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Le norme sui beni culturali: un patrimonio da restaurare a regola d’arte

Oggigiorno quando parliamo di beni culturali e conservazione del patrimonio culturale ci riferiamo ad un pacchetto normativo composto da più di 70 norme, dove le più anziane sono prettamente nazionali mentre le più recenti sono documenti europei a forte trazione italiana. In questo articolo una guida alle norme UNI relative ai metodi di campionamento e test sui materiali storici.

Il patrimonio culturale è uno dei punti di forza del nostro Paese

A dimostrarlo sono i numeri, che assegnano all’Italia il maggior numero di siti riconosciuti Patrimonio Mondiale dell'UNESCO, ben 55, e i quasi 5.000 musei aperti al pubblico, per non parlare delle “città d’arte”. Questo è un primato che, insieme all’orgoglio, comporta anche la responsabilità della corretta ed efficace tutela, conservazione e valorizzazione dei beni culturali per la loro fruizione, in coerenza con il principio fondamentale dell’articolo 9 della Costituzione: “La Repubblica…tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”.

Bisogna subito fare un distinguo sui termini in gioco. A partire dal verbo usato dalla Costituzione, la tutela è l’attività diretta a riconoscere, proteggere e conservare un bene culturale affinché possa essere offerto alla conoscenza e al godimento collettivi. Allo stesso tempo la conservazione è l’attività per mantenere l’integrità, l’identità e l’efficienza funzionale del bene, in maniera coerente, programmata e coordinata tramite lo studio, la manutenzione e il restauro. Infine, la valorizzazione è l’attività diretta a migliorare le condizioni di conoscenza e di conservazione del patrimonio culturale e a incrementarne la fruizione pubblica, per trasmettere i valori di cui è portatore.

Per garantire che queste attività rendano “sostenibili” i beni culturali (cioè che noi adesso possiamo goderne senza pregiudicare l’analogo godimento da parte delle generazioni future), la normazione tecnica volontaria UNI fornisce gli strumenti più validi grazie anche a una convenzione siglata nel 1996 con l’allora Ministero per i Beni Culturali, finalizzata all'elaborazione di norme tecniche.

Le attività normative e il ruolo di UNI

In ambito nazionale (UNI), l’attività viene svolta dalla Sottocommissione UNI/CT 03/SC 01 "Beni culturali" che opera all’interno della Commissione Tecnica "Prodotti, processi e sistemi per l'organismo edilizio". In circa 25 anni di attività ha elaborato circa 40 norme nazionali UNI principalmente su:

  • terminologia,
  • la classificazione,
  • l’analisi,
  • la valutazione degli interventi riguardanti materiali lapidei,
  • malte e manufatti lignei,
  • misurazioni microclimatiche in aria e la misurazione dei parametri fisici nei materiali;
  • la rilevanza del microclima storico e del suo rispetto nel caso dei materiali organici vulnerabili ai cambiamenti di umidità;
  • il riscaldamento e la ventilazione di edifici storici o contenenti beni culturali;
  • il miglioramento della prestazione energetica degli edifici storici;
  • specificazioni concernenti l’idoneità degli ambienti per l’esposizione o il deposito di beni culturali;
  • le vetrine espositive;
  • principi di imballaggio e metodi per il trasporto;
  • attività di conservazione, restauro, manutenzione su manufatti lignei;
  • metodi di prova per la verifica della presenza di microrganismi fotosintetici su materiali del patrimonio culturale.

Grazie alla forza dei numeri del proprio patrimonio artistico e culturale e alle competenze tecniche possedute, l’Italia ha fortemente voluto la creazione del comitato tecnico europeo CEN/TC 346 Conservation of Cultural Heritage, che dalla sua costituzione nel 2002 è stato guidato dal nostro paese fino ad oggi, la cui presidenza, da sempre supportata dalla segreteria UNI, è attualmente affidata ad Antonio Sansonetti del CNR-Istituto di Scienze del Patrimonio Culturale. In tale contesto l’Italia ha avuto la possibilità di trasferire a livello europeo una serie di norme tecniche di ispirazione italiana, grazie a una consolidata esperienza acquisita negli anni, e di incidere così sui lavori di normazione europea.

È possibile quindi affermare che la normazione tecnica per i beni culturali “parla italiano” e che l’Italia può fortemente influire sulla sua evoluzione a livello europeo, per fare in modo che le tecniche di indagine, protezione, conservazione e valorizzazione applicate ovunque conservino il “saper fare” italiano.

