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Miglioramento sismico degli edifici storici: "le NTC non sono applicabili ai beni tutelati"

"Eppure, nella prassi accade di frequente che i progetti di miglioramento sismico di edifici storici tutelati riportino come unico riferimento normativo le Norme Tecniche e non le Linee guida specifiche emanate nel 2011. Peggio ancora, gli stessi progetti vengano poi approvati dagli uffici sismici locali senza obiezioni da parte del Ministero della Cultura."

Lo denuncia in questa intervista il prof. arch. Carlo Blasi, tra i massimi esperti in Italia nell'ambito del consolidamento e del restauro degli edifici storici, oggi alla guida del progetto di ricostruzione della Basilica di San Benedetto a Norcia e l'unico italiano all'interno del team impegnato per la rinascita della cattedrale di Notre Dame a Parigi.

Oltre ad affrontare la 'delicata questione' normativa, nell'intervista si è parlato di altre tematiche importanti, come ad esempio: le sfide e i limiti della ricostruzione degli edifici storici crollati, il ruolo della modellazione digitale nel progetto degli interventi e di molto altro ancora.


Beni culturali e riduzione della vulnerabilità sismica: la normativa italiana all'avanguardia in Europa

Dalila Cuoghi

Beni culturali e danni da terremoto: si può 'prevenire' secondo i principi del restauro? In che modo?

Carlo Blasi

La domanda è complessa, perché coinvolge questioni non solo tecniche (quali interventi di miglioramento sismico sono compatibili con i principi del restauro), ma anche questioni normative (cosa permettono le norme) e questioni di competenze (chi è in grado di eseguire un restauro sismicamente efficiente).

L’Italia è l'unico paese, a mia conoscenza, che abbia una norma specifica per la tutela degli edifici storici di interesse culturale in zona sismica: le cosiddette “Linee Guidadel 2011.

La norma è fondamentale perché consente di scegliere gli interventi più opportuni per il rispetto del bene culturale senza fare riferimento alle Norme Tecniche che non sono applicabili a tali edifici.

Tutte le norme vigenti (a partire dalla Costituzione, al Codice dei Beni Culturali, alla stessa “Legge sismica” n°64 del 1974) riconoscono nel Ministero dei Beni Culturali l’unico ente preposto alla tutela totale degli edifici storici, compresi gli aspetti della sicurezza: non le Regioni e nemmeno altri ministeri come ad esempio quello delle infrastrutture.

La “Legge Sismica” del 1974, alla quale fanno riferimento tutte le varie Norme Tecniche, all’articolo 16 esplicita chiaramente che la norma non si applichi agli edifici tutelati per i quali vigono norme specifiche; le conseguenze sono che i progetti non devono essere sottoposti alle verifiche nel Ministero delle Infrastrutture e degli organi regionali (uffici sismici, Genio civile ecc.), ma solo all’esclusiva approvazione delle Soprintendenze e del relativo Ministero. Il fatto che le Norme Tecniche non siano applicabili ai beni tutelati è ripetuto in modo esplicito nelle norme stesse e nella relativa circolare esplicativa:

Per gli interventi finalizzati alla riduzione della vulnerabilità̀ sismica dei beni del patrimonio culturale vincolato, il riferimento normativo, nelle more dell’emanazione di ulteriori disposizioni, è costituito dal D.P.C.M. 9 febbraio 2011 “Valutazione e riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale con riferimento alle norme tecniche per le costruzioni di cui al decreto ministeriale 14 gennaio 2008

Siamo pertanto di fronte ad un insieme di norme chiarissimo e all’avanguardia in Europa. Le norme italiane riconoscono per gli edifici storici in muratura l’inscindibilità tra forma e struttura e, di conseguenza, affermano l’unicità del progetto di restauro architettonico e strutturale, affidandone la tutela agli organi del Ministero dei Beni Culturali e l’esclusività degli interventi agli Architetti.

Le soluzioni tecniche per gli interventi potrebbero pertanto essere facilmente adeguate al rispetto degli edifici storici se le norme fossero rispettate. La prassi è però diversa: l’approvazione dei progetti da parte degli uffici sismici locali, che li esaminano in base alle Norme Tecniche e non alle “Linee Guida”, è richiesta dagli amministratori senza che il MiC (Ministero della Cultura) faccia obiezioni e i progetti di miglioramento sismico sono di regola predisposti dagli ingegneri con la firma di giovani architetti. Spesso nei progetti si esplicita come il riferimento normativo siano le Norme Tecniche. Una delle cause di questa situazione risale al fatto che dai corsi di laurea in Architettura escano ormai, per lo più, studenti che non sono in grado di comprendere le “Linee Guida” e che negli Esami di Stato, complice l’Ordine professionale, le prove di calcolo siano in pratica eluse. È evidente che le conseguenze si risentano anche nelle competenze del personale delle Soprintendenze e del Ministero che preferiscono delegare i controlli e le responsabilità.

