Modello di capacità a taglio per nodi in cemento armato
Il lavoro mostra un modello di capacità a taglio dei nodi basato su un approccio meccanico tradizionale. Il modello, anche con approssimazioni, è in grado di fornire previsioni della capacità di pannelli nodali soggetti ad azione ciclica. La sua applicazione consente quindi di ridurre sensibilmente il quantitativo di armatura per i nodi in cui convergono travi da tutti i lati rispetto a numerosi modelli di letteratura.
Il lavoro mostra un modello di capacità a taglio dei nodi basato su un approccio meccanico tradizionale (i.e. i cerchi di Mohr), che tiene conto esplicitamente della presenza di singola o doppia trave nel piano del pannello nodale. Usando i valori medi delle resistenze dei materiali, il modello è stato validato con un database relativo a quasi 300 prove su pannelli nodali che hanno manifestato crisi per taglio. Le previsioni hanno una dispersione ragionevole se paragonata alla variabilità tipica della resistenza meccanica del calcestruzzo e alla variabilità dei dettagli costruttivi con cui sono stati realizzati i suddetti pannelli, che riflette la variabilità con cui i nodi sono realizzati nella pratica comune.
In effetti, il modello, anche se affetto da approssimazioni, quando è utilizzato con i valori delle resistenze di progetto dei materiali è in grado di fornire previsioni della capacità di pannelli nodali soggetti ad azione ciclica con un livello di cautela sufficientemente simile per i casi con una trave e due travi. La sua applicazione consente quindi di ridurre sensibilmente il quantitativo di armatura per i nodi in cui convergono travi da tutti i lati rispetto a numerosi modelli di letteratura.
Il nodo risulta deformabile e soprattutto poco resistente a taglio nel caso in cui sia privo di armatura
Nelle strutture intelaiate soggette ad azioni solo gravitazionali raramente i nodi sono molto sollecitati, contrariamente a quanto succede in presenza di azione sismica. In effetti il nodo, anche se comunemente ipotizzato con resistenza infinita, nella realtà risulta deformabile e soprattutto poco resistente a taglio nel caso in cui sia privo di armatura.
L’armatura, se costituita da staffe opportunamente chiuse, aumenta la resistenza del calcestruzzo mediante il confinamento. Inoltre, l’armatura riesce ad aumentare la capacità del nodo quando il calcestruzzo non è più in grado di resistere alle tensioni di trazione. Le carenze dei nodi degli edifici esistenti sono, nei fatti, accentuate da una vecchia prassi comune di non far proseguire la staffatura del pilastro all’interno del nodo che, dunque, è armato solo dalle armature longitudinali di pilastri e travi che in esso si innestano.
Talvolta i professionisti criticano l’eccessiva attenzione della comunità scientifica nei confronti del collegamento trave-pilastro poiché, nei terremoti avvenuti negli anni ’80, sono stati pochi i collassi fragili nei nodi. Tuttavia, analizzando numerosi edifici in c.a. sottoposti a più recenti eventi sismici, si è osservato che una delle regioni principalmente interessate da una modalità di collasso fragile è proprio il nodo trave-pilastro. Il motivo per cui si è manifestata una maggiore vulnerabilità del nodo nei casi più recenti di terremoto è da ricercarsi nell’aumento della capacità sismica delle colonne, che è la soluzione tipicamente utilizzata nelle strutture intelaiate più recenti per ridurne la vulnerabilità sismica.
Infatti, le stesse tipologie strutturali in eventi sismici precedenti avevano spesso mostrato una crisi per formazione di piano soffice che aveva anticipato la crisi per carenza di capacità del pannello nodale: in sostanza si trattava di edifici in cui pilastri non sufficientemente staffati hanno facilitato la formazione di meccanismi di piano debole prima ancora del manifestarsi di un comportamento fragile del nodo.
Quindi, sebbene già durante gli anni ’70 si sia data importanza al comportamento dei nodi trave-pilastro di telai in cemento armato, solamente a fine secolo scorso diversi gruppi di ricerca hanno focalizzato la loro attenzione sullo studio dei dettagli costruttivi dei nodi necessari a progettare le strutture intelaiate in zona sismica in funzione dei principi della gerarchia delle resistenze, comunemente noti con il termine capacity design.
Nei fatti, il corretto dimensionamento del nodo e delle sue armature ha assunto un ruolo chiave in una progettazione strutturale moderna che, essendo più attenta alla capacità dissipativa dei meccanismi di collasso, prevede l’attingimento completo della capacità flessionale delle travi prima della formazione di altri meccanismi strutturali.
In questo contesto, i codici normativi internazionali hanno posto particolare attenzione ai dettagli costruttivi dei nodi (EN1998, 2005, NTC2018), con l’obiettivo principale di assicurare che la resistenza del nodo sia in grado di garantire lo sviluppo delle cerniere plastiche nel telaio, necessarie alla dissipazione di energia, e che tali cerniere si formino al di fuori delle zone nodali più difficilmente accessibili per successivi interventi di consolidamento.
