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Limiti di densità edilizia (articolo 7 DM 1444/68) ed interventi di riqualificazione

Approfondimento sul tema della densità in edilizia: i limiti di legge, le possibili deroghe regionali, come si stabiliscono le densità territoriali e fondiarie, le recenti indicazioni della giustizia amministrativa.

Ancora il DM 1444/68 fa parlare di sé.

Dopo i pluricommentati articoli 9 e 8 (distanze e altezze dei fabbricati) è ora la volta dell’articolo 7 sulla densità edilizia in merito al quale l’Autrice sintetizza gli orientamenti recenti e ormai consolidati della giurisprudenza amministrativa e costituzionale.

La conformità ai dettati del decreto ministeriale - assunti come principi della materia - appare sempre più difficoltoso stante, da un lato, l’orientamento urbanistico di consentire incrementi volumetrici e, dall’altro, la diretta valutazione rinviata al progettista dell’intervento edilizio qualora non sia mediato da uno strumento di pianificazione attuativa.

*presentazione di Ermete Dalprato


In attesa di una compiuta riforma del settore, torniamo a trattare nuovamente del DM 1444/68, la cui corretta interpretazione soffre di un problema ormai endemico che vede il contrapporsi tra potestà legislativa statale e regionale in materia di urbanistica ed edilizia.

Su questi conflitti e sulle conseguenziali difficoltà degli operatori del settore si muovono gli interventi della giurisprudenza amministrativa e costituzionale che spesso alimentano il clima di incertezza in un settore strategico dell’economia con evidenti incidenze sugli investimenti.

La densità edilizia e i limiti di legge

Tratteremo in particolare dell’art. 7 DM 1444/68, una disposizione a dire il vero di difficile lettura, in cui vengono statuiti i limiti di densità edilizia delle diverse zone territoriali omogenee posti a presidio del «primario interesse generale all’ordinato sviluppo urbano» (Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenza 5 novembre 2018, n. 6250).

È opportuno ricordare, come ribadito anche dalla Corte Costituzionale (sentenza 217/2020) , che i limiti fissati dal D.M. 1444 del 1968 (compresi densità, altezze, distanze), trovano il proprio fondamento nell’art. 41-quinquies, commi 8 e 9, della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (Legge urbanistica), ed hanno efficacia vincolante anche verso il legislatore regionale (Corte Cost. sentenza n. 232 del 2005), salvo quanto previsto oggi dall’art. 2-bis del D.P.R. n. 380 del 2001, costituendo principi fondamentali della materia.

Ne deriva che anche in occasione della disamina di norme di carattere eccezionale (es piano casa DL 70/2011) la giurisprudenza amministrativa (per tutti TAR Campania, sentenza 3 agosto 2020, n. 3474, e CdS, sezione quarta, sentenza 30 ottobre 2017, n. 4992, riguardanti specificamente i limiti di densità edilizia di cui all’art. 7 del d.m. n. 1444 del 1968) ha imposto una lettura restrittiva delle deroghe al Decreto.

Le possibili deroghe delle leggi regionali

Per quanto attiene poi il disposto di cui all’art. 2-bis DPR 380/01, introdotto dall’art. 30, comma 1, del DL 69/2013 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia, convertito, con modificazioni, nella legge 9 agosto 2013, n. 98), prevede, al comma 1, che le leggi regionali possano derogare al DM. 1444 del 1968, ma solo «nell’ambito della definizione o revisione di strumenti urbanistici comunque funzionali a un assetto complessivo e unitario o di specifiche aree territoriali».

Lo stesso legislatore statale, al successivo comma 1 bis, prevede poi che tale principio debba orientare i comuni nella definizione dei limiti di densità edilizia, altezza e distanza dei fabbricati negli ambiti urbani consolidati del territorio.

Si tratta di una norma che recepisce gli assunti della giurisprudenza costituzionale, secondo cui le leggi regionali possono derogare alle limitazioni fissate nel DM 1444/68, solo a condizione che le deroghe siano recepite da strumenti urbanistici attuativi (funzionali a conformare un assetto complessivo e unitario di determinate zone del territorio) e non riguardino singoli edifici (per tutte, sentenze della Corte costituzionale n. 41 del 2017 e n. 231 del 2016) come, del resto, già previsto dall’art. 9, ultimo comma, del d.m. n. 1444 del 1968.

Il nodo gordiano della questione riguarda i limiti di tali vincoli e più nello specifico se questi operino solo nei confronti del pianificatore, tenuto ad adeguarvisi nell’approvazione di nuovi strumenti urbanistici o nella revisione di quelli esistenti, ovvero trovino diretta applicazione nei confronti dei proprietari frontisti.

Questa ultima ipotesi, che imporrebbe l’inserimento automatico dei limiti di densità previsti dall’art 7 DM 1444/68 con diretta precettività degli stessi, muove dalla funzione teleologica delle norme regolamentari concernenti l’altezza/distanza/densità degli edifici che è quella, non soltanto di tutela dell’igiene pubblica, ma, anche di preservazione del decoro e dell’indirizzo urbanistico dell’abitato (cfr. in termini ad es. Cons. Stato, sez. IV, 12 luglio 2002, n. 3931).

Si pone pertanto in questione come i principi sopra espressi si concilino con gli interventi normativi statali e regionali, poi tradotti nell’ambito degli strumenti di pianificazione generale, volti ad incentivare la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente anche attraverso la previsione di incentivi volumetrici.