In questa situazione, dovendo in pratica fare riferimento alle Norme Tecniche, intervenire secondo i principi del Restauro risulta più complesso.

 

Dalila Cuoghi

Cosa prevedono le Linee guida e quali sono gli interventi più efficaci e rispettosi?

Carlo Blasi

Innanzitutto l’attenzione deve essere concentrata sui possibili meccanismi di dissesto locale, che nella maggior parte dei casi sono meccanismi di ribaltamento.

La soluzione tecnica primaria è semplice: tiranti e incatenamenti. Più si connettono tra loro le murature e gli orizzontamenti e più si migliora la risposta al sisma. Gli edifici storici in muratura hanno una intrinseca debolezza rispetto alle azioni sismiche: la mancanza di resistenza a trazione. La conseguenza è che le azioni esterne non si ripartiscono, non esiste un comportamento globale e i collassi sono la conseguenza di criticità locali.

Per tali ragioni il valore medio della sicurezza degli edifici storici in Italia è, indicativamente, intorno al 30% di quello richiesto per gli edifici nuovi. Ciò vuol dire che, se ce ne sono alcuni sicuri, molti altri sono ad un livello di sicurezza molto basso. Non possiamo dunque meravigliarci se, quando si manifesta un sisma di elevata intensità, il livello dei danni nei nostri centri storici è elevato. Purtroppo è difficile raggiungere elevati valori della sicurezza su tali strutture senza alterarle ed è necessario accettare compromessi tra efficacia e tutela (come previsto dalle “linee Guida” ma non dalle N.T.C.).

Per quanto riguarda le competenze, ritengo che l’esclusività della progettazione detenuta dagli architetti in base ad una laurea che non fornisce più garanzie di competenze adeguate per il consolidamento dovrebbe essere rivista affidandola solo a tecnici che dimostrino adeguate conoscenze su storia, tutela e stabilità.

 

Ricostruzione post sisma: 'tutela del nulla' come prodromo ad una ricostruzione identica 'com'era'

Dalila Cuoghi

Nel post sisma, è possibile ricostruire in sicurezza ma secondo i principi del restauro? Come?

Carlo Blasi

La risposta a questa domanda è in buona parte contenuta in quella alla questione precedente. La specificità della tematica delle “ricostruzioni”, rispetto a quella della “conservazione”, richiede però alcune precisazioni.

Se si opera nell’ambito di una “ricostruzione” vuol dire che siamo comunque di fronte ad un crollo e a perdite consistenti. Se il crollo ha dimensioni contenute e può essere considerato come una “lacuna” da ripristinare, possiamo dire che si rientra, di fatto nella tematica già trattata, a parte il problema della riconoscibilità o meno dell’intervento.

Se si tratta di crolli di ampie parti o di crolli totali si presenta invece il problema teorico-filosofico di quali debbano essere le caratteristiche dell’intervento: una nuova costruzione con il solo limite della compatibilità architettonica e strutturale con le parti eventualmente da conservare o un intervento di ricostruzione “com’era”?

Su questa tematica si sono consumati fiumi d’inchiostro nelle controversie sui principi del restauro. La mia esperienza è che oggi in Italia si richieda quasi in ogni caso la ricostruzione “com’era” delle forme e delle finiture visibili. In alcuni casi si è arrivati a dichiarare tutelati anche corpi di fabbrica non più esistenti: la tutela del nulla come prodromo ad una ricostruzione identica. Per assurdo, se si realizza una ricostruzione già tutelata ancora prima di esistere e vincolata al “com’era”, si dovrebbero applicare le Linee Guida.

La situazione più difficile è quando tra parte ricostruita e parte rimasta non è possibile realizzare giunti: a quale norma deve sottostare un edificio in parte storico e in parte nuovo? Forse qualche riflessione sarebbe utile.

In ogni caso i “segreti” per le soluzioni più opportune e meno invasive sono solo due: meccanismi di collasso locali e tiranti anti ribaltamento.

 

La conoscenza è alla base di qualsiasi tipologia d'intervento

Dalila Cuoghi

Un edificio storico quanto ci insegna sul costruire e quanto dovrebbe essere argomento di insegnamento ai professionisti di oggi?

