Messa in sicurezza post-sisma: interventi provvisionali nelle chiese emiliane colpite dal sisma del 2012
Accorgimenti metodologici per aiutare il progettista nell'impostazione dell'opera provvisionale più idonea per arginare l’emergenza e la successiva fase di consolidamento definitivo.
Nella fase di prima emergenza post-terremoto, la messa in sicurezza delle strutture danneggiate dal sisma è uno dei problemi più delicati. Per ottimizzare le risorse, le opere provvisionali dovrebbero essere concepite in vista del loro riutilizzo nella successiva fase di consolidamento.
Individuare una procedura in grado di guidare l’operatore nella stima dei costi e nella scelta dell’opera provvisionale più idonea al caso specifico è stato l'obiettivo della Tesi di Dottorato in Ingegneria Civile e Architettura dell'arch. Lia Ferrari. In questo articolo alcuni accorgimenti metodologici che possano aiutare il progettista nell'impostazione dell'intervento.
Figura 1 – Struttura prefabbricata in tubi e giunti contro il ribaltamento della facciata della Chiesa di San Francesco d’Assisi a Mirandola (MO)
Potenzialità e criticità della messa in sicurezza post-sisma
Il territorio italiano ha subito, nel corso dei secoli, numerosi sismi che hanno gravemente danneggiato il patrimonio storico e non solo. La messa in sicurezza delle strutture danneggiate è uno dei problemi più delicati nella fase di prima emergenza post-terremoto. Si tratta di interventi caratterizzati dalla somma urgenza allo scopo di evitare il progredire del danno, tutelare l’incolumità delle persone e ripristinare rapidamente le normali attività socio-economiche (Dolce et al., 2004). In più, se rivolto alle costruzioni storiche, l’intervento emergenziale diventa ancora più delicato e complesso per la necessità di preservarne il valore culturale.
Nonostante le esperienze passate, la fase emergenziale post-sismica, presenta sempre nuove difficoltà nell’organizzazione degli interventi, incertezze nella gestione delle risorse e, in generale, inesperienza nell’affrontare la ricostruzione. Infatti, seppur le esperienze passate costituiscano un riferimento e un punto di partenza per affrontare le problematiche scatenate dall’evento sismico, il loro imprescindibile legame alle specificità locali è tale da richiedere soluzioni studiate appositamente per quel momento.
Anche nel 2012, il sisma che ha colpito l’Emilia Romagna ha provocato numerosi danni al costruito. Gli Uffici Tecnici dei piccoli comuni, abituati a seguire opere edilizie ordinarie, si sono trovati sprovvisti delle competenze necessarie a gestire complessi interventi sismici: gli enti comunali hanno spesso preferito affidare la progettazione e la realizzazione di queste opere a ditte esterne che, seppur prive di esperienza nel settore, hanno cercato di elaborare soluzioni “d’emergenza” nel più breve tempo possibile con l’unico scopo di impedire l’imminente crollo dell’edificio e di garantire la pubblica incolumità. Realizzati frettolosamente e progettati a posteriori, molti interventi di primo soccorso sono così risultati estremamente contingenti, senza possibilità di essere utilizzati successivamente come elementi di consolidamento o presidi atti a garantire la sicurezza durante le lavorazioni.
Di conseguenza, in fase di intervento definitivo, è stato necessario prevederne la completa rimozione e la sostituzione con presidi idonei per eseguire i nuovi consolidamenti in sicurezza. Ciò genera non solo sprechi di materiale ma anche un aumento dei costi non trascurabile, soprattutto in considerazione del grande numero di edifici bisognosi di riparazioni e della limitatezza delle risorse disponibili. In alcuni casi, ad esempio, non è stato possibile ultimare il restauro del complesso architettonico proprio a causa dell’esaurimento dei fondi disponibili, totalmente impiegati per l’eliminazione dei presidi temporanei di messa in sicurezza e per il consolidamento strutturale.
Per evitare questi inconvenienti di questo tipo, fin dalla fase di emergenza, le opere provvisionali dovrebbero essere concepite in vista del loro riutilizzo in fase definitiva, prevedendone il completamento e non la totale sostituzione. Con ciò non si vuole proporre di realizzare fin da subito un consolidamento definitivo della struttura, strada raramente perseguibile a causa delle precarie condizioni di sicurezza sussistenti al momento dell’applicazione dei primi presidi.
