Mucillagine vegetale negli interventi di restauro: evidenze scientifiche e vantaggi del Gel del Fico d'India
Il gel del Fico d’India, ricavato dagli scarti di potatura, rappresenta un’alternativa sostenibile nel campo del restauro. Test e indagini chimico-fisiche ne confermano la promettente applicazione nel consolidamento di dipinti murali a secco. Una soluzione alternativa per la conservazione dei beni culturali che valorizza pratiche sostenibili e della tradizione.
Articolo a cura di Stefania D'Ottavio, Chiara Alisi e Elena Manzo
Il Gel del Fico d’India: dalla tradizione messicana a nuove prospettive per la conservazione dei Beni Culturali
L’esigenza di dare nuova luce all’impiego di sostanze naturali nel settore del restauro scaturisce dalla necessità e il dovere di studiare alternative sostenibili a livello ambientale, economico e culturale.
Il gel del Fico d’India è una mucillagine vegetale, estratta dalle pale della pianta. In Italia il Fico d’India è coltivato esclusivamente per la vendita dei suoi frutti, mentre le pale rappresentano lo scarto della potatura annuale, per un ammontare di quasi 10 t/h. In Messico, il gel del Fico d’India (Nopal) oltre a rappresentare un’immensa risorsa in diversi settori industriali, è stato da sempre utilizzato nell’ambito edilizio, fin dall’epoca preispanica.
Gli studi degli ultimi 30 anni testimoniano i risultati promettenti nell’ambito conservativo per una moltitudine di applicazioni.
In questo studio, si riporta l’utilizzo del gel per la conservazione dei dipinti murali “a secco”. Il recupero di antiche pratiche, il riutilizzo degli scarti, la collaborazione scientifica tra paesi diversi e la salute dell’operatore e dell’ambiente rendono il gel del Fico d’India una scelta etica e sostenibile.
Recupero di antiche tradizioni: i dipinti murali Maya
In Mesoamerica, in epoca Maya, era molto diffuso l’utilizzo di malte, costituite da calce e aggregati, per ricoprire le strutture architettoniche, proteggere murature e decorazioni a rilievo.
La calce era ottenuta per macinazione di calcari o di conchiglie marine, da cui si otteneva un impasto, la calce viva che veniva successivamente spenta in acqua. Gli aggregati erano prelevati in genere dall’ambiente circostante: polveri di pietre laviche, sabbia di quarzo vulcanica o argilla.
Gli intonaci potevano essere dipinti ad affresco o “a secco”, aggiungendo ai pigmenti un legante. Il clima caldo e arido della regione rappresentava però un problema: gli intonaci non potevano essere adeguatamente impiegati a causa delle condizioni termo-igrometriche che rendevano l’essiccazione delle malte troppo veloce. Fu probabilmente per questo motivo che i popoli mesoamericani scoprirono che aggiungendo cortecce ricche di linfa all’acqua con cui spegnevano la calce, il processo d’essiccazione diveniva più lento. L’impasto così ottenuto si asciugava più lentamente e acquisiva plasticità, ovviando a fessurazioni e crettature.
In occasione dell’intervento sul Templo Rojo in Cacaxtla (Fig.1) nel 1989, un gruppo di restauratori della Scuola Nazionale di Restauro del INAH realizzò un’esaustiva documentazione della pittura murale e dei suoi fenomeni di degrado interrogandosi su quale fosse la sostanza utilizzata per legare e fissare i pigmenti [1]. Mediante indagini gas-cromatografiche fu chiaro che il materiale utilizzato fosse un polisaccaride estratto dalla pianta di Nopal (il nome messicano dell’Opuntia ficus-indica).
Dalla pianta al gel: il metodo d'estrazione tradizionale
In Messico, per estrarre la mucillagine, le pale vengono raccolte nelle ore antecedenti l’alba, lavate, liberate dalle spine e tagliate in cubetti poi immersi in acqua distillata a macerare per 24 ore, al buio e a temperatura ambiente. Trascorso l’intervallo di tempo prestabilito si filtra mediante un colino, raccogliendo la mucillagine che cade spontaneamente (Fig.2).
