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Linee Guida Ponti: i profili di responsabilità di enti e gestori 

In seguito all’emanazione delle Linee Guida, cosa cambierà, sotto il profilo della responsabilità, per gli enti gestori degli oltre 60mila ponti in Italia?

Sul tema si è molto dibattuto, secondo Walter Lupi, presidente della prima sezione del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici e relatore delle Linee Guida «le responsabilità resteranno immutate e sono quelle che la Legge assegna sia ai grandi concessionari autostradali che ai piccoli enti gestori».

 

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L'approccio multidisciplinare delle Linee Guida e le responsabilità di enti e gestori

Pres. Lupi, qual è l'approccio generale che è stato dato alle Linee Guida?

«Il gruppo di lavoro che ha elaborato il documento ha suddiviso la valutazione del rischio complessivo di un’opera, ponte o viadotto che sia, in base a un approccio multidisciplinare. Si parte dalla classificazione, ciò significa conoscere le caratteristiche strutturali del manufatto ma anche valutarne la relativa vulnerabilità in base al contesto geologico, idrologico e idrogeologico in cui si trova. Tale classificazione consente di individuare e dare priorità a quelle più vulnerabili che seguiranno quindi una corsia preferenziale per poter accedere alle fasi successive. La prima fase di ricognizione e censimento, potrebbe risultare un’operazione abbastanza semplice per le opere d’arte in gestione ai concessionari autostradali e ad Anas o le grandi Province italiane. In realtà appare meno scontata per i Comuni e gestori più piccoli, che potrebbero avere un patrimonio importante di ponti e viadotti, magari anche «storici», di cui si ha poca conoscenza e con progetti difficilmente reperibili. È importante quindi che per ognuno si individui una prima patente di rischio».

La fase successiva qual è?

«La seconda fase è quella relativa alle verifiche. Una volta definita la struttura, avvalendosi dei progetti di realizzazione, ove disponibili, e attraverso rilievi, si passa alla verifiche che hanno come riferimento le NTC del 2018 (le norme tecniche vigenti). Naturalmente bisogna tenere conto di quelle che sono le esigenze di esercizio di questi manufatti, che porteranno, nella fase di verifica, a un grado di prestazione che è in funzione della risposta del manufatto stesso rispetto alle Norme Tecniche, sia pure adottando alcuni sconti o vantaggi, legati alla conoscenza, più o meno approfondita di tale manufatto: più si è in grado di conoscere del ponte o viadotto e maggiori saranno i vantaggi che si potranno ottenere dall’impiego delle NTC del 2018. Così operando, nella condizione più favorevole, le verifiche porteranno alla definizione di adeguatezza di un manufatto che quindi soddisferà appieno le previsioni della normativa tecnica, a seguire si incontreranno strutture con un comportamento meno performante e che quindi pur potendo ancora definirsi operative avranno, tuttavia, un tempo di utilizzo che verrà considerato ridotto perché legato a una parziale inadeguatezza. Se poi dalle verifiche si dovessero riscontrare ulteriori e più serie carenze strutturali dell’opera, si passerà alle restrizioni d’uso, come la riduzione del traffico o delle corsie, oppure limitazioni al transito di mezzi pesanti, sino all’interdirne l’utilizzo ove ritenuto necessario. Insomma il concetto è quello di conoscere, verificare e limitare l’uso in funzione di quella che è la risposta del manufatto, rispetto al quadro normativo oggi vigente».

La terza fase in cosa consiste?

«La terza fase è quella del monitoraggio affinché attraverso i classici metodi ormai conosciuti, si possano garantire la permanenza delle condizioni e delle ipotesi adottate in base ai calcoli di verifica che sono stati eseguiti. Per cui si passerà dalle prove di carico, fase delicata per i ponti esistenti e datati, all’acquisizione di informazioni anche da remoto o prove di carattere dinamico che però hanno visto nel corso dei lavori un acceso dibattito sulle modalità, sulla validità e sui criteri, posto che pur trattandosi di una metodologia efficace richiede modalità di taratura e ripetizione delle prove nel tempo da gestire con estrema attenzione. Per quest’ultima fase sarà necessario acquisire adeguate risorse economiche per tutti gli enti gestori e proprietari delle infrastrutture».

Avete previsto una fase sperimentale?

«Sì e questo forse è l’aspetto più importante delle Linee Guida. Trattandosi di uno strumento nuovo occorre che sia tarato con riguardo ai molteplici aspetti che lo compongono, per questo abbiamo stabilito un periodo che non sia inferiore ai 18 mesi, per verificare l’applicazione delle Linee Guida in accordo con gli enti locali e con i gestori più importanti come Anas o i concessionari autostradali. In questo modo è possibile avere un riscontro per quanto riguarda sia gli aspetti esplicitamente tecnici sia le reali difficoltà operative da parte di chi deve gestire le fasi di monitoraggio, classificazione e verifica. 

