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Lottizzazione abusiva: come può "salvarsi" l'acquirente del fondo in buona fede?

L'acquirente del fondo abusivamente lottizzato concorre comunque con la propria condotta ad assicurare la protrazione degli effetti lesivi dall'illecito in concreto commesso, in tale modo rispondendone ai fini amministrativi

Di lottizzazione abusiva abbiamo avuto modo di parlare anche recentemente, analizzando una pronuncia del Consiglio di Stato inerente l'effettuazione abusiva di opere di manutenzion ordinaria.

In un'altra recente sentenza (la n.2217/2023 del 2 marzo), però, Palazzo Spada tratta un argomento interessante, sul tema, cioè il caso di lottizzazione abusiva in presenza di buona fede dell'acquirente del fondo.

Lottizzazione abusiva: configurazione

Prima di tutto, il Consiglio di Stato ricorda che la lottizzazione abusiva si sostanzia nel compimento di qualsiasi tipo di opera, idonea, perciò solo, a stravolgere l’assetto del territorio preesistente nonchè a realizzare un nuovo insediamento abitativo, determinando un concreto ostacolo alla futura attività di programmazione del territorio, con significativo carico urbanistico.

Le diverse modalità della lottizzazione

Queste le modalità operative possibili:

  • lottizzazione materiale, che consiste nella realizzazione, anche nella sola fase iniziale, di opere che comportino un’abusiva trasformazione urbanistica o edilizia dei terreni in violazione degli strumenti urbanistici, con evidente aggravio del relativo carico insediativo;
  • lottizzazione negoziale o cartolare, che si concreta nell’adozione di atti negoziali che determinino un frazionamento del terreno in lotti, i quali, per le loro oggettive caratteristiche (con riguardo soprattutto alla dimensione correlata alla natura dei terreni ed alla destinazione degli appezzamenti considerata sulla base degli strumenti urbanistici, al numero, all’ubicazione o all’eventuale previsione di opere di urbanizzazione) rivelino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio degli atti adottati dalle parti;
  • lottizzazione mista, che è caratterizzata dalla compresenza delle attività materiali e negoziali, identificate nell'attività negoziale di frazionamento di un terreno in lotti nonchè nella successiva edificazione dello stesso.

La buona fede dell'acquirente è irrilevante

Entrando nel merito, poi, Palazzo Spada respinge il ricorso affermando che è irrilevante la circostanza per cui il proprietario del fondo non sia responsabile dell'originario frazionamento del terreno o della realizzazione di ulteriori tracciati stradali preesistenti al proprio acquisto, visto che l'acquirente del fondo abusivamente lottizzato concorre comunque con la propria condotta ad assicurare la protrazione degli effetti lesivi dall'illecito in concreto commesso, in tale modo rispondendone ai fini amministrativi.

Cosa deve dimostrare l'acquirente per salvarsi?

Per evitare di essere accusato, è necessario che l'acquirente del fondo abusivamente lottizzato dimostri di aver operato con la necessaria diligenza nell'adempimento dei doveri di informazione e conoscenza senza, tuttavia, rendersi conto, in buona fede, di partecipare ad un'operazione di illecita utilizzazione del territorio e di aver, comunque, posto in essere ogni tempestiva azione di contrasto.

In questo caso niente da fare

Declinando tali principi al caso di specie, chiude Palazzo Spada, l'acquirente del fondo non può ritenersi incolpevole atteso che:

  • la particella proprietà è ubicata in una posizione centrale della struttura abusiva, caratterizzata da opere evidenti, peraltro realizzata in gran parte già prima dell’acquisto a titolo gratuito intervenuto nel 2009;
  • quanto alla realizzazione del tracciato stradale interessante (pro quota) anche il proprio lotto (al pari della zona destinata “a verde”), l’appellante ha omesso di dimostrare l'adozione delle misure di cautela occorrenti ad evitare l'utilizzo della propria res nell'ambito della complessiva attività lottizzatoria abusiva per cui è causa;
  • la denuncia contro ignoti che avrebbero chiesto, a sua insaputa, le rettifiche catastali intese a mutare la destinazione da terreno a corte di fabbricato con costituzione anche di una unità immobiliare urbana di categoria C1 è intervenuta soltanto nel 2013, evidenziandosi, così, la mancanza di diligenza nei doveri di sorveglianza e cura che competono al proprietario;
  • l’appellante non risulta aver esperito, come pure rilevato dal giudice di primo grado, alcun rimedio civilistico inteso al ripristino del possesso o comunque al recupero del fondo di sua proprietà.

LA SENTENZA INTEGRALE E' SCARICABILE IN ALLEGATO PREVIA REGISTRAZIONE AL PORTALE

Allegati

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