Carlo Blasi

Roberto Di Stefano in un suo scritto ha esposto un concetto fondamentale: l’analisi strutturale di un edificio storico è sempre e innanzitutto indagine storica. In vecchie “Raccomandazioni” ministeriali si invitava i progettisti a considerare un edificio storico come il risultato di un esperimento al vero durato anni o secoli. Per interpretare i risultati di un esperimento è necessario conoscere come l’edificio era al momento della costruzione, quali traumi ha subito nel tempo, quali modifiche e, infine, come si presenta al termine della prova.

La conoscenza dettagliata di ogni particolare costruttivo, la conoscenza della storia e l’identificazione dei meccanismi di dissesto sono gli strumenti indispensabile che un edificio ci fornisce per il suo consolidamento.

L’individuazione delle criticità strutturali locali, che generalmente si ripetono in base alle tipologie costruttive, è fondamentale e decisamente più significativa, per eseguire interventi puntuali, di incerte modellazioni virtuali globali.

Per comprendere il comportamento di un edificio è inoltre estremamente utile conoscere, per esperienza, il comportamento di edifici simili (si veda l’abaco allegato alle Linee Guida), dato che le tipologie edilizie storiche si ripetono, come ugualmente si ripetono i meccanismi di dissesto. L’abaco dei meccanismi di dissesto ricorda i disegni degli antichi trattati pre-ottocenteschi ed è definito in modo chiaramente empirico. È sulla base di tali meccanismi che devono poi essere sviluppati i calcoli numerici, che in genere sono di semplice equilibrio cinematico. Il metodo, empirico, è, attualmente, quanto di più preciso si riesca a fare.

 

Risultati di una modellazione numerica globale dell'edificio in muratura sono un ausilio, non la verità

Dalila Cuoghi

Gli edifici storici possono essere modellati con i moderni strumenti digitali? Questa modellazione può essere utile per progettare gli interventi?

Carlo Blasi

Ancora una volta possiamo fare riferimento alle Linee Guida, ma anche alle circolari illustrative delle norme tecniche:

Quando la costruzione non manifesta un chiaro comportamento d’insieme, ma piuttosto tende a reagire al sisma come un insieme di sottoinsiemi (meccanismi locali), la verifica su un modello globale non ha rispondenza rispetto al suo effettivo comportamento sismico”. Circolare 2009 punti C.8.7.1.1.

Non si può essere più chiari. L’affidabilità dei risultati che si ottengono con modellazioni numeriche globali di edifici storici in muratura è quindi estremamente limitata. Ciò è fuori di dubbio, soprattutto nel caso di analisi sismica. Le incertezze e le approssimazioni sono grossolane.

I parametri utilizzati per definire i modelli numerici (in genere ripresi da tabelle contenute nelle norme) sono definiti in laboratorio a tempi brevi. Se si analizzano le deformazioni reali degli edifici storici e le confrontiamo con quelle delle modellazioni virtuali i risultati sono spesso sconfortanti: si raggiungono facilmente differenze di un ordine di grandezza, con errori del 1000/100, a causa del complesso comportamento deformativo della muratura a tempi lunghi.

In campo sismico le approssimazioni sono ancora superiori, pur utilizzando modelli non lineari.

L’analisi dinamica nel dominio del tempo, che sarebbe quella che scientificamente meglio dovrebbe modellare il comportamento durante il sisma, è ancora, di fatto, impraticabile e limitata a studi accademici. Le analisi statiche equivalenti, il pushover, le modellazioni con telai equivalenti sono tutti metodi basati su ipotesi che difficilmente trovano conferma nel comportamento reale.

Date le approssimazioni di partenza, più i modelli sono complessi, globali, dettagliati, pesanti e più i risultati sono incerti e incontrollabili.

I modelli numerici sono comunque uno strumento oggi imprescindibile; l’importante è utilizzarli con accortezza senza sopravvalutare il loro ruolo che è quello di essere un ausilio alla comprensione delle criticità di un edificio e non la verità. Obbligatorio deve essere il confronto con il comportamento deformativo reale.

Le Linee Guida chiedono una relazione illustrativa per la redazione della quale i risultati numerici sono un ausilio, non la verità. Conviene pertanto realizzare più modelli diversi, globali e soprattutto locali, ognuno dei quali potrà fornire un contributo interpretativo della complessa realtà storica.

