Manutenzione e consolidamento strutturale: implicazioni legali e incidenza dei vincoli paesaggistici
Negli edifici, la manutenzione e il consolidamento strutturale rappresentano una soluzione fondamentale per affrontare danni causati da eventi naturali e da cattive pratiche costruttive. Recentemente il Consiglio di Stato ha chiarito come determinate categorie di lavori possano talvolta non essere inquadrate come consolidamento statico o manutenzione, ribadendo la necessità di un approccio più consapevole nella realizzazione di qualsiasi opera edilizie, nonché l'importanza dei titoli abilitativi e di rispettare le procedure al fine di evitare pesanti sanzioni.
Interventi di rinforzo strutturale: sicurezza e durabilità degli edifici
Qualsiasi edificio nel corso della sua vita strutturale può subire danni dovuti a vari fattori che possono derivare da:
- fenomeni naturali imprevedibili nel lungo periodo, come inondazioni o terremoti;
- conseguenze dovute ad una cattiva esecuzione dei lavori.
Per riparare ai danni si possono effettuare interventi di consolidamento strutturale, finalizzati a rinforzare la struttura portante dell'edificio al fine di permettere allo stabile di resistere a tutte le probabili sollecitazioni future.
Il consolidamento strutturale sta diventando molto frequente negli edifici ad uso civile, soprattutto nelle zone sismicamente vulnerabili e per i patrimoni storici da restaurare. La complessità e le competenze per i differenti tipi di intervento possono variare notevolmente.
Quindi per consolidamento strutturale si intendono tutti quegli interventi che hanno come obiettivo il rinforzo della struttura di un edificio, consentendo:
- la riparazione di danni dovuti a calamità naturali;
- il ripristino di parti danneggiate dal tempo o dall’incuria.
Affinché un intervento di consolidamento strutturale dia risultati ottimali deve richiedere:
- l’impiego di personale qualificato;
- materiali di prima qualità e tecnologie consolidate
Un buon intervento di consolidamento strutturale consente di ottenere un livello di sicurezza elevato dell’edificio anche a lungo termine.
Con l’intervento di consolidamento strutturale si cerca di bloccare l’evolversi di meccanismi locali e/o fragili aumentando il livello di sicurezza della struttura. Nello specifico gli interventi avranno caratteristiche differenti a seconda della struttura su cui si agisce.
Per strutture in muratura ad esempio alcuni interventi che potrebbero essere utili ad aumentare le condizioni di sicurezza intrinseche sono:
- iniezioni di resina o malta negli elementi murari danneggiati;
- betoncino armato per murature fortemente danneggiate e inconsistenti;
- interventi di cucitura spesso realizzate con aggiunta di barre in acciaio o fibre composite;
- il consolidamento di archetti e cantonali;
- inserimento di catene e cavi di precompressione.
Mentre nel cemento armato alcuni degli interventi utilizzabili sono:
- rinforzo delle armature;
- iniezioni di resina epossidica;
- interventi di ripristino del calcestruzzo;
- protezione anticorrosione delle armature;
- aumento della sezione trasversale.
A differenza del consolidamento statico, gli interventi di manutenzione sono attività volte a conservare o ripristinare le condizioni funzionali, estetiche o strutturali di un edificio, senza alterarne forma, dimensioni o destinazione d’uso. Si distinguono in manutenzione ordinaria, che comprende opere minori di riparazione e pulizia (come tinteggiatura o riparazione di infissi), e manutenzione straordinaria, che include interventi più rilevanti (come il rifacimento di impianti o la sostituzione di elementi strutturali non portanti). La manutenzione, pur migliorando la funzionalità dell’edificio, non implica modifiche significative alla struttura o al suo utilizzo.
La sentenza del Consiglio di Stato n. 7948/2024 chiarisce come, determinati lavori, non possano annoverarsi tra gli interventi di consolidamento statico ovvero di manutenzione qualora non sia provata l’epoca di costruzione.
