Direttiva Case Green | Certificazione Energetica | Efficienza Energetica | Normativa Tecnica | Riqualificazione Energetica | Ristrutturazione | Case Green
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Nuova Direttiva Case Green (EPBD IV): guida completa ai cambiamenti normativi per il settore edilizio

La Direttiva EPBD IV, nota come "Case Green", è l'aggiornamento delle normative europee per la riduzione delle emissioni degli edifici, puntando a un parco immobiliare a emissioni zero entro il 2050. Introduce obiettivi ambiziosi come edifici nuovi a emissioni zero dal 2028 per il pubblico e dal 2030 per i privati, e prevede un Passaporto di Ristrutturazione per pianificare interventi e migliorare l'efficienza energetica.

Come la Nuova Direttiva EPBD IV riformerà il settore immobiliare europeo

Quella comunemente chiamata e conosciuta come Direttiva “Case Green” è innanzitutto l’evoluzione delle direttive “Energy Performance of Buildings Directive”, per l’esattezza la IV, in linea con le precedenti direttive EPBD che hanno visto in Italia la pubblicazione del D.Lgs.192/05 e tutti i suoi successivi decreti di recepimento perseguendo l’obiettivo della riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra degli edifici, all'interno dell'Unione, per conseguire un parco immobiliare a emissioni zero, entro il 2050.

La direttiva EPBD IV, si pone dunque in continuità con le precedenti direttive, e ha il compito di sostenere gli sforzi dell’UE per decarbonizzare gli edifici in tutta l’Unione Europea. Sicuramente si pone obbiettivi sempre più ambiziosi e stringenti, ma l’obiettivo principale resta quello di migliorare la qualità della vita delle persone - nelle loro case e nei luoghi di lavoro - e ridurre le bollette energetiche con particolare attenzione ai ceti bassi che non possono permettersi un aumento importante del costo dell’energia.

Eppure, questa direttiva, ha creato non poche preoccupazioni e paure fondate sull’idea dei potenziali importanti costi da affrontare per la riqualificazione di qualche milione di edifici.

Certo, se guardiamo i risultati del Superbonus, che con oltre 100 miliardi di euro ha portato circa il 4% degli edifici da classe F-G a classi energeticamente molto alte A4-B, viene spontaneo chiedersi come faremo a rendere tutto il patrimonio edilizio, esistente e non, a emissioni zero entro il 2050. Abbiamo però il vantaggio di una sperimentazione già fatta, ritarata, rivista e corretta, che una certezza nell’applicazione può dare ottimi risultati. Inoltre, va detto che, nel caso italiano, gli edifici storici e/o nei centri storici costituiscono un’eccezione all’applicazione.

Di certo il tempo prefissato dalla Direttiva è breve e rischierebbe di accentuare i difetti da noi già vissuti e subiti, con il Superbonus:

  • inflazione dei costi,
  • scarsa qualità del prodotto,
  • aumento del contenzioso e delle truffe,
  • emarginazione di ampie fasce della popolazione.

Ecco perché serve quanto prima un piano, una programmazione dettagliata e seria capace di traghettarci al 2030 prima e al 2050 poi.

  

Come cambia l’APE (attestato di prestazione energetica) secondo la Direttiva Case Green (EPBD IV)

La Direttiva Case Green (EPBD IV) approvata a maggio 2024 prevede una serie di misure volte a incrementare l'efficienza energetica degli immobili, in accordo con le strategie climatiche del Green Deal europeo. Tra le varie novità, viene anche presentato il nuovo APE (attestato di prestazione energetica).
LEGGI QUI

  

Direttiva EPBD IV: cosa cambia per la sostenibilità degli edifici e le imprese edili

È possibile sintetizzare la Direttiva in punti, e quindi obiettivi prefissati che gli stati membri devono raggiungere con scadenze temporali definite:

  • strategia di decarbonizzazione al 2050, inclusiva di traiettoria con obiettivi intermedi al 2030 e 2035 per il consumo medio di energia primaria;
  • nuovi requisiti minimi da rispettare in caso di nuove costruzioni e ristrutturazioni;
  • edifici nuovi a emissioni zero, in grado di non produrre emissioni a livello locale e caratterizzati da una domanda di energia massima, dal 2028 per il settore pubblico e dal 2030 per i privati;
  • incentivare ulteriormente il solare e/o altre fonti rinnovabili, i sistemi di monitoraggio e automazione, mirando alla riduzione progressiva degli impianti basati su fonti fossili e al collegamento con la mobilità elettrica;
  • istituzione di sportelli unici secondo criteri di popolazione, geografici o amministrativi;
  • introduzione di un passaporto per la ristrutturazione degli edifici, il cui utilizzo potrà essere volontario o cogente a scelta del singolo Stato membro;
  • promozione di mutui ipotecari e strumenti finanziari adeguati;
  • nuovi criteri per le classi energetiche e per la redazione degli attestati di prestazione energetica;
  • nuovi obiettivi per edifici del terziario e del residenziale.

