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Le Scienze della Terra devono essere al centro della programmazione territoriale

Le Scienze della Terra devono essere al centro della programmazione territoriale

Negli ultimi mesi, complici le dimissioni di Vasco Errani da Commissario per le zone terremotate di Umbria, Marche, Abruzzo e Lazio, il terremoto di Casamicciola, e la recentissima alluvione di Livorno, sono tornate prepotentemente alla ribalta alcune questioni che vedono contrapposti ingegneri e geologi.
Su tutte quelle questioni ho già avuto modo di esprimere le mie considerazioni in passato ma ritengo, vista la confusione generate da interviste e comunicati stampa, di dover tornare sugli argomenti soprattutto a beneficio del cittadino non esperto in materia.

 

La prima questione riguarda la famosa geotecnica e, conseguentemente, le NTC (Norme Tecniche sulle Costruzioni) che in parte la disciplinano.
Come ho avuto modo di dire non possiamo non considerare al riguardo quanto detto dal padre della geotecnica e da molti grandi esponenti di quella disciplina: essa è materia concorrente; il fatto stesso che elemento fondante (!) di quella sia il sottosuolo dovrebbe tagliare la testa al toro ma, come abbiamo sentito così non è. Che questo si traduca in una insufficienza delle norme sulle costruzioni e soprattutto in un difetto evidente di sicurezza pare essere secondario e, purtroppo, neanche i titolatissimi organismi che dovrebbero sovrintendere alla materia sono in grado di assicurare il giusto equilibrio fra le due discipline.
Una parola va pure spesa sulla cosiddetta micro-zonazione sismica e, a cascata, sugli effetti di sito.
Essa, come noto, con buona pace di tanti intervistati a valle dell’ultimo terremoto, è una operazione scientifica davvero complessa che ha lo scopo di conoscere perfettamente il sottosuolo di una certa zona (l’operazione dovrebbe avvenire almeno a scala comunale o sub-comunale) ovvero le sue condizioni geologiche, geomorfologiche, idrogeologiche e geotecniche, che possono alterare in modo sensibile le caratteristiche dell’onda sismica al suo passaggio generando amplificazioni ovvero smorzamenti della medesima.
Se non dovessi essere stato chiaro o per chi non avesse capito, ricordo che stiamo parlando esclusivamente di sottosuolo, nella sua accezione più vera e specifica.

A maggior ragione se il campo si restringe agli effetti di sito, termine con il quale si indicano tutti quegli effetti geologici a livello locale dell'immediato sottosuolo, dovuti appunto alle caratteristiche geologiche e geomorfologiche proprie, che rendono il luogo più o meno soggetto a danni conseguenti il passaggio dell’onda sismica.

Io credo che sia la prima che questa operazione, appartengano di diritto a coloro che hanno un curriculum studiorum teso alla conoscenza della geologia regionale, al riconoscimento dei litotipi, allo studio sulla loro formazione e storia geologica, alla loro successione, alla loro giustapposizione nello spazio, alla struttura ed alla tettonica, alla presenza di acqua e della sua conseguente circolazione, alle caratteristiche tecniche in sito e via discorrendo.
Se così è, la conclusione logica, semplice e diretta è una sola: quegli esperti sono gli studiosi di Scienze della Terra e nessun altro.

E veniamo all’ultima alluvione. Duecento millimetri di pioggia in circa cinque ore, ovvero quanto piove normalmente in quella città in cinque mesi, non è questione di poco conto e non c’è dubbio che qualsiasi rete scolante, naturale o artificiale che sia, sarebbe stata messa in crisi.
Ma è possibile, ancora oggi, morire in un seminterrato? O essere travolti dall’acqua mentre si viaggia in auto?
Premesso che fossi, torrenti e fiumi vanno messi in sicurezza, noi sappiamo comunque che oggi esiste la possibilità di mappare un territorio in ragione dell’entità dell’esondazione conseguente un evento meteo atteso; siamo cioè in grado di sapere, tramite simulazioni molto puntuali, quali siano le aree a rischio maggiore rispetto alle altre ovvero, in rapporto alla piovosità, discriminare le aree con spessori diversi della lama d’acqua che colpirà una certa zona.

Se a questo sommiamo che gli allerta vengono diramati con anticipo e che quindi si sarebbe in grado, rispetto a queste mappature se esistenti, di inviare messaggi personalizzati agli abitanti di una certa zona dobbiamo chiederci perché ancora oggi si hanno comportamenti che, in caso di alluvione, mettono in pericolo la nostra vita e quella degli altri e anche dei soccorritori. Dico questo perché, nella mia lunga attività professionale, ho potuto purtroppo verificare con mano che spesso le persone, per ignoranza, per paura, per eccesso di sicurezza, adottano comportamenti pericolosissimi che mettono appunto a repentaglio la loro vita. Mentre invece ciascuno dovrebbe essere ben consapevole dei comportamenti da adottare e seguire scrupolosamente e le amministrazioni locali dovrebbero provvedere a diffondere quella consapevolezza fra la popolazione a cominciare dalle scuole elementari.

Voglio perciò provare qui a riproporre un decalogo di regole che dovrebbe essere utile allo scopo, precisando che è solo una prima indicazione che altri, più titolati di me, potrebbero correggere o integrare.
1) interrompere l'erogazione dell'energia elettrica e l'erogazione del gas se centralizzato, chiudere le bombole di gas degli impianti individuali;
2) non usare gli ascensori;
3) salire ai piani alti e mai scendere negli scantinati per nessun motivo;
4) non avventurarsi nelle strade allagate a piedi o con qualsiasi altro mezzo di locomozione;
5) se sorpresi dalla piena lungo una strada entrare nel primo portone aperto e salire ai piani superiori senza forzare in alcun modo la corrente;
6) se sorpresi dalla piena in auto abbandonare immediatamente l'auto e portarsi nell'edificio più vicino raggiungendo i piani più alti;
7) non accedere ai sottopassi, anche quando sembrano asciutti, se non dopo essersi accertati dell'assenza di pericolo;
8) non attraversare ponti anche quando la lama d'acqua che li sormonta sembra essere modesta;
9) non trattenersi lungo gli argini dei fiumi o sui ponti perché in caso di esondazione c'è la possibilità di rimanere isolati dall'acqua che è fuoriuscita in altri punti rispetto a quello in cui siamo e perché potenzialmente soggetti a crollo;
10) evitare di abbandonare un luogo sicuro per raggiungere amici o conoscenti.