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Livelli ottimali di costo per involucri ad alta efficienza energetica

La Direttiva EPBD recast introduce una metodologia di valutazione costi-benefici di soluzioni progettuali. I risultati premiano soluzioni costruttive “equilibrate”, non necessariamente
le più performanti in termini di trasmittanza termica

Nell’ultimo decennio, la crescente richiesta di edifici ad elevata efficienza energetica ha spinto progettisti, committenti ed imprese a cercare soluzioni progettuali e tecnologiche di altissimo livello, e spesso, ad elevato costo di investimento. Nell’ambito dell’involucro edilizio, lo sviluppo di componenti innovativi è stato notevole, spesso indirizzato all’ottenimento di una bassissima trasmittanza termica. Tuttavia la mancanza di strumenti normativi per una valutazione dettagliata del rapporto costi-benefici delle diverse soluzioni ha favorito appunto l’impiego di tecnologie ad elevato costo, e ridotta trasmittanza, indipendentemente da una valutazione approfondita degli eventuali vantaggi monetari che sarebbero derivati dalle elevate prestazioni energetiche durante la vita dell’edificio.

A questo approccio ha tentato di porre rimedio la Direttiva EPBD recast 2010/31/EU sull’efficienza energetica negli edifici [1], che per la prima volta sottolinea la necessità di effettuare scelte progettuali tenendo conto del rapporto costi-benefici durante l’intero ciclo di vita stimato degli edifici, indirizzando quindi progettisti, committenti ed imprese a scegliere soluzioni costruttive “equilibrate”, che non necessariamente sono le più performanti in termini di trasmittanza termica.

La Direttiva in particolare richiede agli Stati Membri di definire i propri requisiti minimi di prestazione energetica degli edifici in un’ottica di raggiungimento del “livello ottimale di costo” durante il ciclo di vita economico stimato dell’edificio, valutato secondo la metodologia definita nel Regolamento delegato (UE) N. 244/2012 [2] e nella norma UNI EN 15459:2008 [3].
La soluzione di efficienza energetica “ottimale” non risulta in quest’ottica quella che consente di raggiungere la migliore prestazione energetica in assoluto, poiché questo potrebbe comportare un elevato costo dell’investimento iniziale, non ammortizzabile nel ciclo di vita utile dell’edificio. La soluzione “ottimale” rappresenta piuttosto il punto di equilibrio tra investimento e ammortamento, stimato considerando tutte le componenti di costo che entrano in gioco durante l’intero ciclo di vita di un edificio. La valutazione costi-benefici di soluzioni tecnologiche per l’edilizia è oggi un tema di grande interesse non solo dal punto di vista normativo, ma anche dal punto di vista di tutti coloro tra investitori privati, progettisti, imprese, interessati a compiere valutazioni e scelte puntuali tra diverse soluzioni di efficientamento.

Tuttavia l’applicazione della metodologia di calcolo, già di per sé piuttosto laboriosa, richiede una precisa definizione di tutte le variabili in gioco: i costi di ogni componente edilizio e impiantistico che influenza la prestazione energetica, parametri finanziari quali tasso di inflazione, tasso di crescita dei costi di mano d’opera ed energia, tempi di manutenzione e di sostituzione dei componenti, vita utile dell’edificio, ecc.. Ne deriva il possibile rischio che l’incertezza nella valutazione di tali parametri sia così influente da rendere in molti casi difficile individuare la soluzione di efficienza energetica “ottimale” in termini di costi-benefici. Nel presente articolo vengono mostrati i primi risultati di una ricerca sull’individuazione di componenti di involucro opaco ottimali nel rapporto costo-benefici energetici e sulla valutazione dell’influenza dell’incertezza delle variabili di calcolo sui risultati di una valutazione costi-benefici di scelte progettuali legate all’involucro edilizio.

Il quadro normativo: La Direttiva EPBD 2010/31/CE e il Regolamento delegato (UE) N. 244/2012

Ai sensi della Direttiva 2010/31/UE il “livello ottimale di costo” deve essere determinato considerando i costi globali legati alla vita utile di un edificio: costi di investimento per l’efficienza energetica, costi di manutenzione, funzionamento e sostituzione ed eventuali costi di smaltimento. Il “livello ottimale di costo” associato ad un intervento di efficientamento individua quello che è il punto di equilibrio tra l’investimento per attuarlo e il costo energetico durante l’intero ciclo di vita stimato di un edificio, ovvero il punto di minimo della curva costi – fabbisogni energetici (Fig.1).

Soluzioni tecnologiche a cui è associata una migliore prestazione energetica rischiano di comportare maggiori investimenti iniziali (e quindi si collocano prima dell’area dell’ottimo economico). Soluzioni meno efficienti, a cui è associato un minor investimento, rischiano di comportare maggiori costi energetici in fase di esercizio (e quindi si collocano dopo l’area dell’ottimo economico). Al ne di approfondire la metodologia di valutazione, alla Direttiva hanno fatto seguito il Regolamento delegato (UE) N. 244/2012 del 16 gennaio 2012, e le Linee guida (Orientamenti della Commissione) del 19 aprile 2012 [5]. Con questi provvedimenti è stato definito il “quadro metodologico comparativo” per la determinazione dei requisiti energetici ottimali degli edifici a cura degli Stati Membri. In Italia la metodologia è stata applicata da un gruppo di lavoro, costituito da CTI (Comitato Termotecnico Italiano), ENEA e RSE [6]. All’allegato III del Regolamento Delegato sono individuate nel dettaglio le fasi di sviluppo del quadro metodologico comparativo, definite nei seguenti paragrafi.

Si ringrazia l’Andil per l’autorizzazione alla pubblicazione del articolo.
 

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