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OMA per ponti e viadotti: eccitazione ottimale e trasduttori da impiegare

La presente memoria è rivolta ad uno studio comparativo riguardante la definizione del miglior approccio da implementare per la caratterizzazione dinamica di ponti e viadotti: se di nuova realizzazione in termini di vero e proprio collaudo, se esistenti in termini di una loro identificazione.

Per effettuare un'analisi dinamica sperimentale è opportuno utilizzare soluzioni cablate 

La presente memoria è rivolta ad uno studio comparativo riguardante la definizione del miglior approccio da implementare per la caratterizzazione dinamica di ponti e viadotti: se di nuova realizzazione in termini di vero e proprio collaudo dinamico, se esistenti in termini di una loro identificazione.

Infatti nel caso di nuovi manufatti, non ancora messi in esercizio, l’analisi dinamica sperimentale risulta fondamentale per il collaudo stesso, ovvero per la verifica della rispondenza dei parametri modali teorici di progetto con quelli sperimentali, misurati in campo; lo stesso, di fronte a strutture risalenti al passato, lo strumento della modale sperimentale serve a caratterizzare le stesse da un punto di vista dinamico per definire, ad esempio, dei punti fermi, che possano condurre ad una loro modellizzazione numerica, al momento non disponibile.

Requisiti fondamentali per l’esecuzione di una buona analisi modale sperimentale sono la scelta della più corretta architettura da implementare, della migliore eccitazione da impiegare e della più adatta tipologia di trasduttori da mettere in campo.

Sulla base delle ripetute e molteplici esperienze di chi scrive, sviluppatesi nell’arco di oltre un ventennio, la soluzione architettonica più idonea è quella cablata. Almeno allo stato attuale dell’arte, si escludono tutte le possibili soluzioni wireless in quanto carenti sotto molti punti di vista.

Considerando che le analisi modali sperimentali sono spesso abbinati a monitoraggi dinamici durevoli nel tempo (SHM), la grande quantità di dati da elaborare (un valore minimo significativo per una buona ricostruzione dell’onda è di 200 samples/s) conduce a consumi elevati, che comportano una alimentazione che deve necessariamente avvenire da rete fissa.

Di fronte a questo vincolo, che obbliga a realizzare una vera e propria rete di alimentazione, la possibilità di poter disporre di trasmissione del segnale senza alcun supporto fisico non conduce, di fatto, ad alcun vantaggio pratico, anzi comporta spesso la possibilità che si possano venire a creare problemi che possono inficiare l’attendibilità della misura stessa. Per superare il problema legato ai cospicui assorbimenti elettrici, in commercio sono presenti soluzioni che mostrano avere durate consistenti, in quanto si basano su sistemi temporizzati, o a trigger, che si attivano per qualche minuto al giorno.

Tali soluzioni consentono di poter lavorare con batterie tampone che si ricaricano, una tantum, con sistemi fotovoltaici, di piccola potenza, risultando di durata praticamente illimitata, senza alcun altro supporto energetico esterno. Inoltre, sempre con l’intento di dover raggiungere importanti autonomie, si basano su protocolli di comunicazione che trasmettono un pacchetto di dati estremamente limitati (LORAWan), che non hanno nulla a che vedere con i sistemi dinamici a medie prestazioni.

La somma poi di molteplici acquisizioni, di durata molta limitata, porta ad un batch solo apparentemente consistente nel rispetto delle linee spettrali richieste, ma disomogeneo e molto poco efficace per l’individuazione dei parametri modali di base richiesti.

Una tra le soluzioni cablate più interessanti è quella granulare, con moduli accelerometrici disposti in serie a partire da un pc industriale, su cui risiede la piattaforma software di gestione, e sulla cui memoria di massa avviene una prima memorizzazione (dati che, a pacchetti, saranno trasferiti in cloud), che funge da unità centrale.

I moduli accelerometrici sono costituiti da un trasduttore triassiale MEMS e sono dotati di tutta l’elettronica necessaria per il condizionamento e la trasformazione del segnale da analogico a digitale e per la comunicazione e la sincronizzazione di rete. Essi usualmente sono collegati da un cavo ethernet a costituire una classica rete LAN (Cat6), di facile ed agevole installazione con connettori RJ45 interni in housing water proof e pressacavi.

Il cavo ha l’importante caratteristica di portare in sé sia il segnale che l’alimentazione e quest’ultima è garantita ad intervalli regolari, ogni certo numero di moduli e non oltre una certa distanza globale assoluta, da una serie di iniettori o switch di rete del tipo PoE.