Sicuramente, la decarbonizzazione del patrimonio edilizio è la sfida più grande che il settore delle costruzioni deve affrontare nei prossimi anni. Un percorso complesso che richiederà soluzioni e strumenti innovativi, concretezza e fattibilità, conoscenza e competenza, soprattutto per intervenire su un patrimonio edilizio storico come quello italiano.

Un percorso però, già sperimentato in Italia con il Superbonus, che con tutti i suoi difetti ha comunque costituito una scuola importante per tutti gli operatori del settore e che può costituire la base su cui ragionare per costruire una strategia sistematica di riqualificazione del nostro patrimonio edilizio esistente.

Dai dati CRESME, il patrimonio edilizio nazionale, stimato al 2022, è di 12.539.173 edifici residenziali per un totale di 32.302.242 abitazioni di cui il 78,4% circa (25.324.854 abitazioni) è occupato da famiglie residenti. L’ Italia è il primo paese in Europa per numero di case per 1000 abitanti: dai dati sulle abitazioni dell’ISTAT, in Italia risultano 599 abitazioni ogni mille abitanti contro una media europea di 506.

Gran parte del patrimonio edilizio esistente italiano è stato costruito in epoche precedenti all’applicazione di qualsiasi legge in materia di contenimento dei consumi energetici con oltre un quinto degli immobili con più di cento anni (2.150.000, pari al 21%) e con immobili costruiti negli ultimi 50 anni.

Per l’esattezza, il 72% degli edifici che ha più di 43 anni ed è stato costruito prima della legge sull’efficienza energetica (L. n.373/76) e il 68,5% delle abitazioni con una classe energetica compresa tra la E e la G.

 

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La nuova direttiva EPBD IV impone obblighi precisi per la riqualificazione energetica degli edifici. Esempi concreti dimostrano come l'isolamento possa ridurre i consumi fino al 63%, mentre l'introduzione del "passaporto della ristrutturazione" guida interventi mirati per ottimizzare le performance energetiche.

Di questi temi ne ha trattato l'Ing. Valeria Erba, presidente ANIT.

  

Come la Direttiva influenzerà il mercato immobiliare e le politiche energetiche

Dall’analisi dei dati sull’efficienza energetica degli immobili compravenduti nel 2021, raccolti da FIAIP ed elaborati da ENEA e I-Com, ci si rende conto che il tema dell’efficienza energetica è un problema che riguarda in particolare le periferie. L’analisi rileva infatti che gli immobili compravenduti nelle zone di estrema periferia sono per quasi l’80% nelle classi energetiche meno performanti (E, F e G) mentre gli immobili compravenduti nelle zone di pregio sono per il 36% nelle prime classi energetiche (A e B). Alcune motivazioni sono rintracciabili in:

  • maggiore qualità edilizia degli immobili costruiti nelle zone di pregio che determina consumi minori;
  • notevoli dispersioni termiche presenti negli edifici degli anni ‘70 che caratterizzano le estreme periferie
  • famiglie con poca disponibilità economica per ristrutturare o riqualificare energeticamente la loro abitazione vivono nelle periferie.

Per la prima volta la Direttiva EPBD affronta il tema della povertà energetica collegato alla efficienza energetica, case più efficienti riducono i costi in bolletta con la possibilità di offrire anche alle famiglie in difficoltà economica l'accesso ai servizi energetici. Solo mettendo al centro della politica energetica le necessità dei gruppi sociali più fragili è possibile intraprendere la strada a beneficio della crescita economica e della sicurezza energetica del nostro continente.

Ecco perché, sempre nel testo della Direttiva, si legge l’importanza di adottare un sistema di sussidi per la riqualificazione energetica soprattutto mirati a chi quella riqualificazione non può permettersela. Tutto questo mentre l’Italia non fa altro che affossare il Superbonus anziché pensare a un piano strutturato di incentivi fondato su una differenziazione degli strumenti finanziari a disposizione.

 

Il passaporto di ristrutturazione

Una ulteriore novità interessante è il passaporto di ristrutturazione degli edifici definito dalla Direttiva come “una tabella di marcia su misura per la ristrutturazione profonda di un determinato edificio, in un numero massimo di fasi che ne miglioreranno sensibilmente la prestazione energetica”.

Il Passaporto di Ristrutturazione si pone l’obiettivo di fornire una tabella di marcia fino al 2050 per portare il proprio edificio a emissioni zero, indicando una sequenza ottimale di interventi suggeriti da realizzare, nonché dettagli specifici circa costi, risparmi stimati, classe raggiungibile post intervento, tempi di ritorno ed entità di riduzione dei gas serra.

 


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Nel pdf si continua parlando di: "Il passaporto di ristrutturazione"

 


Per l'articolo si ringrazia la gentile collaborazione di ANIT

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