Come campionare e testare i materiali dei beni culturali

Un caso esemplificativo è quello della norma UNI EN 16085 “Conservazione dei beni culturali. Metodologia per il campionamento dei materiali costituenti i beni culturali - Regole generali”, che nasce dalla necessità di stabilire dei principi base e regole imprescindibili cui attenersi quando, per scopi conservativi o di restauro, si debbano intraprendere delle indagini conoscitive sui materiali costituenti il bene oggetto di attenzione. La norma ha carattere generale per il campionamento dei materiali costituenti i beni culturali al fine di caratterizzarli durante tutte le fasi della conservazione. La UNI EN 16085 prende in considerazione i casi in cui si renda necessario effettuare indagini scientifiche, per esempio per caratterizzare i materiali e il loro stato di conservazione, determinare le cause e/o i meccanismi di deterioramento, per meglio decidere le azioni necessarie da intraprendere allo scopo di conservare il bene perché giunga inalterato anche alle future generazioni. Il campionamento è invasivo e causa inevitabilmente danni, per quanto piccoli. Infatti, dovrebbe essere effettuato solo se fortemente motivato e con la più stretta consultazione dei responsabili dell’oggetto e di chi studierà i campioni. Prima di effettuare tale campionamento, dovrebbe essere svolta una consultazione affinché si possa considerare di applicare metodi non invasivi per ottenere le stesse informazioni.

Questa norma si collega direttamente alle UNI EN 16095 e UNI EN 16096 che permettono di stabilire una registrazione appropriata o un rapporto dello stato di conservazione dei beni culturali. Sullo stesso principio della UNI EN 16085 si basano anche le norme UNI EN 15801 e UNI EN 15803 che hanno un approccio similare tra loro.

La norma UNI EN 15801 “Metodi di prova - Determinazione dell’assorbimento dell’acqua per capillarità”, specifica un metodo di prova per la determinazione dell’assorbimento dell’acqua per capillarità di materiali porosi inorganici utilizzati per, e che costituiscono, il patrimonio culturale. Il metodo di prova può essere applicato a materiali porosi inorganici sia non trattati che sottoposti a qualsiasi trattamento o invecchiamento elencando le necessarie apparecchiature di prova, le modalità di preparazione dei provini, la definizione del relativo procedimento di prova, al fine di ottenere risultati certi da riportare nel resoconto di prova.

Allo stesso modo la norma UNI EN 15803 “Metodi di prova - Determinazione della permeabilità al vapore d'acqua (dp)”, specifica un metodo per la determinazione della permeabilità al vapore d’acqua (WVP) di materiali porosi inorganici utilizzati per, e che costituiscono, il patrimonio culturale. Il metodo può essere applicato a materiali porosi inorganici sia non trattati che sottoposti a qualsiasi trattamento o invecchiamento. Vengono elencate le necessarie apparecchiature di prova, le modalità di preparazione dei provini, la definizione del relativo procedimento di prova, al fine di ottenere risultati certi da riportare nel resoconto di prova.

Le norme nazionali: legno, malta e raggi X

Venendo all’esperienza nazionale, possiamo ricordare una serie di norme che permettono di svolgere analisi particolareggiate oppure si dedicano ai materiali da costruzione storici come possono essere legno e malte.

Ad esempio, la norma UNI 10705 “Beni culturali - Analisi per fluorescenza a raggi X con strumentazione portatile” fornisce alcuni criteri generali per lo studio dei materiali e per l’esecuzione di accertamenti non distruttivi mediante analisi per fluorescenza a raggi X (XRF) con strumentazione portatile. La tecnica XRF portatile si applica per la determinazione dei pigmenti utilizzati su dipinti su tela, su tavola e ad affresco, per la decorazione di ceramiche, per la colorazione dei vetri e per la caratterizzazione di leghe metalliche, nel qual caso per la determinazione quantitativa, occorre utilizzare, come riferimento, campioni a composizione nota.

In particolare questa tecnica può essere utilizzata anche per applicazioni specifiche. Nel caso di oggetti metallici può essere applicata per evidenziare eventuali differenze di composizione delle singole parti dell’oggetto dovute a diverse fasi di esecuzione o ad interventi successivi. Oppure nel caso dei pigmenti può essere svolto il riconoscimento dell’originalità degli stessi attraverso l’individuazione della presenza di impurezze.

La XRF è una tecnica di spettroscopia in emissione di raggi x che permette l’identificazione degli elementi chimici che sono presenti, o compongono, il campione esaminato. L’analisi consiste nell’irradiazione del campione da parte di un sottile fascio di raggi X ad energia ed intensità appropriate che interagendo con il campione è in grado di creare una vacanza nel guscio interno dell’atomo di un elemento. Tale posizione viene successivamente rioccupata da un elettrone che appartiene ad uno dei gusci più esterni, producendo nella diseccitazione un fotone con energia pari alla differenza tra le energie dell’elettrone nelle due posizioni iniziale e finale. La radiazione di fluorescenza emessa da un elemento chimico presenta uno spettro caratteristico con righe ad energie note e tabulate, che dipendono dal suo spettro di livelli energetici e che lo rendono in linea di principio riconoscibile da ogni altro elemento.

La norma UNI 11202 “Manufatti lignei - Determinazione e classificazione delle condizioni dell'ambiente”, specifica i criteri per valutare se le condizioni climatiche di un dato ambiente sono idonee ai fini della conservazione di determinati manufatti lignei, e fornisce una procedura per l’applicazione di tali criteri. Fornisce dei criteri basati sulla conoscenza dei principali fattori che possono causare il degradamento del legno o dei manufatti lignei di interesse, e che sono correlabili con le condizioni termoigrometriche ambientali, in particolare i fattori riguardanti il rischio di degradamento biologico, e i fattori riguardanti i ritiri/rigonfiamenti del legno ed i fenomeni fisico-meccanici connessi.