È evidente che, a prescindere da qualsiasi considerazione quantitativa sui meccanismi resistenti, ciascun pannello nodale vada innanzitutto considerato come parte della colonna tra due zone critiche di estremità dei pilastri in esso convergenti e quindi sia opportuno adottare dettagli costruttivi simili a quelli usati nelle zone critiche delle colonne ad esso adiacenti.
Nei nodi esterni, in cui non convergono travi su tutte le facce, il calcestruzzo è confinato prevalentemente dalle staffe.
Nei nodi interni confinati, anche per solo effetto geometrico, il calcestruzzo riceve un effetto benefico di contrazione limitata o addirittura eliminata. Dunque, si ha un aumento della resistenza del calcestruzzo ed anche una maggiore duttilità che consente meccanismi resistenti più estesi, che coinvolgono un maggiore volume di materiale. Invece, in assenza di confinamento geometrico (e.g. nodi in cui convergono in continuità travi a spessori e travi emergenti e nodi di pilastri rettangolari allungati), se necessario, va inserito adeguato confinamento meccanico tramite l’introduzione di staffe di adeguata geometria alla stregua di nodi esterni.
Nei casi in cui (i) la pericolosità sismica è elevata, (ii) c’è la necessità di progettare strutture meno duttili e (iii) non caratterizzate da elevata regolarità, le sollecitazioni nelle travi sono molto elevate e le formulazioni proposte negli stessi codici normativi, uniche per le varie tipologie di nodi “esterni/interni” ovvero “confinati/non confinati”, forniscono quantitativi di armatura particolarmente elevati e complesse da introdurre nel nodo in fase esecutiva, soprattutto nei nodi in cui convergono travi su tutte le facce del nodo e quindi ci sono sollecitazioni di natura sismica maggiori.
In alcuni casi (EN1998) il problema è stato parzialmente risolto imponendo verifiche meno stringenti per i nodi di edifici meno duttili, ma questa scelta induce una certa eterogeneità di valutazione della sicurezza strutturale al variare della classe di duttilità.
Nella ricerca viene proposto un modello per il calcolo della resistenza a taglio dei nodi che sia in grado di fornire valori cautelativi
La maggior parte dei modelli presenti in letteratura sono stati pensati per i nodi esterni perché ritenuti meno resistenti e quindi più critici. Tuttavia, questi nodi sono spesso meno sollecitati rispetto ai nodi interni. Inoltre, gli studi spesso concentrano l’attenzione sui dettagli costruttivi dell'ancoraggio delle barre longitudinali della trave.
Per questo motivo i modelli richiedono talvolta informazioni sui dettagli di rinforzo che raramente sono noti con certezza durante la progettazione.
Gli autori propongono un modello per il calcolo della resistenza a taglio dei nodi, (i) basato su un approccio meccanico tradizionale semplice, (ii) validato su un database di dati sperimentali di benchmark collezionato da lavori di letteratura scientifica di quasi 300 campioni che hanno manifestato rottura per taglio, (iii) in grado di fornire valori di resistenza cautelativi (i.e. superati da gran parte dell'effettiva resistenza sperimentale dei nodi soggetti a test ciclici) se applicato con i valori di progetto delle resistenze dei materiali, (iv) con un livello di cautela simile per la progettazione dei pannelli nodali in cui convergono una o due travi nel piano del pannello, (v) cautelativo per i nodi in cui ci sono travi ortogonali al piano di verifica, il cui effetto benefico è trascurato.
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Database sperimentale e modelli di letteratura
Il database utilizzato per la validazione dei modelli è costituito da 360 prove sperimentali realizzate su nodi in c.a. sia esterni (269) che interni (91), intendendo per esterni i nodi in cui converge una trave ed interni i nodi in cui convergono due travi.
Quindi la distinzione è fatta con riferimento allo schema piano tipico delle prove analizzate (Megget L.M., 1974; Paulay & Scarpas, 1981, Park & Milburn, 1983; Eshani & Wight, 1985; Eshani et al., 1987; Kaku & Asakusa, 1991; Almeddine, 1991; Kurose Y., 1987; Karayannis et al., 1998; Chen & Chen, 1999; Hakuto et al., 2000; Clyde et al., 2000; El-Amoury & Chobarah 2002; Pantelides et al., 2002; Antonopoulos & Triantafilou, 2003; El-Nabawy et al., 2003; Chutarat & Aboutaha, 2003; Hwang et al., 2005; Karayannis et al., 2008); Chalioris et al., 2008; Koutsovou & Mouzakis, 2012; Alva et al., 2007; Bindhu & Jaya, 2008; Chun & Kim, 2004; Chun & Lee, 2007; Ganesan et al., 2007; Hamil, 2000; Hegger et al., 2003; Kuang & Wong, 2006; Kusuhara & Shiohara, 2008; Lee & Ko, 2007; Liu, 2006; Masi et al., 2009; Parker & Bullman, 1997; Scott, 1996; Tsonos, 1999; Tsonos, 2007; Tsonos et al, 1992; Wallace et al., 1998; Wong & Kuang, 2008; Shafaei & Zare, 2016; Mady et al., 2011; A. M. Basha, S. Fayed, 2019; Sasmal S. & K. Ramanjaneyul, 2012; Alaee & Li, 2017a,b; Marthong et al., 2019; Leon, 1989; Jiuru et al., 1992; Raffaelle & Wight, 1995; Teng & Zhou, 2003; Durrani & Zerbe, 1987; Oka & Shiohara, 1992; Cao & Bing, 2019; Au et al., 2005; Lee et. al, 2009; Meas et al., 2012; Meinheit & Jirsa, 1977).