Come si stabiliscono le densità territoriali e fondiarie

Limitando l’analisi alle zone B, od a queste equiparate, in ragione dell’abbandono nominale da parte di più disposizioni regionali delle zonizzazioni così come declinate dall’art. 2 del medesimo Decreto, l’art 7 DM 1444/68 prevede che le densità territoriali e fondiarie siano stabilite in sede di formazione degli strumenti urbanistici tenendo conto delle esigenze igieniche, di decongestionamento urbano e delle quantità minime di spazi previste dai precedenti artt. 3, 4 e 5.

In caso di trasformazioni di singoli edifici mediante demolizione e ricostruzione, la norma d’interesse statuisce che non siano ammesse “densità fondiarie superiori ai seguenti limiti:

  • 7 mc/mq per comuni superiori ai 200 mila abitanti;
  • 6 mc/mq per comuni tra 200 mila e 50 mila abitanti;
  • 5mc/mq per comuni al di sotto dei 50 mila abitanti.
Gli abitanti sono riferiti alla situazione del Comune alla data di adozione del piano.
Sono ammesse densità superiori ai predetti limiti quando esse non eccedano il 70% delle densità preesistenti
”.
L’indice di densità fondiaria e quello territoriale vengono tradotti nel quadro delle definizioni tecniche uniformi allegate al Regolamento edilizio tipo (intesa Stato – Regioni GU 268 del 16/11/2016) nei seguenti punti:
  • punto 3 indice di edificabilità territoriale (IT): quantità massima di superficie o di volume edificabile su una determinata superficie territoriale, comprensiva dell’edificato esistente;
  • punto 4 indice di edificabilità fondiaria (IF) quantità massima di superficie o di volume edificabile su una determinata superficie fondiaria, comprensiva dell’edificato esistente.
Va poi posto in evidenza che nell’ambito della strumentazione urbanista locale l’Amministrazione Comunale può prevedere indici che in linea generale rispettino le limitazioni imposte dall’art 7 DM, tuttavia la natura precettiva di tali disposizioni implica che la concreta determinazione dell’indice di edificabilità fondiaria ammissibile dovrà essere necessariamente verificata in sede progettuale tenendo conto della situazione reale in fatto.
Pertanto le limitazioni di densità statuite dall’articolo in commento, si traducono in un vincolo nella redazione dei progetti allegati ai titoli edilizi da parametrare in ragione della superficie catastale d’intervento e dell’edificato esistente, il cui rispetto dovrà essere asseverato dal progettista incaricato e verificato in sede istruttoria dagli uffici tecnici.

Le recenti indicazioni del Tar Emilia-Romagna

Tale è la conclusione assunta da un recente sentenza del TAR Emilia Romagna (sez II n 261/2023), in relazione ad un contenzioso riguardante un permesso di costruire, tacitamente assentito, per la realizzazione di un intervento di ampliamento di un fabbricato esistente posto in essere sia attraverso la sua sopraelevazione sia edificando un ulteriore corpo di fabbrica, in un lotto libero adiacente, strutturalmente collegato all’edificio esistente.
La sentenza merita di essere segnalata in quanto viene statuito che:
  • l’intervento assentito con il titolo edilizio, consistente in un ampliamento eseguito, non soltanto mediante l’ampliamento di un fabbricato preesistente, da attuarsi in un lotto libero, ma anche mediante parziale demolizione e ricostruzione del piano terra del preesistente edificio, avrebbe dovuto rispettare il limite di densità edilizia di 5 mc./mq. previsto per le zone B dall’art.7 c.1. n.2 del D.M. 1444 del 1968, calcolato secondo le definizioni tecniche uniformi;
  • le disposizioni derogatorie regionali assunte ai sensi dell’art. 2 bis comma 1 DPR 380/01, che prevedono per l’appunto deroghe ai limiti di densità edilizia, di altezza e distanza tra fabbricati previsti dal DM 1444/68, debbono essere recepite da strumenti urbanistici attuativi con previsioni volumetriche e non possono riguardare singoli edifici ( nello specifico veniva in questione quanto previsto dall’art. 7 ter comma 3 bis LR Emilia Romagna n 20/20 che in relazione ad alcuni interventi di riqualificazione prevede che “Gli eventuali incentivi volumetrici riconosciuti per l'intervento possono essere realizzati con la soprelevazione dell'edificio originario, anche in deroga al D.M. n. 1444 del 1968, artt. 7, 8 e 9 nonchè con ampliamento fuori sagoma dell'edificio originario laddove siano comunque rispettate le distanze minime tra fabbricati di cui all'art. 9 del medesimo decreto o quelle dagli edifici antistanti preesistenti, se inferiori" )
Ne consegue pertanto che, nella realizzazione degli interventi di riqualificazione del patrimonio edilizio in cui si intendano utilizzare anche incrementi volumetrici, occorre tenere in considerazione i seguenti punti evidenziati dalla pronuncia in commento:
  • diretta precettività delle disposizioni contenute all’art. 7 DM 1444/68, la cui verifica compete in primo luogo al progettista abilitato che, ai sensi dell’art. 20 comma 1 DPR 380/01, deve asseverare la conformità del progetto alla normativa incidente sulla disciplina dell’attività edilizia;
  • possibilità di derogare a tali disposizioni, non attraverso interventi puntuali ma unicamente nell’ambito di strumenti urbanistici attuativi in cui siano approvate anche specifiche previsioni volumetriche.

LA SENTENZA DEL TAR EMILIA-ROMAGNA E' SCARICABILE IN ALLEGATO PREVIA REGISTRAZIONE AL PORTALE

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