Le Software House: come operano, utilità sociale, come potrebbero essere più utili alla collettività
Articolo pubblicato in data: 04/05/2018
La pubblicazione delle nuove norme per l’ingegneria strutturale antisismica NTC2018 (con il brevissimo margine per l’entrata in vigore “vacatio legis” di soli 30 giorni), normativa molto avanzata e che aumenta la sicurezza della popolazione dai sismi, sempre più frequenti e sempre di intensità maggiore, ci ha dato spunto per aprire un dibattito e fare delle considerazioni sul ruolo delle Software House, di fatto sempre di più anello indispensabile di congiunzione tra il mondo scientifico e normativo e quello dei professionisti.
Lo sviluppo delle Software House
Non è un caso che la produzione di software sia nata in ambienti tecnico scientifici che, appunto, sono quelli più soggetti ad elaborazioni di grandi masse di dati ed alla gestione di problematiche ad alto contenuto scientifico.
La Software House, a nostro parere, è il luogo dove si opera con la continua ricerca scientifica sia per ciò che riguarda la programmazione sia nel campo dell’informatica in generale. In Italia tale produzione si è sviluppata a partire dalla seconda metà degli anni ‘60, ed è cresciuta in modo esponenziale con il progresso delle capacità degli elaboratori e soprattutto con l’arrivo dei personal computer. Un’azienda Italiana, la OLIVETTI, ne è stata all’epoca la promotrice con la produzione del P101, primo personal computer da tavolo prodotto al mondo con appena 500 bit su nuclei magnetici, apprezzato anche negli ambienti della NASA che ha acquistato ben 500 esemplari per il progetto spaziale APOLLO. Per arrivare ai giorni nostri con entità di memoria all’epoca inimmaginabili anche negli strumenti come un Tablet o un Personal o anche un iphone con memorie che raggiungono i Giga (miliardi) di bytes o addirittura i Tera (migliaia di miliardi) di bytes.
Ovviamente l’evoluzione dei computer e dei software è avvenuta parallelamente, e negli anni le Software House hanno costantemente dovuto pensare a nuove soluzioni matematiche per risolvere le problematiche scientifiche sfruttando al massimo le ridotte potenzialità di cui si disponeva, dovendo sempre rispettare le finalità delle leggi da gestire.
Proprio le ridotte capacità di memoria negli anni ‘70 e ’80 hanno spinto gli sviluppatori di programmi per il calcolo strutturale ad utilizzare metodi iterativi, quali il metodo Gaspard Kani, il metodo Kiyoshi Muto, il metodo Cross classico oppure Cross-Pozzati. In quegli anni le Software House cominciavano i primi passi con il metodo degli elementi finiti, metodo studiato e reso disponibile dall’università Californiana di Berkeley nell’anno 1968. Il problema però era sempre lo stesso, ovvero la disponibilità di memoria e la velocità dei processori. A questo punto sono stati studiati i più svariati metodi per la gestione matriciale: matrici bandate e sistemi per ridurre la larghezza della banda, matrici sparse, approssimazioni come la condensazione statica considerando gli impalcati indeformabili alle azioni orizzontali e complanari e ridurre la memoria necessaria, analisi dinamica lavorando nel sottospazio con il metodo del prof. Wilson. In altre parole, sono stati spesi anni di studi ed affinamenti e per ottenere con poca memoria e con processori lenti, il massimo dei risultati, sia dal punto di vista della correttezza dei risultati che per una accettabile velocità di esecuzione degli algoritmi.
Con ciò si vuole sottolineare l’enorme lavoro che hanno da sempre svolto le Software House con la massima professionalità che, purtroppo, non sempre viene sempre riconosciuto, e anzi spesso è talmente sottovalutato da non considerare un vero e proprio valore il concetto di aggiornamento stesso, che invece è sinonimo di migliorie, di aggiornamento tecnologico, di migliori soluzioni, oltre che ovviamente di aggiornamento normativo.