La restrizione d’uso quando subentrerebbe?

«A seguito delle verifiche, si potrebbe eventualmente constatare che due corsie non sono più utilizzabili, oppure che i carichi non possono superare un determinato valore». 

Può dirci qualcosa sui profili di responsabilità delle figure coinvolte?

«È chiaro che il tema, più che tecnico, è di carattere giuridico e su questo si è molto discusso, per questo vorrei ringraziare il contributo offerto da giuristi, Avvocati dello Stato e Magistrati della Corte dei Conti che fanno parte del gruppo di lavoro che ha elaborato il parere. A primo impatto, potrebbe sembrare che le responsabilità siano in qualche modo legate alla disponibilità di risorse finanziare per porre in essere tutte le fasi previste dalle Linee Guida. Occorre essere chiari: le Linee Guida, per la loro stessa definizione, non dovrebbero essere considerate norme cogenti e inoltre, in un primo periodo, saranno sottoposte a una fase sperimentale, ma tutto ciò non può essere considerato un’ esimente per i proprietari dei manufatti in questione rispetto alle responsabilità che la Legge pone in capo ad essi. A mio parere, dubito che queste Linee Guida possano in qualche maniera rappresentare una forma di attenuazione delle responsabilità che la Legge pone in capo a tali figure, nel caso in cui non si disponga delle risorse necessarie per attuare quanto in esse contenuto. A mio modo di vedere le responsabilità rimangono tutte immutate e sono quelle che la Legge assegna sia ai grandi concessionari autostradali sia alle figure meno dotate di mezzi e personale come gli enti locali, i consorzi di bonifica e tutti coloro che gestiscono queste particolari opere infrastrutturali. Però qui si pone un aspetto su cui va fatta una considerazione».

Quale considerazione?

«Non si può pretendere responsabilità da figure che poi non hanno risorse e che addirittura, in caso di necessità, urgenza e obbligo di procedere con rapidità, debbano soggiacere ai lacci e lacciuoli di un Codice degli Appalti che, a mio parere, ha generato solo ritardi, confusione e che andrebbe, nella più benevola delle ipotesi, interamente riscritto. Poiché i fatti a cui assistiamo da qualche tempo a questa parte ci dimostrano che il patrimonio infrastrutturale ha bisogno di interventi manutentivi importanti, è necessario ed improcrastinabile che, parallelamente all'individuazione di una metodologia per l’indagine e le verifiche sui ponti esistenti, così come suggerito dalle attuali Linee guida, vengano da un lato forniti gli strumenti normativi più idonei, veloci ed efficaci per poter disporre delle risorse necessarie e dall’altro procedure certe, trasparenti ma allo stesso tempo semplici e velocissime per l’affidamento dei lavori riguardanti gli interventi che si rendessero necessari. Faccio un esempio: se dalle verifiche si evidenziasse che un ponte ha un grave problema in fondazione, il primo intervento necessario sarebbe quello di chiuderlo al traffico, ma l’urgenza rimarrebbe sia perchè andrebbe comunque salvaguardato il manufatto dal rischio di un crollo sia perché il periodo in cui lo stesso non può essere utilizzato dalla collettività rappresenta un costo tutt’altro che irrilevante. Da qui la necessità che queste Linee Guida siano affiancate da interventi normativi che forniscano adeguato supporto agli addetti del settore. Quindi il responsabile, il funzionario o il RUP, deve poter disporre di risorse immediate e procedure chiare e certe che non lo espongano a rischi ulteriori rispetto a quelli che già gravano sugli stessi, è il caso di dire che, in questo caso, la politica, deve dare ascolto, senza alcun ritardo, a quelle che sono le esigenze del tecnico


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Vai allo Speciale sulle "Linee Guida per la Classificazione e Gestione del Rischio, la Valutazione della Sicurezza ed il Monitoraggio dei Ponti Esistenti.

Con le interviste a Massimo Sessa. Emanuele Renzi, Walter Lupi, Pietro Baratono, Walter Salvatore, Edoardo Cosenza, Andrea Del Grosso, Mario Nobili, Fabio Croccolo, Mario De Miranda, Franco Mola, Franco Braga ... 


Sul sito del MIT è possibile scaricare i seguenti documenti

Linee guida per la classificazione e gestione del rischio, la valutazione della sicurezza ed il monitoraggio dei ponti esistenti

Appendici e allegati

  • allegato A. scheda di censimento ponti
  • allegato B. scheda descrittiva di ispezione
  • allegato B. scheda fenomeni di frana e idraulici
  • allegato B. scheda di valutazione dei difetti
  • allegato C. schede difettologiche
  • allegato D. scheda di ispezione speciale