Tuttavia, appare di particolare interesse ricordare che le opere provvisionali hanno in se un grosso potenziale che spesso viene sottovalutato: le messe in sicurezza nascono come opere provvisorie, e dunque sono sempre state considerate come qualcosa che va usato in quel momento ma che non potrà essere riutilizzato in futuro e che andrà eliminato. In realtà, proprio questo carattere provvisionale genera in loro una spiccata propensione alla reversibilità, particolarmente adatta all’intervento sul patrimonio culturale nel rispetto dei principi del restauro, come suggerisce anche il DPCM 09/02/2011, al paragrafo 6.3: “ Non deve essere trascurata la possibilità di ricorrere ad opere provvisionali, che per la loro intrinseca spiccata reversibilità appaiono interessanti nei riguardi della conservazione e possono risultare, dopo attenta valutazione, anche una soluzione definitiva nel caso di un bene tutelato”. Seppur rari, alcuni interventi di messa in sicurezza hanno sfruttato le potenzialità intrinseche in queste opere, permettendo talvolta l’esecuzione di lavorazioni successive, altre volte diventando veri e propri elementi di consolidamento definitivo.
Studi per l’ottimizzazione degli interventi provvisionali post-sisma
Per tanto, attraverso l’analisi di casi esemplificativi, la ricerca svolta nell’ambito del Dottorato di Ricerca in Ingegneria Civile e Architettura all’Università di Parma, in collaborazione con l’Agenzia Regionale per la Ricostruzione, ha indagato le problematiche connesse alla messa in sicurezza delle strutture danneggiate a seguito dell’evento sismico emiliano con la finalità di agevolare una corretta impostazione dell’intervento provvisionale già in fase emergenziale per evitare sprechi di tempo e di risorse economiche, oltre che interventi dannosi per il valore del bene e del tutto incuranti delle possibili implicazioni di carattere definitivo che l’opera urgente può avere già nell’immediato post-sisma.
Tale studio ha riguardato una delle tipologie architettoniche maggiormente colpite dalle scosse del 20 e 29 maggio 2012: chiese e campanili. Tali strutture si sono mostrate particolarmente deboli nei confronti del sisma anche per la loro forma architettonica: nei comuni di epicentro, quasi tutte le chiese hanno subito crolli importanti e vistose lesioni e deformazioni denunciano l’attivazione di meccanismi di collasso nel piano e, soprattutto, fuori dal piano. L’altezza rilevante dei campanili, la presenza di danni o anche solo di timori per la loro stabilità ha immediatamente imposto la delimitazione di ampie aree rosse di rispetto, chiuse e inagibili. La messa in sicurezza o anche solo la dichiarazione di agibilità di queste strutture è risultata tra le attività più urgenti per consentire la ripresa delle normali attività nelle aree limitrofe: tale operazione si è però rivelata più complessa del previsto per varie ragioni, non solo tecniche e operative ma più spesso di natura legislativa e psicologica.
Gli strumenti per il rilievo del danno alle chiese, permettono di definire un quadro discretamente esauriente dello stato fessurativo. Definendo un indice di danno, da cui consegue il giudizio di agibilità o inagibilità, vengono poi suggeriti i primi provvedimenti di pronto intervento e fatta una stima economiche delle opere necessarie al ripristino della sicurezza e della funzionalità dell’edificio. Tuttavia, tale scheda (Modello A-DC) resta alquanto generica nella parte relativa alla progettazione e alla valutazione economica degli interventi di messa in sicurezza, lasciando eccessiva libertà al rilevatore.
L’obiettivo della ricerca è stato, quindi, quello di individuare una procedura in grado di guidare l’operatore nella stima dei costi e nella scelta dell’opera provvisionale più idonea al caso specifico, tenendo in considerazione sia l’efficacia tecnica e di tutela, sia il vantaggio economico, suggerendo accorgimenti metodologici per operare nella fase di emergenza post-sismica in considerazione del successivo intervento definitivo.
Presidi di sicurezza contro i meccanismi di primo modo nelle chiese
Nelle chiese, i meccanismi di collasso più pericolosi riguardano il ribaltamento delle murature fuori dal proprio piano: ribaltamenti dell’intera facciata o della sola parte sommitale, ribaltamento delle pareti laterali della navata, ribaltamento delle pareti dell’abside, del transetto o delle cappelle. Per arginare questi meccanismi, nell’immediato post-sisma 2012 sono state impiegate diverse tecniche alcune delle quali si sono mostrate particolarmente indicate. Di seguito vengono inquadrate le tecniche che hanno trovato maggiore impiego in occasione dell’emergenza sismica del 2012 e, per ciascuna, vengono esposte alcune considerazioni emerse dall’analisi dei casi studio emiliani, sottolineando alcuni accorgimenti metodologici che, se attuati già in fase emergenziale, possano ottimizzare l’intervento sulla struttura danneggiata.