Il ruolo delle Software House oggi
Oggi senza l’opera delle Software House e senza i computer molte attività umane sia scientifiche che gestionali sarebbero impossibili date le grandi masse di dati da gestire e date le necessità delle applicazioni scientifiche che mirano ad avvicinarsi sempre di più al vero. Le stesse legislazioni, sempre più evolute, sarebbero rimaste inesplorate senza strumenti adeguati come il software prodotto dalle Software House ed i computer, per i quali si prevede entro un decennio una crescita di capacità di mille volte, con grande soddisfazione delle Software House e degli ambienti scientifici.
In Italia nel 2007 nasce l’”AIST” (Associazione Italiana Software Tecnico), per volere di due produttori di software la STA data e la STACEC srl, rappresentati rispettivamente da Adriano Castagnone e da Cosimo Alvaro, che ha visto l’adesione di tante Software House che ne hanno condiviso l’iniziativa, occupandosi di una o più tipi di problematiche tecniche, quali: Progettazione Strutturale, Termotecnica, Contabilità lavori, Topografia, BIM, CAD ecc.
L’Associazione nasce dalla consapevolezza delle difficoltà incontrate quotidianamente dalle Software House che operano negli ambiti della progettazione e che giornalmente si trovano a dover rispondere alle esigenze da parte degli utenti di avere un software sempre aggiornato, efficiente e soprattutto “utile”. AIST crede da sempre nel software “utile”, che consenta quindi veramente all’utente di eliminare il tempo dedicato alle operazioni ripetitive e non qualificanti e progettare in modo più qualificato e produttivo accorciando i tempi ed esaltando la professionalità degli utenti.
Il software quindi visto come coadiuvo ed esaltazione della professionalità del progettista e non come sostituto della stessa!
Alle difficoltà fin qui elencate, si aggiungono, infatti, le resistenze di alcuni ambienti che hanno visto le Software House quasi come un elemento di disturbo, immaginandole evidentemente come Aziende con l’esclusivo scopo di lucro, senza considerare le reali competenze che si celano dietro lo sviluppo di procedure spesso molto complesse. Ne è dimostrazione la serietà e la tempestività con cui vengono rilasciate le versioni dei programmi allineate alle nuove normative. Peccato che ciò in alcuni casi venga ciecamente visto semplicemente come un “approfittare” del tecnico, il quale viene invece servito dal lavoro qualificato degli operatori produttori del software, e che quindi vuole essere molto più semplicemente da parte delle Software House un cercare sempre di mettere l’utente in condizione di operare sicuro nel suo impegno lavorativo.
Anche grazie al lavoro di Associazioni come AIST, oggi si è creato un clima di costruttiva collaborazione tra le Software House, da un lato, e Università e Ordini Professionali dall’altro. Non è raro che, visto il particolare lavoro di studio e applicazione fatto dai produttori di software, essi siano chiamati a tenere lezioni e seminari di approfondimento a studenti e professionisti. Questo riconoscimento si è ulteriormente concretizzato a partire dal 2010, durante la stesura delle nuove Norme Tecniche per le Costruzioni, quando l’AIST si fece promotore di suggerimenti ed indicazioni molte delle quali apprezzate dalle Commissioni del Ministero delle Infrastrutture.
Si spera che il ruolo delle Software House ed in particolare di Associazioni come AIST, grazie alle conoscenze acquisite in fase di sviluppo, e arricchite dal costante rapporto con i Professionisti, possa essere definitivamente riconosciuta al punto da coinvolgerle in una partecipazione più attiva alle varie fasi della stesura delle normative. La “traduzione in software” delle normative è un’operazione che obbliga ad approfondire ed a superare le difficoltà applicative che puntualmente si verificano, sia per i ridottissimi tempi di vacatio legis (come nel caso delle NTC 2018), sia per concretizzare scelte di limitata importanza strutturale ma di enorme difficoltà di verifica, e che spesso mal si adattano alle tecnologie costruttive Italiane.