Il gel del Fico d’India piace ai microrganismi?
Il gel estratto dalla pianta è composto principalmente da polisaccaridi, cioè zuccheri che possono costituire “cibo” per i microrganismi. Utilizzare questo prodotto nel restauro di Beni Culturali potrebbe quindi favorirne una contaminazione.
Per questo motivo, è stato effettuato fin da subito lo studio della biorecettività - “la suscettibilità di un materiale a essere colonizzato da uno o più organismi, senza subire necessariamente biodeterioramento” [2] - su provini di malta (su supporto 20x20), per la comparazione della mucillagine alla gomma arabica (prodotto naturale polisaccaridico largamente utilizzato nel settore).
I primi risultati, visibili dopo 4 mesi, hanno mostrato un inizio di proliferazione del Fusarium solani nel provino trattato con Gomma arabica, mentre il provino trattato con il gel di Fico d’India risulta inalterato. I risultati confermano quanto già valutato in sperimentazioni precedenti con il gel di Fico d’India a confronto con altri tipi di mucillagini [3,4].
Fico d’India come consolidante per i dipinti murali “a secco”
Si raggruppano sotto il nome di tecniche “a secco” tutte le forme di pittura eseguite sull’intonaco o su mano di calce secca che quindi necessitano di un legante per poter essere applicati. La scelta di intervenire su questo tipo di manufatti è scaturita da un lato, dalla scarsa ricerca in merito che piuttosto favorisce le pitture a fresco (più famose e studiate) e dall’altro, dagli ottimi risultati ottenuti dalla mucillagine in altre applicazioni sperimentali [5,6,7]. Inoltre, la ricerca è finalizzata ad un case-study nelle sale dipinte della Real Villa Favorita ad Ercolano (NA) dove lo studio bibliografico e la diagnostica non invasiva hanno appurato la presenza di pitture a secco.
Lo studio della mucillagine di Fico d’India come consolidante per questo tipo di dipinti murali ha previsto una lunga fase di ricerca in laboratorio. Prima di poter utilizzare un nuovo prodotto sui Beni Culturali è necessario, infatti, studiarne le proprietà, effettuando test ed indagini chimico-fisiche con lo scopo di valutarne l’efficacia e la non compromissione delle opere d’arte. Per poter testare il gel, sono stati messi a punto dei provini che racchiudessero il più possibile la casistica di tecniche pittoriche presenti negli edifici storici del nostro territorio. Successivamente alla preparazione dei supporti e degli impasti colorati, i provini sono stati lasciati in camere ad umidità e temperatura costanti per permettere la totale carbonatazione dei supporti in malta e la polimerizzazione di tutti i leganti (Fig.3,4).
Successivamente le superfici dei provini sono state consolidate con il gel di Fico d’India comparandolo ad altri consolidanti naturali noti, utilizzati frequentemente nelle pratiche di restauro. Il criterio portante di questa ricerca consta quindi nella riproducibilità: le metodologie sviluppate devono poter essere integrate alle tecniche consuete, senza recare difficoltà nell’approvvigionamento di materiali, strumentazione e nei costi. Considerando la presenza in commercio di una vasta scelta di prodotti, sono stati presi in considerazione quelli di facile reperimento presso ditte fornitrici di materiali per il restauro sul territorio italiano. Inoltre, la scelta è stata effettuata con l’obiettivo della comparazione dei consolidanti al gel di Fico d’India, naturale, idrosolubile e ottenibile mediante un procedimento di preparazione che parte dalla materia prima. Sono stati quindi scelti due consolidanti naturali di origine vegetale: Gomma arabica e Funori. Ogni materiale è stato preparato a seconda della propria metodologia ed estratto in acqua demineralizzata.
Le sostanze sono state distribuite sulla superficie con un aerografo collegato a compressore, molto utile per poter calibrare il getto di aria compressa a seconda dell’utilità.