L’applicazione di questi criteri si basa sulla valutazione dei valori e delle variazioni della temperatura e dell’umidità relativa dell’aria, in funzione dei valori e dei gradienti di umidità che potranno generare negli elementi lignei di interesse. Riconoscendo che ogni singola situazione presenta caratteristiche singole e irrepetibili, la norma specifica che la suddetta valutazione deve essere effettuata caso per caso, in funzione delle caratteristiche dei manufatti specificamente interessati, del loro stato di conservazione, dei meccanismi di degradamento significativi.

La norma UNI 11202 è applicabile a qualsiasi tipo di manufatti lignei costituenti il patrimonio culturale. Può essere utilizzata per scopi diversi. Ad esempio per valutare l’idoneità dell’ambiente nel quale il manufatto è collocato. Oppure per valutare l’idoneità di un ambiente nel quale il manufatto dovrà essere trasferito (sia temporaneamente, sia definitivamente). O ancora per definire le caratteristiche di un ambiente da realizzare (nuovo fabbricato, nuovi impianti e/o metodi di condizionamento, ecc.).

I criteri di idoneità specificati dalla norma tengono conto esclusivamente dei fattori di degradamento del legno e dei manufatti lignei legati alle condizioni termoigrometriche ambientali e all’eventuale contatto con acqua liquida. Ai fini della valutazione globale di idoneità di un ambiente alla conservazione di determinati manufatti, occorre però tenere conto non soltanto dei fattori di degradamento riferibili al legno trattati in questa norma, ma anche di qualsiasi altro fattore significativo.

Direttamente collegata alla UNI 11202 vi è la norma UNI 11204 “Manufatti lignei - Determinazione dell'umidità” che descrive i criteri e i limiti per la determinazione o per la stima dell’umidità del legno su beni culturali in cui questo materiale sia a qualsiasi titolo presente (materiale costituente principale oppure accessorio).

La norma si applica indipendentemente dal metodo o dalla combinazione di metodi usati, la cui illustrazione costituisce l’oggetto di altre norme. L’impiego di qualsiasi metodo per la determinazione o per la stima dell’umidità del legno su beni culturali deve essere oggetto di una valutazione caso per caso, in funzione delle specifiche caratteristiche del bene culturale oggetto di indagine, al fine di rendere la distruttività e l’impatto del metodo compatibili con le peculiari e spesso irripetibili esigenze di conservazione del bene culturale medesimo. Infatti, nel caso di manufatti lignei di interesse storico, artistico e archeologico, sono pochi i casi in cui si ricorre unicamente alla determinazione dell’umidità del legno, perché non sono idonei a soddisfare la frequente esigenza di conoscere la distribuzione dell’umidità all’interno del manufatto stesso. Bisogna evidenziare che i metodi diretti sono distruttivi e hanno quasi sempre un elevato impatto sul manufatto che, al contrario, dovrebbe essere conservato. Per questo che si dovrebbe prediligere la stima dell’umidità.

La norma UNI 11186Materiali lapidei naturali ed artificiali - Metodologia per l'esposizione a cicli di gelo e disgelo”, finalizzata alla valutazione delle variazioni delle caratteristiche dei materiali, stabilisce un metodo di prova per l’esposizione a cicli di gelo e disgelo da impiegarsi per materiali lapidei naturali ed artificiali, trattati e non trattati. Il comportamento dei provini viene determinato periodicamente attraverso la misurazione di alcune caratteristiche: aspetto visivo e descrizione del danno, variazione della massa secca e della massa umida, capacità di imbibizione.

La norma UNI 11305 “Malte storiche - Linee guida per la caratterizzazione mineralogico-petrografica, fisica e chimica delle malte”, descrive le linee guida per la caratterizzazione esaustiva di una malta storica e per la valutazione del suo stato di conservazione, indicando i parametri che devono essere considerati.

Tali parametri sono suddivisi in due gruppi in funzione del sistema di misurazione: il primo sono le caratterizzazioni macroscopiche in situ; il secondo, le analisi di laboratorio su campioni prelevati. Nella norma si ritrova nell’appendice A che, per ogni parametro previsto, sono indicate le metodologie analitiche comunemente impiegate e, quando esistenti, le normative di riferimento a cui attenersi. Nella successiva appendice sono illustrati gli schemi delle sequenze analitiche da adottare in laboratorio con note esplicative delle diverse procedure. Le analisi hanno lo scopo di fornire elementi utili per una corretta formulazione di malte da restauro al fine di assicurare la compatibilità con i materiali contigui.

La norma si applica alle malte utilizzate, indipendentemente dalla funzione da loro svolta, in costruzioni ed in edifici di interesse culturale ed ambientale. Si suggerisce di avvalersi della UNI 11176 per la descrizione petrografica della malta e la UNI 11488 che descrive i criteri per la classificazione, la definizione della composizione e la valutazione delle caratteristiche prestazionali delle malte che devono essere impiegate negli interventi di restauro di manufatti e opere di interesse storico-artistico-architettonico-archeologico.

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