Tunnel e Gallerie
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Monviso, riapre "Buco di Viso" il tunnel più antico delle Alpi

Dal 1480 mette in comunicazione Italia e Francia

Il Buco di Viso, o Buco delle Traversette (Pertuis du Viso in lingua francese, Përtus dël Viso in lingua piemontese, Pertús dóu Visol in lingua occitana) è una galleria scavata nella roccia lunga circa 75 metri che collega l'Italia con la Francia mettendo in comunicazione i territori comunali di Crissolo e Ristolas e fu realizzato nel 1480, 12 anni prima della scoperta dell’America e quasi 400 anni prima della scoperta della polvere da sparo per volere del marchese Ludovico II marchese di Saluzzo Ludovico II Del Vasto. Di orientamento politico filofrancese e ostile ai Savoia, egli stipulò un accordo con il re di Napoli Renato d'Angiò, che ricopriva anche la carica di conte di Provenza e, pertanto, era vassallo del re di Francia Luigi XI.

Fino a quel momento per il commercio tra Italia e Francia meridionale si utilizzava le Traversette, in particolare per far arrivare sale dalle coste della Camargue. Il valico, però, presentava tratti scoscesi e impervi e spesso la neve si scioglieva in quota solamente a luglio.

Per allungare il periodo in cui era possibile il passaggio di uomini e mezzi il Marchese nel 1472 capì che per incrementare i traffici con il vicino Delfinato, senza passare da territori dei nemici Savoia, era necessario perforare le montagne.
L'accordo per la sua realizzazione venne sancito ad Arles il 22 settembre 1478 e i lavori di scavo della galleria ebbero inizio nell'estate del 1479, allo scioglimento delle nevi. Per questa ragione i lavori furono interrotti nel periodo invernale e vennero completati alla fine dell'estate del 1480 sotto la direzione degli ingegneri Martino di Albano e Baldassarre di Alpeasco, con un costo complessivo di 12.000 fiorini.

Nacque così il Buco di Viso, il primo traforo dell’intero arco alpino, la cui costruzione fu terminata nell’estate del 1480, una delle opere di ingegneria civile in alta montagna più antiche. Si trova a 2880 metri di quota nel gruppo del Monviso, 20 minuti di cammino sotto il colle delle Traversette, oggi confine a 2950 metri tra Italia e Francia. Allora frontiera tra lo Stato saluzzese e i possedimenti del Delfinato. 
 
Gli ingegneri e i tecnici dell’epoca scelsero di scavare nella parete tra il monte Granero, la vetta più a Nord del gruppo del Monviso e Rocce Fourioun. Gli operai si misero al lavoro utilizzando «ferro, fuoco, acqua bollente e aceto» e l’opera costò 12 mila fiorini, pagati per metà da Ludovico II e per il resto dai francesi.

Quando i lavori finirono, la galleria era lunga 100 metri, alta in media tra i 2 e i 2,5 metri per permettere il passaggio dei muli. Con il passare dei secoli, i fianchi della montagna sono stati erosi e la lunghezza del traforo era di 75 metri. 

Le cronache del tempo riportano che la galleria fu scavata con «ferro, fuoco, acqua bollente ed aceto»: il procedimento costruttivo utilizzato fu quello antico descritto da Diodoro Siculo. Esso consisteva nell'accatastare contro la parete rocciosa una pila di legname a cui si dava fuoco; la roccia, intaccata dalle fiamme, subiva un primo processo di calcinazione, a seguito del quale si screpolava e si fendeva frammentandosi gradualmente. I minatori, quindi, inondavano la roccia con grandi masse di una soluzione di acqua bollente e aceto gettata con forza al fine di disgregarla anche internamente. A quel punto la roccia diveniva sufficientemente friabile per essere attaccata con successo da martelli e picconi che venivano inseriti a forza e fatti agire nelle fessure che si erano venute a formare in precedenza.
Ovviamente l'intero procedimento doveva essere necessariamente ripetuto con una certa frequenza, a mano a mano che il fronte di avanzamento progrediva.

Essendo state altrettanto sconosciute le tecniche che permettessero un accurato rilievo topografico, l'attacco nello scavo del traforo fu portato avanti procedendo verosimilmente da una sola estremità, pertanto il tracciato è leggermente curvo e in pendenza verso la parte italiana, poiché nello scavo si sono seguite le zone di foliazione della roccia formata prevalentemente da scisti cloritici anfibolici.
 
In seguito al Trattato di Lione del 1601 il Marchesato di Saluzzo, che aveva difeso la sua indipendenza per oltre tre secoli, venne annesso al Ducato di Savoia e pertanto il Buco di Viso perse la sua importanza strategica, vedendo alternare sporadiche aperture a lunghi periodi di chiusura. Successivamente il duca Carlo Emanuele I di Savoia, per non compromettere il flusso di traffico commerciale dei valichi del Moncenisio e del Monginevro, sui quali i Savoia esercitavano diritti daziali da lungo tempo,[11] ne ordinò l'ostruzione; malgrado ciò dalla parte francese venne riaperto ma fu nuovamente richiuso su ordine dei Savoia.

Nel corso degli anni successivi il Buco di Viso rimase chiuso; a questo contribuirono anche frane dovute agli eventi stagionali e al disgelo ma anche ragioni politico-militari come la guerra della Grande Alleanza e la Guerra di successione spagnola che contrappose il Ducato di Savoia al Regno di Francia.
 
Il Buco di Viso vide la riapertura definitiva il 25 agosto del 1907 grazie al finanziamento del governo italiano e al contributo della sezione di Torino del CAI presieduta da Ubaldo Valbusa.

Nell’estate di due anni fa la Regione Piemonte, in accordo con le autorità francesi, ha portato avanti un restauro della galleria, riportandola alla sua lunghezza originaria, realizzando un condotto di cemento, ricoperto poi da pietre per nasconderne la modernità.

Durante l’inverno, il lato transalpino viene bloccato con delle assi per fermare la neve. In questi giorni è atteso l’intervento dei funzionari della Riserva naturale del Queyras (Francia) per ripristinare il passaggio, «da non perdere» nel trekking del Giro di Viso, il tour che abbraccia il «Re di Pietra». 

Fonte:
LA STAMPA
WIKIPEDIA

    •    Luigi Vaccarone, Le Pertuis du Viso: Étude historique d'après des documents inédits conservés aux archives nationales de Turin, ed. F. Casanova, 1881
    •    Ernest Chabrand, Le Pertuis du Viso (la plus ancienne trouée souterraine des Alpes): la légende et l'histoire, ed. Xavier Drevet, 1910
    •    Gianni Bagioli, Piemonte (non compresa Torino), Touring Club Editore, Milano, 1976.

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