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Metabolizzare il BIM: venti anni di ricerca

L’importanza dell’Università per dare una svolta al Paese.
Le criticità dell’ambito formativo e le difficoltà di un Paese troppo in ritardo rispetto all’Europa.


Venti anni fa ho iniziato la mia attività di ricerca sul BIM presso la facoltà di Ingegneria dell’Università di Pisa in modo empirico. L’utilizzo professionale del software Allplan acquisito con la formazione ufficiale Nemetschek favoriva l’esperienza diretta, direi per osmosi, di una trasformazione del modo di rapportarmi con la concezione di un edificio. La ricerca nacque, dunque, per curiosità e desiderio di indagare le ragioni di questo fenomeno di natura principalmente epistemologica, sperimentabile e riproducibile fin nei suoi benefici pratici.
In termini non tanto di merito, quanto e soprattutto di metodo, emergeva una potenzialità, capace di andare ben oltre quella tipologia di software.
Si ottenevano risultati diversi dai dettami di una certa mentalità dominante: era oggettivo, per esempio, come l’utilizzo della risorsa digitale mettesse al centro il progettista e non viceversa; e come l’oggetto finisse, quindi, per risultare progettato correttamente quasi “in modo automatico”.
Era altrettanto evidente come la soluzione commerciale non potesse che rappresentare la forma cristallizzata di un particolare aspetto, secondo una particolare logica, di un ambito di conoscenza enormemente più ampio, affascinante ed articolato.

Un ambito di ricerca presente soprattutto all’estero, poiché allora nell’Università italiana, il BIM era praticamente inesistente. Una ricerca pionieristica vissuta per molti anni, che ha però permesso di stratificare una comprensione adeguata e congruente della connessione fra sistema formativo italiano e quello della professione. Chi conosceva lo stato dell’arte internazionale, infatti, non poteva che constatare, con un certo disagio, il forte ritardo strutturale che il nostro Paese stava accumulando nell’ambito del BIM.  

“BIM IS A HUGE BUZZWORD IN AEC”
E proprio perché da alcuni anni invece, il Building Information Modelling, si è imposto anche in Italia all’attenzione pubblica, con molteplici definizioni diverse, è opportuno tornare alla sua originaria definizione: “Bim is a huge buzzword in AEC”, come viene definito da Charles “Chuck” Eastman, ideatore negli anni ’70 del cosiddetto Building Information Modelling. Nel 1974, infatti, alla Carnegy Mellon University (Usa) redasse insieme ad altri il rapporto di ricerca: “An Outline of the Building Description System” descrivendo un sistema proprietario (un primo modello dell’attuale BIM) chiamato Building Description System (BDS)”.
Invitato ad una lezione del dottorato, tenuto dal Prof. Eastman nel 2001 al Georgia Technology Institute, ho incontrato un metodo di ricerca che fin dall’inizio nasceva dalla precisa concezione di comprendere “all the aspects of the design, construction and operation of a building” (Eastman, Teicholz, Sacks, Liston, 2011).
Esistono tante differenti definizioni di Building Information Modelling: la più ragionevole interpretazione della concezione originaria, penso sia quella di “modellazione delle informazioni della costruzione”. Il concetto di BIM si sostanzia in due fattori: il primo, di merito, suggerito da “all the aspects”ed il secondo, di metodo, rappresentato dall’utilizzo del computer. Infatti, la seconda caratteristica fondamentale per comprendere i presupposti di questo ambito di ricerca deve essere letteralmente identificata con la sua peculiarità attuativa: cioè l’elaborazione digitale. In questo sta la genialità di Eastman: l’utilizzo dei computer al posto del disegno a mano nella progettazione dell’edificio. The use of computers instead of drawings in building design”.
Vorrei subito osservare che per comprendere pienamente la rivoluzione di quest’affermazione e soprattutto l’enorme orizzonte di ricerca che ha permesso di aprire, è indispensabile evitare di cadere negli equivoci lessicali a cui può dare adito la traduzione, specialmente sullo sfondo delle discipline di settore codificate dal nostro sistema universitario.
Infatti, siamo nel 1975 negli Stati Uniti, in un quadro culturale e tecnico di reale eccellenza (come si direbbe oggi) molto diverso da quello italiano di allora; l’affermazione non vuole intendere alcuna contrapposizione fra disegno manuale e disegno “al computer”; e, infine, il termine “design” si riferiva (ovviamente) al progetto.
La ratio di quell’affermazione aveva, infatti, ben altra valenza, che espliciterei come “l’utilizzo del computer per la progettazione degli edifici rispetto al tradizionale approccio secondo il disegno”.
In ultima analisi: Eastman indaga quali possano essere - realmente - i vantaggi ottenibili dalle nuove tecnologie (oggi diremmo dell’ICT). Cominciai a condividere questa istanza di Eastman, poiché era la stessa che avvertivo venti anni fa, esito dell’approccio critico che nasceva in alcune persone delle generazioni “investite” dall’arrivo del computer nel mondo delle costruzioni.
Gli ulteriori sviluppi della filosofia di Eastman (dalla progressiva affermazione internazionale al riconoscimento della superiorità su altri approcci), sono conseguenza dell’attuazione integrale di un concetto chiaro: le nuove tecnologie ci permettono di esprimere l’ideazione, costruzione e gestione di un edificio secondo la complessità di un sistema di informazioni, modellato secondo il metodo della programmazione ad oggetti: l’adozione del concetto e della tecnologia object oriented diviene, infatti, sinonimo del BIM.
Questi elementi orientati “tridimensionali”, sono i componenti costruttivi di un edificio “virtuale” dove il file dell’oggetto - richiamabile in qualunque momento da tutti gli attori del processo - contiene oltre alle informazioni geometriche tutte quelle alfanumeriche che ne descrivono le caratteristiche reali (dal costo alla priorità di messa in opera).
Viene, così, aperta la strada verso una modellazione parametrica completa dei singoli elementi di un manufatto corredati da tutte le informazioni ad essi relative (dalla sua concezione ideativa, fino alla fine della suo ciclo di vita utile) che sono, inoltre, relazionati in modo completamente interattivo.
La comunicazione sintetica immediata ed intuitiva di questo processo è affidata anch’essa ad una tecnologia “nuova”, resa possibile dallo sviluppo dell’ICT nel campo della computer graphics, un ambito di ricerca poco sviluppato in Italia, molto spesso confuso e ridotto all’informatica grafica o al disegno assistito.
L’oggetto orientato diviene il componente costruttivo di un edificio virtuale duale a quello reale, introducendo così implicitamente il passaggio dal concetto di modellazione a quello di simulazione.

 
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