Consolidamento e manutenzione: il Consiglio di Stato valuta i confini normativi
Il Consiglio di Stato ha recentemente emesso una sentenza (n.7948/2024) riguardante la controversia sull'ordinanza di demolizione emanata dal comune di Pozzuoli in merito a un'opera edilizia ritenuta abusiva a causa di una serie di lavori edili eseguiti dal ricorrente. Quest’ultimo ha impugnato l'ordinanza di demolizione datata 15 marzo 2016, con la quale veniva asserita la rimozione degli interventi realizzati su un manufatto costituito da un unico livello in muratura e copertura in legno, per giunta privo di titolo abilitativo, sostenendo che i lavori effettuati rientrassero nella categoria di manutenzione e consolidamento statico e non necessitassero di permessi specifici.
Nello specifico la pubblica amministrazione contesta la “realizzazione di tramezzature interne ottenendo n. 3 ambienti – soggiorno, living e n. 2 vani bagno privi di sanitari, tutti completi di pavimenti, rivestimenti impianto idrico ed elettrico, con termocamino privo di radiatori” come lavori non inquadrabili come consolidamento statico e per questo oggetto di demolizione.
In prima istanza, il Tar per la Campania ha respinto le pretese del ricorrente perché, palesemente, molte delle opere non possano essere inquadrate come consolidamento statico, ancorché la realizzazione di nuovi ambienti ed impianti nemmeno possa essere inquadrata come manutenzione.
Premesso che in entrambe le casistiche (consolidamento e manutenzione pesante) non sia comunque permessa l’edilizia libera ma la stessa debba prevedere idoneo titolo abilitativo. Il Tar nella sentenza ha anche sottolineato la mancanza di prove circa la preesistenza del manufatto e la necessità di un permesso di costruire, considerato l'impatto paesaggistico dell'opera. A tal proposito più volte si ribadisce come “gli interventi edilizi contestati e descritti nell’ordinanza di demolizione comportavano l’alterazione dello stato dei luoghi in maniera strutturale e di rilievo, in zona paesaggisticamente vincolata, richiedendo sia il permesso di costruire sia l’autorizzazione paesaggistica (…).
Il ricorrente ha dunque presentato appello al Consiglio di Stato, sostenendo che i lavori effettuati fossero di natura manutentoria e di consolidamento statico.
Tuttavia, il Consiglio di Stato ha respinto tali argomentazioni, evidenziando come i lavori fossero invece classificabili come una ristrutturazione edilizia o una nuova realizzazione con parziale demolizione-ricostruzione, piuttosto che come intervento di manutenzione e consolidamento. Le lavorazioni avrebbero quindi dovuto prevedere la richiesta di titoli abilitativi e, in zona vincolata, anche di autorizzazioni presso enti preposti.
La sentenza ha messo in luce la rigidità delle norme in materia di abusi edilizi, ribadendo come l'ordine di demolizione sia un atto vincolato per l'amministrazione, non soggetto a discrezionalità, ancorché non è pensabile che il decorso del tempo possa condurre alla validazione di un intervento abusivo, conferendo legittimità alle opere realizzate senza titolo.
Invece, in merito all’applicazione delle restrizioni indotte dal vincolo paesaggistico, il Consiglio di Stato ha chiarito che, senza prove comprovate dello stato antesignano delle opere, non è possibile procede in tal senso, ne è altresì possibile considerare l’applicazione del regime di manutenzione (quantunque le opere siano configurabili in tale regime).
In sintesi, il Consiglio di Stato ha confermato la decisione del Tar di respingere il ricorso, adducendo un'importante lezione riguardo alla necessità di idonei permessi edilizi e delle opportune autorizzazioni in contesti tutelati, enfatizzando le conseguenze legali derivanti dalla violazione delle norme urbanistiche, giacché la verifica della legittimità delle opere deve sempre tenere conto dello stato dei luoghi e delle normative vigenti.
LA SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO È SCARICABILE IN ALLEGATO.
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