Puntelli in legno
I puntelli di legno, usati diffusamente dalle squadre della Protezione Civile e dai Vigili del Fuoco, permettono di mettere in sicurezza le strutture in tempi rapidi e a costi ridotti. Tuttavia questa tecnica, come già riscontrato in passato, evidenzia diversi aspetti negativi: grande ingombro, veloce deterioramento sotto l’azione degli agenti atmosferici e impossibilità di riutilizzo.
Strutture prefabbricate a “tubi e giunti”
L'adozione del sistema “tubi-giunti”, che ha visto grande diffusione nei recenti sismi, ben si presta a realizzare strutture anche complesse, caratterizzate da geometrie articolate, e in luoghi interni caratterizzati da esigua disponibilità di spazi operativi. Questa tecnica infatti si contraddistingue per l’impiego di elementi di piccole dimensioni, dal peso relativamente modesto. Ciò offre diversi vantaggi: facilità di trasporto e di movimentazione del materiale (è sufficiente ricorrere a mezzi poco ingombranti per effettuare movimentazione di carico-scarico, quali gru di piccola portata), possibilità di gestire la movimentazione in quota degli elementi, rapidità e facilità di montaggio e smontaggio, con recupero completo del materiale per un successivo potenziale riutilizzo in altri interventi. Inoltre, se progettati nel rispetto dei requisiti di sicurezza richiesti in cantiere (primo tra tutti, il rispetto della giusta distanza dall’edificio presidiato), i ponteggi metallici possono essere impiegati come supporto allo svolgimento delle lavorazioni successive, con notevoli risparmi, come ad esempio è avvenuto nella Chiesa del Gesù a Mirandola (MO). L’uso dell’acciaio, inoltre, offre un’ottima resistenza e durabilità, anche se esposti agli agenti atmosferici.
Dall’altro lato, però, anche le strutture a tubo e giunto possono risultare ingombranti, impedendo talvolta l’accesso o la fruibilità degli spazi: indicativamente, un sistema di ponteggi richiede in ingombro compreso tra 1/5 e 1/8 dell’altezza della facciata, in relazione alla rigidità che risulta necessario conferire all’opera provvisionale e alla possibilità di realizzare efficaci condizioni di vincolo alla base (Grimaz, 2010). Inoltre, nonostante sia possibile fare riferimento a schemi standard per scenari di riferimento, i ponteggi metallici richiedono una specifica progettazione, rivolta soprattutto a verificare la stabilità complessiva dell’opera. Infine, tale tecnica presenta costi molti elevati. Diventa, allora, opportuno valutare attentamente la soluzione più conveniente tra l’acquisto e il noleggio delle strutture. Stimato il periodo in cui si prevede l’utilizzo delle strutture, deve essere calcolato il costo di noleggio e quello di acquisto, sottraendo a quest’ultimo il potenziale recupero che si avrebbe dalla successiva vendita (circa il 25% del costo iniziale). Tale valutazione deve considerare il deperimento della struttura (maggiore se collocata all’esterno) e i costi di manutenzione. In media, a distanza di tre anni, si rende necessario un intervento di manutenzione della struttura con integrazione e sostituzione delle parti degradate per il ripristino dell’efficienza strutturale.
Vedi Figura 1 in apertura all'articolo.
Strutture a telaio in acciaio o in legno
Più rari sono i casi in cui viene realizzato un telaio strutturale in acciaio o in legno la cui efficacia risulta molto influenzata dalla sua impostazione inziale.
I telai metallici sono costituiti da strutture composte da profili in acciaio, assemblati in loco, previa realizzazione di apposita fondazione. Ciò permette di ridurre l’ingombro rispetto ai sistemi “spingenti” o al telaio in tubi e giunti, privo di fondazioni. Tuttavia i profili metallici risultano più costosi e non riutilizzabili, rispetto agli elementi modulari del sistema a tubi e giunti. Per questo motivo, appare economicamente più vantaggioso combinare le due tecniche, come avvenuto nella chiesa della Beata Vergine del Rosario a Finale Emilia (MO). L’uso del telaio metallico si limita alla parte inferiore, così da poter ridurre gli ingombri, e il sistema in tubi e giunti riguarda la sola parte superiore, in modo da poterlo utilizzare anche come supporto per le successive operazioni di ripristino, nonché per altri interventi.
Figura 2 – Opera provvisionale di messa in sicurezza del fronte ovest della Chiesa della Beata Vergine del Rosario a Finale Emilia (MO).
