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Nuova costruzione con aumento di volume e distanze tra edifici: conta il momento di realizzazione dell'opera

Una costruzione che integra un nuovo volume realizzato in violazione della prescritta distanza tra costruzioni, avendo dato luogo a un aumento di volumetria, superficie, ingombro, va demolita con arretramento dal confine.

Un'opera edilizia, diversa per volume, superficie e ingombro, deve ritenersi una nuova costruzione, come tale sottoposta alla disciplina in tema di distanze vigente al momento della sua realizzazione.

Lo ricorda il Consiglio di Stato nella sentenza 2218/2023 dello scorso 2 marzo, relativa al ricorso contro un provvedimento comunale di diniego di sanatoria edilizia per violazione delle distanze minime dalla parete finestrata dell’edificio frontistante di proprietà aliena e successiva ordinanza di demolizione delle opere medesime.

La controversia, quindi, è riferita alla natura dell’intervento realizzato dalla società appellante e alla conformità del medesimo alla disciplina applicabile sulla distanza tra fabbricati.

Gli interventi edilizi e il non rispetto dei 10 metri

Le opere in questione riguardavano la rimozione di preesistenti serbatoi del gasolio interrati, con connesso modesto sbancamento di terra.

L'intervento avrebbe consentito di ricavare un locale di sgombro in luogo del terrapieno oltre un ulteriore piccolo volume tecnico realizzato in ampliamento di quello preesistente e volto a colmare il distacco a cielo libero indicato nelle tavole di progetto, coperto da una soletta in cemento armato in prosecuzione del preesistente terrazzo sovrastante.

Ciò che il Comune ha contestato alla società istante, determinandosi al rigetto della domanda, è che, attraverso una serie di opere finalizzate all’eliminazione delle cisterne interrate, sarebbe stato di fatto realizzato un nuovo corpo di fabbrica posto a distanza inferiore di 10 metri dalla parete finestrata frontistante (poiché, si legge nel provvedimento, «il tutto è stato trasformato in un corpo edilizio che ha consentito anche l’avanzamento del terrazzo sulla parte di terreno precedentemente occupato dalla scarpata di terra del terrapieno»).

Il TAR competente ha quindi respinto il ricorso avverso il diniego di sanatoria perché la realizzazione del nuovo muro in cemento armato non reinterrato, bensì utilizzato per il prolungamento dell’originario terrazzo praticabile a una quota più elevata di quella dell’originaria scarpata al di sotto della quale erano poste le cisterne, con la realizzazione di un locale di sgombero oltre al locale caldaia emergenti dal profilo del terreno, rendeva evidente la natura di nuova costruzione (un nuovo volume) e la violazione della norma sulle distanze.

Le distanze vanno valutate nel momento della realizzazione dell'opera

L'appellante aveva criticato la decisione di primo grado tornando a sostenere che il terrapieno preesistente sarebbe stato svuotato e sostituito da un manufatto che, contenuto nell’originario profilo del terrapieno, non ne avrebbe modificato le dimensioni e che l’ulteriore piccolo volume tecnico, realizzato in ampliamento del preesistente, non rileverebbe ai fini del rispetto delle distanze dalla frontistante parete finestrata perché mantenuto al di sotto della quota del giardino e del muro di confine che lo contiene.

Ma parallelo processo civile per l’accertamento della violazione delle distanze il Tribunale e la Corte d’appello di Genova hanno concluso che la costruzione realizzata dall’odierna appellante integra un nuovo volume realizzato in violazione della prescritta distanza tra costruzioni, avendo dato luogo a un aumento di volumetria, superficie, ingombro, e perciò se ne è ordinata la riduzione in pristino con arretramento dal confine.

Questa sentenza passò poi in giudicato, in quanto la Cassazione rigettò il ricorso della società confermando che l'opera, diversa per volume, superficie e ingombro, deve ritenersi come nuova costruzione, come tale sottoposta alla disciplina in tema di distanze vigente al momento della sua realizzazione.

Tra l'altro, la soluzione della questione pregiudiziale del rispetto delle distanze in senso sfavorevole all'appellante, con sentenza passata in giudicato che fa stato nei rapporti tra le due parti private, conduce al rigetto del primo motivo di appello.


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