L’approvazione della Legge, 28/12/2015 n° 221, Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali introduce nel panorama legislativo nazionale una importante novità.
Vengono assunte a livello normativo alcune best practices da anni sperimentate dai comuni, si pensi ai contratti di fiume per restare nel campo più prossimo alla pianificazione territoriale e - allo stesso tempo – non si rinuncia ad alcune importanti novità normative, che attengono alla competenza nazionale e che possono a loro volta stimolare nuove buone pratiche.
Lungi dall’auspicare la proliferazioni dei piani con l’introduzione di nuovi atti, l'articolo 59 disciplina i contratti di fiume, inserendo l'articolo 68-
bis al
D.Lgs. 152/2006, quali atti che concorrono alla definizione e all'attuazione degli strumenti di pianificazione di distretto a livello di bacino e sottobacino idrografico.
Si tratta di strumenti volontari, già applicati nel nostro paese, per la programmazione strategica e negoziata verso la tutela, la corretta gestione delle risorse idriche e la valorizzazione dei territori fluviali, unitamente alla salvaguardia dal rischio idraulico, contribuendo allo sviluppo locale di tali aree.
Svolge invece la funzione di incentivo alle best practices, messo in campo dalla norma, il fondo per la demolizione degli immobili abusivi in aree a rischio idrogeologico elevato, i quali - uniti ai fondi per la messa in sicurezza del territorio - sono dei segnali, non rilevanti per le risorse messe in campo, ma significativi dal punto di vista della possibilità di messa in atto di processi virtuosi.
Rientra nel caso delle buone pratiche assunte dalla norma il tema della mobilità sostenibile. Il pedibus, per esempio, è un’azione semplice organizzata a livello locale, non può essere imposto, ma poterlo sostenere finanziariamente consente in molte piccole realtà di attuarlo.
L’assicurazione per chi si reca al lavoro in bicicletta è invece un provvedimento centrale, non può essere affidato al livello comunale, e può suscitare nuove pratiche virtuose, esemplificando così il valore del provvedimento normativo nazionale.
Altri contenuti, così come l’assicurazione obbligatoria contro l’inquinamento del mare, assumono anche valore prototipale, in quanto potrebbero essere lo spunto per un analogo provvedimento cui sottoporre le attività produttive inquinanti, per coprire i costi della successiva necessaria bonifica in caso di dismissione dell’impianto. Tema di grande rilievo nel governo del territorio verso la rigenerazione urbana.
I contributi cui i comuni potranno accedere, previsti dal Collegato ambientale, non sono molto consistenti, ma è tracciata una strada originale.
In sostanza si tratta di trovare un giusto equilibrio tra l’assunzione delle buone pratiche e la loro copertura economica e gli interventi normativi (sintetici e chiari) che solo il livello nazionale può produrre e che servono a smuovere politiche che a livello locale non si potrebbero attuare.
In quest’ultimo caso, non si tratta di invocare un nuovo centralismo, ma si tratta di innescare processi virtuosi, per cui il paese è pronto, ma che sono molto difficili da conseguire a livello locale.
Dove la consapevolezza delle problematiche ambientali è matura, non si può affidare alla battaglia politica per il consenso le tematiche cruciali per la nostra salute e per la salute del pianeta.