Analogamente, la messa in sicurezza con telaio ligneo avviene attraverso la realizzazione di portali in legno lamellare formati da elementi modulari, prefabbricati e assemblati in loco, previa realizzazione di apposita fondazione. Ciò permette di ridurre l’ingombro rispetto ai sistemi “spingenti” o al telaio in tubi e giunti, privo di fondazioni. L’utilizzo del legno rende tale sistema maggiormente idoneo per essere installato nello spazio interno, al riparo dagli agenti atmosferici. Per questo motivo è necessario disporre di adeguate condizioni di sicurezza e, pertanto, tale tecnica si presta ad essere impiegata a sciame sismico concluso. Dall’altro lato, se progettato con cura, il telaio ligneo offre la possibilità di realizzare un sistema di consolidamento definitivo, integrabile con l’intervento finale attraverso opportune finiture, come nel caso della Chiesa di Santa Caterina D’Alessandria a Novi di Modena (MO).
Figura 3 – Telaio in legno lamellare realizzato per la messa in sicurezza della Chiesa di Santa Caterina di Alessandria a Novi di Modena (MO) - Photo credit © faccioengineeringblog.wordpress.com
Cerchiatura
Anche tiranti e cerchiature sono un presidio molto efficace contro il ribaltamento di parti strutturali: poco invasivo, spesso reversibile, meno ingombrante e soprattutto meno costoso rispetto ai sistemi sopracitati.
Tuttavia, questa tecnica impedisce il collasso verso l’esterno ma non quello verso l’interno, specie in caso di crolli parziali che limitano il comportamento scatolare. Per questo bisogna assicurarsi che la muratura sia in grado di sopportare le sollecitazioni indotte dalla cerchiatura o, in caso contrario, provvedere all’installazione di elementi rigidi di contrasto che impediscano il ribaltamento verso l’interno. È inoltre necessario conferire alla struttura la rigidezza necessaria per resistere all’azione di trazione esercitata su di essa attraverso la sbadacchiatura delle aperture. Solitamente morali in legno vengono interposti tra la tirantatura e la muratura per meglio ripartire le forze e per non danneggiare il substrato.
Le cerchiature possono essere realizzate con fasce in poliestere che si contraddistinguono per un’eccellente tenuta a trazione, l’economicità, l’ingombro ridotto, la reversibilità e la rapidità e facilità di esecuzione. Il sistema può essere pre-teso mediante cricchetti rendendolo attivo l’intervento. I materiali polimerici sono validi per leggerezza e rapidità di posa in opera e buona efficienza strutturale ma presentano il problema dell’allentamento (soprattutto sulle grandi lunghezze come quelle delle facciate di una chiesa), perdendo efficacia a temperature elevate e all’esposizione agli agenti atmosferici. Per questo, tale tecnica si presta ad essere usata su elementi di piccola dimensione e in un arco temporale ristretto, ad esempio durante le operazione preliminare finalizzate a creare migliori condizioni di sicurezza per la realizzazione di presidi di sicurezza più complessi.
Le cerchiature possono essere realizzate anche con funi d’acciaio o cavi a trefolo, ancorati ad angolari in profilato di acciaio predisposti con tubi di ancoraggio e terminale per la messa in tensione. Ove possibile si raccomanda di utilizzare angolari continui tra almeno due ordini d'incatenamenti, al fine di garantire un migliore contenimento degli spigoli, e di interporre tavole in legno (o altro materiale idoneo) per meglio distribuire gli sforzi ed evitare il danneggiamento della muratura. La messa in tensione deve essere calibrata in loco con il concetto di “piccola tesatura” – in modo da rendere l’intervento attivo senza però danneggiare l’edificio – e le barre dovranno essere controllate e ri-tesate dopo 30 giorni dal loro primo tensionamento, per contrastare prevedibili allentamenti.
Figura 4 – Opera di cerchiatura realizzata per la messa in sicurezza dell’Oratorio della Beata Vergine della Porta a Mirandola (MO). Photo credit © wikiwand.com
Infine, le cerchiature con materiali compositi consistono nell’applicazione di strisce di tessuto fibro-rinforzato (solitamente con fibre di carbonio, vetro, microtrefoli in acciaio, PBO) per mezzo di una matrice (malta o resina) aderente al substrato. La rapidità di applicazione permette di risolvere condizioni di pericolo in brevissimo tempo. L’installazione offre la possibilità di operare dall’esterno eliminando necessità di accedere all’interno degli immobili pericolanti, permettendo di operare in sicurezza.
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