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Niente demolizione per la palafitta datata e più volte graziata: quando il tempo ferma la ruspa

Tar Lazio: è illegittimo l’ordine di demolizione di un manufatto consistente in una cd. “palafitta”, di pertinenza di un ristorante, perché costruita senza il preventivo rilascio del permesso di costruire, ove nel corso degli anni, il medesimo manufatto sia stato più volte ritenuto dalla PA compatibile con la normativa edilizia e urbanistica e sia verosimile che lo stesso sia stato costruito prima del 1967

La demolizione di una “palafitta” di pertinenza di un ristorante, realizzata senza permesso di costruire ma risalente agli anni 60, è illegittima in quanto si pone in insanabile contrasto con i provvedimenti di autorizzazione per opere di manutenzione straordinaria rilasciati nel corso del tempo dallo stesso comune che, oggi, ne chiede l'abbattimento.

E' questo il caso della sentenza 11626/2020 del 10 novembre scorso, relativa, appunto, a questa "palafitta" costruita “su area demaniale in assenza di titolo edilizio, così come previsto dall’art. 44 del D.P.R. n. 380/2001, in assenza del nulla osta paesaggistico come previsto dall’art. 181 del D.Lgs. 42/2004 e in difformità o in assenza di titolo autorizzativo assentito, come previsto dall’art. 20 del D.P.R. n. 380/2001”.

Il Tar accoglie il ricorso del proprietario soprattutto in virtù del vizio di manifesta contraddittorietà, irragionevolezza, carenza di motivazione, travisamento dei fatti ed eccesso di potere del provvedimento, poiché, tenuto conto delle autorizzazioni rilasciate nel tempo dai competenti organi comunali o regionali per l’edificazione della palafitta, quale pertinenza dell’esercizio dell’attività commerciale sui luoghi, senza soluzione di continuità, dagli anni ‘60, non potrebbe dubitarsi della relativa conformità agli strumenti urbanistici e della legittimità della occupazione della superficie demaniale.

Palafitta pertinenziale del ristorante: cos'è

E' composta da una pedana lignea sorretta da pali infissi sull’arenile, coperta da un tetto a capanna libero ai lati, in uso al ristorante: in particolare, la palificazione sottostante, posta a una quota di circa 1.00 m dal piano dell’arenile, sorregge una pedana di larghezza 8.50 m. e di lunghezza 15.60 (che sviluppa quindi una superficie di 132,60 metri quadrati), sormontata da un tetto a falde inclinate con altezza di colmo 3.26m e minima di 2.50m., allo stato privo di tegole, ma coperto con pannelli.

Questa palafitta (le cui parti strutturali si presentano, attualmente, in stato di avanzato degrado) risulta funzionalmente “legata” al ristorante, quale “pertinenza” che garantisce all’attività una sala con veduta panoramica del lago, e non sviluppa cubatura (trattandosi di struttura aperta sui lati), malgrado si tratti di una struttura “fissa”.

La manutenzione straordinaria

Nel corso degli anni, per questa palafitta, il comune ha rilasciato tre autorizzazioni per opere di manutenzione straordinaria, nelle quali non viene mai richiesta la rimozione dell’immobile, ma si raccomanda di rispettare ciò che è preesistente, senza alterarne le sagome, le superfici e i “volumi”.

Il Tar Lazio evidenzia che, tenuto conto delle caratteristiche dell’attività edilizia in concreto posta in essere, inidonea a sviluppare cubatura e assai risalente nel tempo, e del fatto che la stessa amministrazione ha reiteratamente posto in essere un’attività provvedimentale in cui ha espressamente considerato compatibile l’intervento con la normativa urbanistica ed edilizia ad essa applicabile, non può non considerarsi il legittimo convincimento della correttezza del suo agire, cosicché la P.A. avrebbe dovuto allegare, a sostegno dell’ordine di demolizione, i nuovi presupposti di fatto e/o di diritto idonei a giustificare un siffatto radicale cambio di orientamento (cfr. TAR Campania, Salerno, sez. II, 18.06.2019, n. 1061; TAR Calabria, Catanzaro, sez. II, 21.01.2019, n. 89), spiegandone le ragioni. Tanto più in un caso in cui è assai verosimile che si tratti di manufatto costruito antecedentemente al 1967 e a servizio di un’attività commerciale regolarmente autorizzata.

Invece il comune non ha minimamente assolto a tale onere motivazionale (rafforzato), con conseguente illegittimità dell’ordinanza impugnata per macroscopico difetto di istruttoria e di motivazione.

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