Si osserva già da ora che difficilmente con le prove sperimentali i ricercatori hanno tenuto conto della presenza delle travi ortogonali a quelle del piano in cui si studia il nodo, ovvero il piano dove sono applicate le sollecitazioni. Questa condizione è più realistica per edifici esistenti, meno per edifici di nuova progettazione che sono pensati come telai tridimensionali.
Le prove sono state condotte in Paesi ed anni differenti su provini ideati con riferimento a diverse linee guida. Per questo motivo, i provini presentano un’ampia varietà di dettagli strutturali e caratteristiche dei materiali.
Anche i setup di prova sono differenti, sebbene il principio sia sempre quello di replicare in maniera più accurata possibile il nodo del telaio durante l’azione sismica.
Gli autori delle diverse sperimentazioni forniscono le informazioni sui parametri geometrici e meccanici dei provini realizzati e, nella maggior parte dei casi, essi mostrano numerose informazioni sulla risposta meccanica osservata o misurata, in termini sia di forze che spostamenti. Qualche volta è stato possibile leggere, durante l’applicazione del carico, le misure delle deformazioni delle armature trasversali presenti nel nodo, e quindi avere un’idea del loro stato tensionale.
La figura 1 mostra la nomenclatura utilizzata per omogeneizzare le informazioni geometriche fornite dagli autori.
Dall’analisi del database è possibile distinguere tre meccanismi di rottura dei provini:
- Joint Failure, JF: il nodo collassa prima dello sviluppo della cerniera plastica nella trave;
- Beam Failure, BF: la cerniera plastica si sviluppa completamente nella trave con limitati danni nel nodo (in alcuni casi assenti);
- Joint-Beam Failure, JF-BF: il nodo collassa in seguito a formazione di cerniera plastica nella trave. Nel database si hanno 140 test in cui si è avuta la rottura del nodo, 98 test in cui si è avuta la rottura della trave (per flessione o taglio) e 117 test in cui si è avuta la rottura del nodo dopo una plasticizzazione della trave. Cinque provini non sono stati considerati per dubbi sulle informazioni.
I valori della resistenza a taglio sperimentale del nodo, Vj,exp, sono valutati in funzione della forza massima che le travi trasferiscono al nodo. Infatti, semplici condizioni di equilibrio consentono di calcolare il momento, Mb, applicato da ciascuna trave sul pannello nodale e, nota la geometria della sezione della trave, il valore di Vj,exp è stato calcolato mediante la seguente relazione:
Vj,exp = Mb / (ht – 2 · c) – Vc,exp
per nodi esterni
Vj,exp = 2 Mb / (ht – 2 · c) – Vc,exp
per nodi interni
dove ht è l’altezza della sezione della trave, c è il copriferro dell’armatura longitudinale (generalmente uguale per armatura superiore e inferiore), e Vc,exp è il taglio applicato dalla colonna al pannello nodale.
Per la valutazione dei modelli di capacità proposti in letteratura, i provini caratterizzati da una rottura a flessione della trave (BF) sono stati trascurati, in quanto in essi non si è attinta la resistenza a taglio del nodo, neanche per un possibile degrado ciclico del pannello nodale. Pertanto, la numerosità del database di prove è stata ridotta a 257 nodi, di cui 187 esterni e 70 interni alori di resistenza a taglio sperimentali Vj,exp sono confrontati con i corrispondenti valori previsti Vj,mod, determinati tramite l’applicazione dei 13 modelli ritrovati in letteratura tecnica e scientifica (Pauletta et al., 2015; ACI Code, 2002; Sarsam & Phillips, 1985; Paulay & Priestley, 1992; Scott et al., 1994; Parker & Bullman, 1997; Vollum & Newman, 1999; Bakir & Boduroglu, 2002; Parra-Montesinos & Wight, 2002; Hegger et al., 2003; Kim et al., 2009; Tran et al., 2014; EN1998, 2005)
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La presente memoria è tratta da Italian Concrete Conference - Napoli, 12-15 ottobre 2022
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