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Negoziabilità e conformità di un edificio: tutte le differenze

Un contratto di compravendita che ha per oggetto un immobile con abusi non condonati può essere concluso? La risposta della Cassazione

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L'immobile abusivo si può vendere e/o acquistare? Meglio ancora: un immobile abusivo è commerciabile? Domande che trovano qualche risposta all'interno dell'ordinanza 22168/2019 della Corte di Cassazione, riferita al caso dell'acquirente di un'immobile sul quale erano state realizzate modifiche successive alla data di rilascio della licenza e non legittimate, che lo rendevano difforme dal progetto originario.

L'acquirente, che era ignaro di tutto ciò, aveva comunque chiesto prima al Tribunale e poi in Appello di ottenere comunque l’esecuzione dell’obbligo di concludere il contratto ex art. 2932 c.c pur a fronte delle difformità rilevate, e che il venditore fosse condannato al pagamento delle spese necessarie al conseguimento della sanatoria edilizia, in quanto la perizia tecnica aveva constatato la sanabilità delle difformità, trattandosi di modifiche interne all'immobile.

Per i primi due gradi di giudizio, niente da fare: l'immobile era incommerciabile per via delle difformità. Ma non per la Cassazione: è possibile concludere un contratto avente a oggetto un immobile affetto da difformità - sanabili ma non condonate - rispetto al progetto edilizio.

Compravendita: se c'è apposita dichiarazione, ok anche se manca la conformità edilizia

L'art. 46, comma 1, del Dpr n. 380/2001, infatti, dispone che "Gli atti tra vivi, sia in forma pubblica, sia in forma privata, aventi per oggetto trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali, relativi ad edifici, o loro parti, la cui costruzione e' iniziata dopo il 17 marzo 1985, sono nulli e non possono essere stipulati ove da essi non risultino, per dichiarazione dell'alienante, gli estremi del permesso di costruire o del permesso in sanatoria. Tali disposizioni non si applicano agli atti costitutivi, modificativi o estintivi di diritti reali di garanzia o di servitu'."

Ergo, perché una compravendita immobiliare possa andare a buon fine, serve la "dichiarazione" della parte alienante indicativa degli "estremi" del permesso di costruire, o del permesso in sanatoria (per l'art. 40, comma 2, legge 47/1985 è sufficiente anche la indicazione degli estremi della presentazione della domanda di concessione in sanatoria, e dei versamenti delle rate relative alla oblazione), o della segnalazione certificata di inizio di attività, o ancora -ma solo per le opere iniziate anteriormente al 1.9.1967: art. 40, comma 2, legge n. 47/1985- la "dichiarazione sostitutiva di atto notorio" attestante che l'opera è iniziata anteriormente alla data predetta (nel particolare caso di abusività dell'immobile sopravvenuta all'annullamento del titolo edilizio, operato in sede di autotutela o in sede giurisdizionale amministrativa, cui è conseguita soltanto una sanzione pecuniaria, è richiesto ai fini della validità dell'atto di vendita la prova documentale della integrale corresponsione della sanzione amministrativa pecuniaria che "produce i medesimi effetti del permesso di costruire in sanatoria": art. 38co2 Dpr n. 380/2001).

E' quindi la mancanza dei “requisiti dichiarativi” che comporta la nullità del contratto e non la "mancata conformità dell'immobile allo strumento urbanistico". Questo - aggiungono i giudici - è avvalorato dal fatto che il legislatore non ha inserito tale prescrizione tra gli elementi essenziali e perfezionativi del contratto di trasferimento della proprietà.

Letteralmente, "ciò che dunque viene richiesto dalla norma non è la corrispondenza tra la situazione dell'immobile e la conformità urbanistica che risulta dal titolo, quanto piuttosto la corrispondenza della "dichiarazione" della parte alienante - resa contestualmente alla stipula dell'atto o "recuperata" successivamente mediante il procedimento di conferma -, rispettivamente, ad un titolo edilizio realmente rilasciato dalla autorità competente e recante gli "estremi" indicati, o all'elemento cronologico della data di inizio delle opere, in tal senso assolvendo detta dichiarazione alla funzione di assicurare la possibilità per l'acquirente di esperire le opportune indagini per verificare la regolarità urbanistica - anche sul piano sostanziale - del bene compravenduto, così da determinarsi consapevolmente, nel caso di accertata difformità edilizia, in ordine alla scelta di stipulare egualmente o meno e di apprezzare l'effettivo valore commerciale da attribuire al bene in relazione alla sua diversa qualità giuridica".

Ergo: il contratto sarà valido, e tanto a prescindere dal profilo della conformità o difformità della costruzione realizzata al titolo in esso menzionato, e ciò per la decisiva ragione che tale profilo esula dal perimetro della nullità, rilevando che la soluzione adottata "ha il pregio di rendere chiaro il confine normativo dell'area della non negoziabilità degli immobili, a tutela dell'interesse alla certezza ed alla sicurezza della loro circolazione", realizzando "la sintesi tra le esigenze di tutela dell'acquirente e quelle di contrasto all'abusivismo; in ipotesi di difformità sostanziale tra titolo abilitativo enunciato nell'atto e costruzione, l'acquirente non sarà esposto all'azione di nullità, con conseguente perdita di proprietà dell'immobile ed onere di provvedere al recupero di quanto pagato, ma, ricorrendone i presupposti, potrà soggiacere alle sanzioni previste a tutela dell'interesse generale connesso alle prescrizioni della disciplina urbanistica".

Ma gli abusi edilizi restano...

Chi compra una casa abusiva, compra anche gli abusi edilizi! Quindi l'acquirente sarà il nuovo responsabile degli stessi e, di conseguenza, dovrà sanarli. Le spese spese per la sanatoria edilizia, insomma, saranno interamente a suo carico.

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