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Lottizzazione abusiva: di chi è la responsabilità?

Cassazione: nel caso di lottizzazione abusiva il responsabile dell'ufficio tecnico del comune è responsabile per i reati commessi a seguito del rilascio di un permesso solo se la sua condotta ha concretamente favorito la realizzazione di abusi

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Per potere essere ritenuto responsabile di “favoreggiamento dell’attività criminosa” nel caso di una lottizzazione abusiva, il funzionario comunale deve avere tenuto una ben precisa condotta, consistente in un apporto consapevole alla commissione del reato tanto da agevolarne la realizzazione attraverso la propria funzione.

Lo ha precisato la Corte di Cassazione nella sentenza 7210/2020 dello scorso 18 febbraio, che ha ribaltato l’originaria sentenza della Corte di Appello assolvendo un funzionario comunale limitatosi, secondo gli ermellini, “alla conferma del dato fattuale costituito dalla ritenuta illegittimità di tutta l'operazione edificatoria posta in essere nell'area come individuata”.

In pratica, il funzionario si era semplicemente limitato a confermare con l'emissione di una concessione l'operato dei costruttori, che avevano realizzato abusivamente numerosi manufatti, in particolare costruendo 34 alloggi e connesse opere di urbanizzazione. Tale attività edificatoria, peraltro piuttosto estesa, era stata posta in essere in assenza di uno specifico piano di lottizzazione tanto da dare luogo alla contestazione del reato di lottizzazione abusiva.

Se, da tale condotta, in secondo grado conseguiva comunque la condanna del responsabile ufficio tecnico comunale per il reato di lottizzazione abusiva, di parere diverso è la Corte suprema.

La responsabilità del permesso di costruire illegittimo e dell'abuso edilizio

Insomma, per la Cassazione non è configurabile, nel caso di rilascio di un permesso di costruire illegittimo, una responsabilità ex art. 40 cpv. per il reato edilizio di cui all'art. 44, comma primo, lett. b), d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, in capo al dirigente o responsabile dell'ufficio urbanistica del Comune in quanto titolare di una posizione di garanzia e dunque dell'obbligo di impedire l'evento (Sez. 3, n. 9281 del 26/01/2011, Bucolo, Rv. 249785, Sez. 3, n. 36571 del 21/06/2011, Garetto, Rv. 251242).

Per configurarsi tale responsabilità, deve venire in rilievo una omissione (vale a dire, come è stato ritenuto dalla dottrina, "il mancato compimento dell'azione che si attendeva" da parte di un soggetto che era obbligato giuridicamente a compiere una determinata azione, che, se compiuta, avrebbe impedito il verificarsi dell'evento), dovendo, invece, ritenersi al di fuori della previsione normativa l'ipotesi in cui l'agente abbia posto in essere una condotta commissiva, contribuendo con essa alla produzione dell'evento.

In tale orientamento trova conferma l'affermazione che l'art. 44 D.P.R. n. 380 del 2001 è un reato proprio, i cui autori sono individuati, dall'art. 29 d.P.R. cit., nel committente, nel costruttore e nel direttore dei lavori, ossia in coloro che, in relazione all'attività edilizia, rivestono una determinata posizione giuridica o di fatto; tale figura di reato non esclude il concorso di soggetti diversi dai destinatari degli obblighi previsti dall'art. 29, compreso il sindaco che con la concessione edilizia illegittima abbia posto in essere la condizione operativa della violazione di quegli obblighi (cfr., ex multis, Sez. 3 n. 996 del 15/10/1988). Perché possa concorrere un extraneus è necessario accertare che questi abbia apportato, nella realizzazione dell'evento, un contributo causale rilevante e consapevole (sotto il profilo del dolo o della colpa) (tra le altre, in materia edilizia, Sez. 3, n.39475 del 19/07/2017, Cozzolino, Rv.271632; Sez. 3, n. 16571 del 23/03/2011, Iacono e altri, Rv. 250147; Sez. 3, n. 21775 de123/03/2011, Ronga e altri, Rv. 250377; Sez. 3, n. 7310 del 12/06/1996, Vené ed altri, Rv. 206028; Sez. 3 n. 996 del 15/10/1988).

Tali argomentazioni valgono a maggior ragione in riferimento ai membri della Commissione edilizia comunale, poiché è infatti da escludere che i componenti della commissione edilizia siano ricompresi tra i soggetti attivi del reato a norma dell'art.29 del d.P.R. n. 380 del 2001 e pertanto non è possibile individuare, in capo ai componenti stessi, una posizione di garanzia, stante l'inapplicabilità della disposizione dell'art. 27 del d.P.R. n. 380 del 2001.

Le specifiche del caso

Nel caso di specie, il dirigente, membro della Commissione edilizia comunale chiamata ad esprimersi sull'istanza edilizia, che aveva ad oggetto lavori in variante della D.I.A., è stato giudicato colpevole delle contravvenzioni edilizie per avere concorso all'emanazione di un parere favorevole illegittimo e mendace, come descritto nei capi di imputazione b) e c), reati però dai quali la ricorrente è stata assolta sino dalla sentenza di primo grado. Né il Tribunale, né la Corte di appello si sono fatti carico, una volta esclusa ogni penale responsabilità per i comportamenti illeciti dolosi dell'abuso di ufficio e del falso ideologico, di individuare una qualche forma di concorso o cooperazione del dirigente - e della Commissione edilizia - nella lottizzazione illecita e nel reato edilizio, essendosi la Corte territoriale limitata ad una mera conferma del dato fattuale costituito dalla ritenuta illegittimità di tutta l'operazione edificatoria posta in essere nell'area come individuata.

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