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Non basta amare i giovani: occorre che loro si accorgano di essere amati

In un momento di grande crisi e di grande cambiamento tutti gli ingegneri sono coinvolti, ma i giovani non hanno neanche il supporto dell’esperienza per poter orientare le proprie scelte

Abbiamo voluto dedicare il dossier di questo numero ai giovani ingegneri e ai giovani che stanno studiando per diventare ingegneri.
In un momento di grande crisi e di grande cambiamento tutti gli ingegneri sono coinvolti, ma i giovani non hanno neanche il supporto dell’esperienza per poter orientare le proprie scelte.
Chi si affaccia oggi al mondo del lavoro – libero professionista o dipendente che sia – è molto diverso da chi l’ha preceduto: fa parte della cosiddetta net generation, ovvero sono i nativi digitali.
Sono coloro che hanno sempre avuto a disposizione un computer, che hanno visto il mondo attraverso una televisione a colori, che hanno sempre potuto comunicare con un cellulare, che hanno potuto sviluppare i calcoli con un foglio excel e che quando non conoscono il significato di una parola, la trovano su Wikipedia.
La differenza non sta semplicemente nella dimestichezza con le nuove tecnologie ma i sociologi stanno evidenziando un differente approccio al ragionamento. Un ragionamento “tridimensionale”, in cui l’errore è ammissibile, perché cancellabile con un semplice tasto; un ragionamento veloce, perché un secondo dopo ogni informazione rischia di diventare vecchia.
E questi nativi digitale devono operare e confrontarsi in un mondo che è divenuto anch’esso digitale. In cui il concorrente non è più, solo, l’ingegnere della porta accanto, ma anche l’ingegnere che sta lavorando in India, collegato in rete, con software potentissimi che attraverso il cloud possono far collaborare strutture dalle diverse parti del mondo.
Un sistema più complesso, in cui l’inglese spesso non è più la seconda lingua (ma la prima) e in cui l’innovazione tecnologica viaggia a una velocità incredibile, aumentando il divario tra chi può aggiornarsi e chi non lo fa.
Per questo riteniamo che il problema dei giovani ingegneri e del lavoro debba essere affrontato a tutto tondo, dalle Istituzioni, dall’Università, dalle aziende, dai genitori stessi. E ovviamente e soprattutto dal CNI, che ci pare abbia preso a cuore l’argomento e lo voglia affrontare con grande attenzione.
E i giovani, da parte loro, hanno un dovere. Come diceva Ezra Pound “Questo è il mio consiglio ai giovani: avere curiosità”. Devono con la loro curiosità riuscire a farci superare ogni convenzionalismo e trasmetterci la forza di cambiare e crescere realmente.
E il nostro dovere? Mi viene in mente una frase di San Giovanni Bosco, che dice tutto: "Non ho mai conosciuto un giovane che non avesse in sé un punto accessibile al bene, facendo leva sul quale ho ottenuto molto di più di quanto desideravo” perché "Chi sa di essere amato, ama e chi è amato ottiene tutto, specialmente dai giovani. Non basta amare i giovani: occorre che loro si accorgano di essere amati".