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Nuovo Codice Appalti: approccio consulenziale per la Gestione Informativa Digitale e gli imminenti obblighi di legge

Dal 1° gennaio 2025 sarà obbligatoria la Gestione Informativa Digitale nei contratti pubblici, richiedendo una trasformazione organizzativa profonda e integrata dei processi, con un focus sulla centralità del dato e sul coinvolgimento attivo del capitale umano, oltre la semplice adozione di strumenti tecnologici.

Nuovo Codice Appalti: dal 1° gennaio 2025, rivoluzione digitale nella PA, la Gestione Informativa obbligatoria cambia tutto

Il 1° gennaio 2025 coinciderà, in relazione al Codice dei Contratti Pubblici, con l’avvio dell’obbligatorietà dell’introduzione e dell’adozione, anzitutto da parte delle stazioni appaltanti e degli enti concedenti, dei metodi e degli strumenti della Gestione Informativa Digitale (non del BIM!), fatte salve le note condizioni di esclusione.

Vi è, naturalmente, da parte degli attori delle amministrazioni pubbliche, anche a seguito di una distrazione alquanto generalizzata verificatasi nei mesi e negli anni scorsi, una preoccupata attesa per eventuali modifiche e integrazioni al D. Lgs. 36/2023, contenute e attuabili mediante il cosiddetto «correttivo», ma è palese che i tempi per la conformità ai vincoli legislativi siano ormai assai stretti e che sia poco saggio restare nell’attesa di differimenti o di altro.

 

Angelo Luigi Camillo Ciribini, Università di Brescia.
Angelo Luigi Camillo Ciribini, Università di Brescia. (Ingenio)

 

Ciò che occorre scongiurare è che una attitudine attendista da parte di molte stazioni appaltanti e di molti enti concedenti si traduca in un mero adempimento superficiale, allorché essa vanificherebbe le enormi potenzialità che la digitalizzazione offre, ma che sono ottenibili solo nel medio periodo (in alcune occasioni, si stima dai tre ai cinque anni di distanza), a fronte di un impegno certo non trascurabile nella fase di implementazione dell’Information Management, così come sta accadendo per il Public e-Procurement.

Tra l’altro, la scarsa preparazione di molte amministrazioni pubbliche fa sì che esse identifichino la Gestione Informativa Digitale con l’acquisizione degli strumenti, da quelli di BIM Authoring e di Code & Model Checking al Common Data Environment o Ambiente di Condivisione dei Dati, credendo ingenuamente di conferire all’obbligo una concretezza immediata in questa maniera.

Preoccuparsi prevalentemente dell’impiego degli strumenti e ricorrere esclusivamente alla certificazione delle risorse umane significa, purtroppo, trascurare la sfida digitale e, nel migliore dei casi, ottimizzare o migliorare i processi analogici tradizionali, rimanendo assai distanti dalla autentica digitalizzazione.

 

Lavoro di ri-progettazione organizzativa e coinvolgimento attivo del capitale umano delle stazioni appaltanti e degli enti concedenti

Le esperienze consulenziali maturate sinora dal Gruppo di Ricerca sulla Digitalizzazione dell’Ambiente Costruito del DICATAM-Università degli Studi di Brescia, a vantaggio delle stazioni appaltanti e degli enti concedenti in relazione alla tematica, qui discussa già, in parte, peraltro, già parzialmente documentate anche nella letteratura scientifica internazionale, dimostrano come sia necessario procedere su due percorsi paralleli, seppure intersecantesi.

Da un lato, infatti, le attività proposte per la redazione dell’Atto dell’Organizzazione hanno reso necessario un lungo lavoro di ri-progettazione organizzativa finalizzato a ri-definire gli organigrammi, i fabbisogni formativi, le politiche di reclutamento, la dotazione strumentale, i processi e i flussi, i requisiti informativi di diverso livello, le specifiche funzionali inerenti all’Ambiente di Condivisione dei Dati, la documentazione necessaria per l’affidamento e per la gestione dei contratti pubblici in materia. Queste azioni hanno, ovviamente, previsto il coinvolgimento attivo e diffuso del capitale umano presente nelle stazioni appaltanti e negli enti concedenti.

Il punto è, in effetti, di porre in essere, da parte dell’amministrazione pubblica, un vero e proprio Sistema di Gestione dei Processi Digitalizzati, in luogo di una casuale sommatoria di strumentazioni e di personale qualificato.

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Tale approccio ha, inoltre, rivelato la pressante esigenza di connettere, tramite la Piattaforma di Approvvigionamento Digitale e l’Ambiente di Condivisione dei Dati, le fasi temporali e procedimentali attinenti, appunto, all’affidamento e all’esecuzione dei contratti pubblici.

In realtà, tale esigenza si estenderebbe, per le amministrazioni pubbliche, alla integrazione e all’interoperabilità tra tutti i sistemi informativi, in vista di instaurare una dialettica produttiva tra i saperi disciplinari (economico-finanziari, giuridico-amministrativi, tecnico-gestionali), tra le unità organizzative e i loro dirigenti apicali e, infine, tra le fasi temporali della gestione dei contratti pubblici (dalla programmazione pluriennale degli investimenti pubblici alla ottimizzazione della gestione patrimoniale del parco immobiliare e/o infrastrutturale).

In altri termini, ciò che le amministrazioni pubbliche iniziano a comprendere è che la digitalizzazione impone alcuni fondamentali cambiamenti di paradigma, che oltrepassano di gran lunga la modellazione informativa e il famigerato BIM.

Per fare ciò, tuttavia, occorre innescare un processo delicato e sensibile di gestione del cambiamento che richiede un atteggiamento incrementale e una ottica di medio periodo, oltreché ingenti risorse di diversa natura.

Del resto, limitarsi a reclutare, con innegabili difficoltà, personale specializzato nella modellazione informativa, non sarebbe sufficiente sia perché tale dotazione organica dovrebbe essere adusa alle logiche delle amministrazioni pubbliche sia in quanto i profili professionali relativi alla modellazione informativi si rivelano essere produttivi specialmente allorché siano affiancati da specialisti del dato sotto le differenti specializzazioni.

Il che si spiega col fatto che la digitalizzazione si incentra sempre più sul dato, potenzialmente strutturato, e, di conseguenza, sull’affrancamento progressivo dei contenuti informativi dai documenti, nella prospettiva di condurre la centralità dell’operatività dell’amministrazione pubblica verso la gestione del ciclo di vita utile di servizio dei cespiti fisici o, meglio, sempre più cyber-fisici, come dimostra la fortuna del cosiddetto Gemello Digitale.

Parimenti, gli ambienti digitali entro cui agisce la Gestione Informativa Digitale sono destinati a breve a essere integrati nell’Ecosistema Digitale Nazionale relativo ai Contratti Pubblici, colle conseguenti implicazioni regolamentari proposte, ad esempio, da ANAC, da AGID, da ACN.

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Al contempo, però, l’urgenza di conformarsi, almeno in prima istanza, alle richieste puntuali espresse dal Codice dei Contratti Pubblici, comporta esigenze e rischi, poiché, per un canto, l’orizzonte di medio termine dell’innovazione e della trasformazione digitale (e sostenibile) nella amministrazione dei contratti pubblici non è compatibile con urgenze pressanti, ma, per un altro verso, una modalità riduzionista, attuata da soggetti non dotati di sufficiente maturità o razionalità digitale, potrebbe indurre a una eccessiva banalizzazione dell’argomento, riportando la transizione ai parametri noti delle azioni analogiche.

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