Una siffatta architettura ha limiti soltanto nella lunghezza di cavo tra un modulo ed il successivo (posta cautelativamente non oltre 50 m) e, in teoria, è in grado di supportare un numero elevato di moduli (dipendente solo dalle caratteristiche prestazionali del PC). Negli impianti di notevoli dimensioni e con tanti componenti, è preferibile ottimizzare con molteplici PC slave, a loro volta collegati in rete e sincronizzati, e facenti capo ad un master, che è quello che può essere gestito da remoto, nell’ottica di un controllo a distanza.

Di seguito è riportato uno schema rappresentativo dell’architettura cablata ritenuta più idonea su un cavalcavia a campata multipla. I marker indicati con cerchi rappresentano gli accelerometri triassiali: la catena parte con l’accelerometro 1 e termina con il 18. Tra l’accelerometro 4 e 5 c’è un attraversamento della carreggiata che, per evitare intralci alla circolazione o alle normali attività di cantiere, si sviluppa lungo un giunto, oppure direttamente all’intradosso.

Lay tipico su campata multipla

Nello schema funzionale successivo si può invece notare come avviene nel dettaglio il collegamento e la trasmissione del segnale, a partire dal pc industriale, attraverso un PoE e, in cascata, con una catena seriale a configurazione in-out, ad interessare tutti i trasduttori dislocati lungo il manufatto.

Dettaglio tipologia di collegamento

In un siffatto schema, la tanto agognata sincronia (per le frequenze in gioco, non particolarmente proibitive, la sincronia può avvenire entro il millisecondo, garantendo un errore in fase inferiore al 5%) è garantita dal protocollo di trasmissione EtherCAT, avente prestazioni ben superiori a quelle strettamente necessarie.

Per quanto riguarda l’eccitazione, si esclude nel modo più assoluto quella forzata, in quanto dispendiosa e spesso di difficile attuazione per applicazioni nel campo infrastrutturale, ed il ricorso a quella naturale, operativa, messa cioè a disposizione gratuitamente dall’ambiente in cui il manufatto è contestualizzato, è la scelta d’elezione. I ponti e viadotti, qualunque sia la loro tipologia costruttiva, sono strutture molto flessibili e quindi facilmente eccitabili, anche con una leggerissima brezza, sempre presente in qualsiasi condizione climatica.

Vento come effettivo motore per l’OMA

Ecco che il vento, inteso come azione stocastica, riproduce in modo perfetto le condizioni di un input assimilabile ad un rumore bianco distribuito spazialmente in modo casuale intorno al manufatto di interesse, senza alcuna periodicità e con intensità che si mantiene suppergiù costante nell’intervallo di frequenze di interesse. Come è accaduto nel campo aeronautico e navale, l’analisi modale sperimentale classica (EMA), ha ceduto il passo a quella di tipo operativo (OMA), eseguita cioè nelle normali condizioni di esercizio del manufatto, senza starsi a preoccupare su come eccitarlo. Il costrutto analitico è rimasto lo stesso e le funzioni di risposta in frequenza (FRF) hanno lasciato il posto alle funzioni di potenza incrociata (Cross Power Spectra).

Come caso estremo, si riporta l’esempio di antichi ponti ad arco in muratura studiati in più di un’occasione con soddisfacenti risultati. Sebbene a comportamento estremamente rigido hanno spesso la peculiarità di trovarsi in zone a conformazione orografica tale da generare, per effetto Venturi, flussi ventosi particolarmente intensi, in grado di scuotere strutture morfologicamente massicce.      

Non solo il vento, ma anche le normali azioni antropiche, di natura casuale, possono rivelarsi utili per la generazione di un input randomico. Spesso, in particolari giornate di calma piatta, infatti le usuali attività che si svolgono all’interno di un edificio adibito ai più disparati usi, possono sostituire l’azione ventosa.

Lo stesso dicasi per un ponte o viadotto. L’eccitazione potrebbe essere il traffico veicolare sullo stesso se si decidesse di non interromperlo: una normale percorrenza incide molto poco sulla variazione di massa, se confrontata ai pesi propri e portati del manufatto, ed eventuali forzanti di disturbo possono essere agevolmente eliminate con algoritmi del tipo armonic removal.

Meglio ancora se il traffico agisce su una carreggiata strutturalmente separata da quella di interesse, che può essere affiancata (come accade su un’autostrada con doppio senso di marcia su due viadotti intesi come entità separate, uno dai quali, quello di prova, chiuso al traffico, e l’altro normalmente trafficato) o trovarsi nelle configurazioni più disparate (cavalcavia, sottopasso, disposizione sghemba in un nodo particolarmente complesso e così via).

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