 

Il progetto di recupero della Basilica di Norcia

Dalila Cuoghi

Lei ha vinto il bando di gara europeo per l'affidamento della progettazione del restauro e della ricostruzione della Basilica di San Benedetto a Norcia, il progetto definitivo è stato presentato a fine ottobre 2021. Cosa è stato previsto a progetto e quali tecnologie innovative saranno impiegate nell’intervento?

Carlo Blasi

La causa principale della distruzione quasi completa della Basilica di San Benedetto a Norcia è stato il crollo del campanile che è caduto sulla navata. Il campanile era una costruzione aggiunta in aderenza alla chiesa, con muri pesanti malamente ammorsati alle murature della navata e del transetto. Causa ulteriore è stata la modesta qualità delle murature in pietra, in parte raddoppiate in spessore in occasione di un consolidamento post-sisma nel XVIII secolo.

La richiesta del Ministero (e della cittadinanza) è stata, di fatto, quella di una ricostruzione “com’era”, almeno per quanto riguarda i volumi, le forme, le finiture e i decori. Il progetto predisposto e in corso di realizzazione rispetta questa impostazione, ma, dato che non è possibile ricostruire com’era, varie sono le modifiche tecniche per la sicurezza, ma anche architettoniche, previste.

I volumi saranno comunque ripristinati come erano al momento del crollo, ovvero ben diversi da quelli che la basilica aveva fino agli anni’50 del secolo scorso, quando la navata venne soprelevata di un paio di metri.

All’interno è previsto il restauro degli altari e dei decori, ma è prevista anche l’aggiunta di un nuovo controsoffitto, che ridefinisca il volume settecentesco della chiesa alterato nel secolo scorso con l’eliminazione del soffitto decorato. All’esterno le superfici di pietra saranno ripristinate utilizzando le pietre recuperate.

Da un punto di vista strutturale le modifiche saranno più consistenti per dare alla nuova Basilica una resistenza adeguata. Le volte e la cupola sopra il presbiterio saranno di tipo leggero, il campanile sarà alleggerito e in buona parte sarà in muratura di mattoni, le vecchie murature a sacco saranno consolidate con iniezioni e con l’introduzione di diatoni. Infine, il campanile avrà uno scheletro di rinforzo in acciaio e un insieme di incatenamenti legheranno tra loro ogni parte della chiesa, della facciata e del campanile.

Come materiali innovativi saranno utilizzate calze di micro-trefoli d’acciaio quali diatoni di collegamento tra vecchie e nuove murature, barre di fibra di vetro e, sulle superfici interne, sotto l’intonaco, reti ugualmente di fibra di vetro con la funzione di contenimento delle murature in pietrame.


Edifici storici crollati, ricostruzione e trasformazione: ricercare un risultato equilibrato e architettonicamente valido

Dalila Cuoghi

Si parla sempre di recupero e conservazione: ma la trasformazione è così antitetica per il tema del restauro?

Carlo Blasi

Per anni si è discusso, anche in modo aspro da posizioni contrapposte, su conservazione, restauro, ricostruzione in modo contemporaneo e ricostruzione “com’era” arrivando comunque a concordare che quanto è giunto fino a noi deve essere conservato e tutelato. Per le parti da ricostruire ritengo che ogni caso abbia le proprie specificità e valenze, che possono essere anche di tipo sociale e di memoria, oltre che di conservazione del bene. L’espressione “falso storico” è inutilmente dispregiativa quando si realizza una “copia al vero” chiaramente dichiarata. In ogni caso ritengo si debba ricercare un risultato equilibrato e architettonicamente valido. Non credo che l’istanza storica sia l’unica da rispettare.

Abbiamo esempi contrapposti e famosi in tutto il mondo. Per le ricostruzioni com’era: dalla Fraulainkirken di Dresda, ai Teatri La Fenice e Petruzzelli, alla Cattedrale di Noto, all’attuale ricostruzione di Notre Dame. Per le nuove realizzazioni la cupola del Parlamento di Berlino, la ricostruzione dalla cattedrale di Pozzuoli e gli interventi di Andrea Bruno a Torino, sono esempi significativi, solo per citarne alcuni.

Purtroppo la mia impressione e che questo dibattito in Italia si sia arenato su scelte che sempre di più sono per la ricostruzione identica, quanto più possibile simile all’originaria costruzione, almeno per l’immagine, anche nei casi di crolli molto ampi. Forse in questa maniera le responsabilità di chi approva si riducono in quanto questa è la soluzione più gradita la pubblico e la meno rischiosa.

Speriamo che il dibattito culturale su come ricostruire edifici storici crollati trovi nuova linfa per ampliare il campo delle scelte progettuali.

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