senza fondazione") in assenza del permesso di costruire.
Più precisamente, le opere sono state ritenute dall'amministrazione comunale in contrasto con le norme di attuazione del vigente PDF e della normativa sovraordinata poiché eseguite in assenza di permesso di costruire, ossia in violazione degli artt. 10 e 31 del dpr 380/2001.
Opere ante 1967? Il ricorso e i rilievi del comune
Il privato rileva che le opere contestate sono comunque state realizzate ante 1967 e che dunque non richiedevano il rilascio di un previo titolo abilitativo.
Ma secondo il comune, non è stata dimostrata la realizzazione delle opere in epoca anteriore alla cd. legge ponte n. 761 del 1967, essendosi lo stesso limitato ad affermare in maniera apodittica che “dalle foto del sopralluogo è chiaro che si tratta di una struttura chiaramente risalente nel tempo, con al più una tinteggiatura e, comunque, con sistemazioni minimali, non sanzionabili ex art. 31 del DPR n. 380/01”.
Abusi edilizi ante 1967: a cosa servono le prove del momento di realizzazione e chi deve presentarle
Il TAR ricorda che è il proprietario, o responsabile dell'abuso edilizio assogettato a ingiunzione di demolizione, a dover provare il carattere risalente del manufatto, "collocandone la realizzazione in epoca anteriore alla c.d. legge ponte n. 761 del 1967 che con l’art. 10, novellando l’art. 31, l. n. 1150 del 1942, ha esteso l’obbligo di previa licenza edilizia alle costruzioni realizzate al di fuori del perimetro del centro urbano".
Attenzione a questo passaggio: le prove servono sia quando si chiede una sanatoria/condono sia per poter escludere la necessità della richiesta e ottenimento del titolo abilitativo, "ove si faccia questione, appunto, di opera risalente ad epoca anteriore all’introduzione del regime amministrativo autorizzatorio dello ius aedificandi".
Il principio di vicinanza della prova
Inoltre, si evidenzia che "tale criterio di riparto dell’onere probatorio tra privato e amministrazione discende dall’applicazione alla specifica materia della repressione degli abusi edilizi del principio di vicinanza della prova poiché solo il privato può fornire, in quanto ordinariamente ne dispone, inconfutabili atti, documenti o altri elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell’epoca di realizzazione del manufatto, mentre l’amministrazione non può, di solito, materialmente accertare quale fosse la situazione all’interno dell’intero suo territorio”.
Abusi edilizi ante 1967, quali prove? Non basta una dichiarazione, serve documentazione certa
In presenza di un ordine di demolizione, l'onere di dimostrare che le opere sono legittime essendo state realizzate in assenza di titolo edilizio ma in epoca anteriore al 1967 incombe sul privato a ciò interessato. Non bastano, in tal senso, semplici dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà ma serve documentazione certa e inconfutabile.
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Quali prove servono?
Secondo il TAR, che conferma quanto già rilevato dal comune, il ricorrente e destinatario dell'ordine di demolizione non ha assolutamente fornito prove certe e pertanto non ha assolto al sopracitato "onus probandi".
Non solo: l'ausiliario d’ufficio nominato al precipuo fine di accertare “a) l’epoca di realizzazione di ciascuna delle opere contestate; b) la loro conformazione originaria; c) l’epoca e la consistenza delle variazioni intervenute nel tempo; d) lo stato legittimo dei beni”, ha condivisibilmente affermato che, dall'approfondimento della documentazione catastale e conservatoriale, emergono elementi sufficienti a far ritenere che le opere gravate dall'ordinanza impugnata siano state costruite in tempi più recenti.
In questo caso, quindi, ci sarebbero addirittura delle prove contrarie, che propendono per una realizzazione delle opere in epoca decisamente successiva al 1967.
Perché si verifichi la legittmità delle prove, invece, da una parte il privato deve allegare, a sostegno della tesi sulla realizzazione dell'intervento prima del 1967, elementi dotati di un alto grado di plausibilità (aeorofotogrammetrie, dichiarazioni sostitutive di edificazione ante 1 settembre 1967) e, dall'altro, il Comune deve fornire elementi incerti in ordine alla presumibile data della realizzazione del manufatto privo di titolo edilizio, o con variazioni essenziali, non si ravvisano nel caso di specie i parametri richiamati per ammettere il temperamento dell’onere che gravava sull’appellante.
E' evidente che nel caso di specie non sussiste neppure una delle due condizioni e, pertanto, la demolizione è assolutamente legittima.
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Abuso Edilizio
L'abuso edilizio rappresenta la realizzazione di opere senza permessi o in contrasto con le concessioni esistenti, spaziando da costruzioni non autorizzate ad ampliamenti e modifiche illegali. Questo comporta rischi di sanzioni e demolizioni, oltre a compromettere la sicurezza e l’ordine urbano. Regolarizzare tali abusi richiede conformità alle normative urbanistiche, essenziale per la legalità e il valore immobiliare.
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