Successivamente all’asciugatura, tutte le superfici dei provini si mostrano consolidate al tatto. I provini trattati con il gel di Fico d’India non hanno evidenziato cambiamenti visibili ad occhio nudo: la rifrazione e saturazione dei colori è invariata anche confrontando i provini con lo standard di riferimento non consolidato. Inoltre, in fase di applicazione, lo strato superficiale di mucillagine tendeva a scomparire molto in fretta, testimoniando il totale assorbimento della miscela. I provini trattati con Gomma arabica hanno mostrato tracce lucide dopo l’asciugatura testimoniando il parziale assorbimento della miscela e il conseguente accumulo superficiale (Fig.5). I provini trattati con il Funori hanno manifestato imbianchimento superficiale (Fig.6). Questo fenomeno è solitamente attribuibile ad una parziale rimozione dello strato superficiale con conseguenti fenomeni di scattering della luce.
Materiali naturali per il restauro: cosa c'è da sapere su gomma arabica e funori?
Nel restauro, la gomma arabica è usata come legante per colori, adesivo delicato e consolidante. È ideale per ritocchi, fissaggi temporanei di materiali fragili e pulizia di superfici delicate. Apprezzata per la sua compatibilità con materiali antichi e la reversibilità, è spesso utilizzata per interventi conservativi.
Il funori, estratto da diversi tipi di alga rossa giapponese, è usato nel restauro come adesivo e consolidante delicato per carta, tessuti e pitture fragili. Ideale per rinforzare superfici antiche, è apprezzato per la sua reversibilità e stabilità nel tempo, risultando un materiale sicuro e rispettoso dei materiali storici
Testo a cura della Redazione Ingenio
Verso un nuovo prodotto green per il settore
Per valutare l’attendibilità dei trattamenti e la loro durata nel tempo, sono stati effettuati alcuni test prima e dopo il consolidamento: misure colorimetriche per valutare eventuali variazioni cromatiche indotte dai consolidanti sugli strati superficiali; peeling test per misurare il grado di coesione e adesione di un materiale ad un substrato, mediante l’impiego di un nastro adesivo posizionato sulla superficie da testare che viene gradualmente “strappato”; misura dell’angolo di contatto per lo studio delle caratteristiche di bagnabilità delle superfici.
Il gel di Fico d’India ha mostrato buone prestazioni nel consolidamento di pitture murali “a secco” in tutte le tecniche indagate, mostrandosi un prodotto promettente per l’utilizzo nei Beni Culturali. Dal punto di vista colorimetrico, il consolidante ha prodotto risultati soddisfacenti nel post consolidamento. La variazione cromatica, nella media dei punti e dei provini, è risultata accettabile e non percepibile ad occhio nudo. I risultati del peeling-test (Fig. 7) indicano inoltre un buon livello di coesione interna nelle superfici trattate. Il materiale prelevato dai nastri adesivi risulta diminuito nel post-consolidamento per tutte le tecniche esecutive.
Le superfici dei provini si mostrano perfettamente consolidate al tatto senza spolverare e i risultati del test sull’angolo di contatto, non testimoniano modificazioni importanti in termini di bagnabilità della superficie.
Va considerato inoltre che tale consolidante è risultato performante già in fase di applicazione spray, non recando danni allo strato pittorico.
Ndr. Per approfondire, ti consigliamo di scaricare l'articolo in formato PDF (in allegato) al cui interno è presente una bibliografia dettagliata sul tema.
Malte da Restauro
Con il topic "Malte da Restauro" vengono raccolti tutti gli articoli pubblicati sul Ingenio sulle malte da restauro e riguardanti la progettazione, l'applicazione, l'innovazione tecnica, i casi studio, i controlli e i pareri degli esperti.
Restauro e Conservazione
Con il topic "Restauro e Conservazione" vengono raccolti tutti gli articoli pubblicati che esemplificano il corretto approccio a quel sistema di attività coerenti, coordinate e programmate, dal cui concorso si ottiene la conservazione del patrimonio culturale.
Condividi su: Facebook LinkedIn Twitter WhatsApp