Le moderne tecnologie antisismiche usate per adeguare e ricostruire il patrimonio storico-artistico
Nell'articolo, oltre ai moderni sistemi e dispositivi antisismici utilizzati nel restauro, sono descritte alcune applicazioni in Italia, tra cui quelle in leghe a memoria di forma, quelle oleodinamici di vincolo provvisorio e altre usati su chiese e campanili. Esempio finale, la ricostruzione, con dissipatori ad instabilità impedita, della “Torre dell’Orologio” del Castello di Gemona, distrutto dai terremoti del Friuli del 1976.
Sistemi e dispositivi da utilizzare per proteggere il patrimonio storico-artistico dai terremoti
Almeno in Italia, l’utilizzazione degli isolatori sismici per la protezione delle costruzioni di interesse storico-artistico è giudicata ammissibile solo se tali dispositivi sono installati in sottofondazione. Ciò deriva dall’esigenza di minimizzare le modifiche delle caratteristiche architettoniche di tali costruzioni. Per rendere il suddetto intervento possibile, ritengo molto interessante, in particolare, la cosiddetta “Struttura di Isolamento Sismico per Edifici Esistenti” (SISEB), sviluppata dopo il terremoto dell’Abruzzo del 2009, che, come già citato in un articolo pubblicato su Ingenio, consiste nell’inserimento di tubi orizzontali in cemento armato, di notevole diametro, sotto la costruzione, con gli isolatori inseriti fra le due metà dei tubi stessi.
Però, per costruzioni come alcune chiese (dove il problema sono gli spostamenti orizzontali delle facciate e/o delle pareti laterali, durante il terremoto, per mancanza di connessioni), o come alcuni campanili abbastanza flessibili (per i quali problemi possono verificarsi, ad esempio, a causa della debolezza della parte superiore, per la presenza di grandi finestroni e per il peso delle campane), sono da anni disponibili (e sono già stati applicati, pure in Italia) anche dispositivi diversi dagli isolatori sismici: si tratta di dispositivi in leghe a memoria di forma (Shape Memory Alloy Device – SMAD), di dispositivi oleodinamici di vincolo provvisorio (Shock Transmitter Unit – STU) e di dissipatori viscosi ricentranti (Viscous Damper – VD).
Così come i VD, anche i dispositivi SMAD (costituiti da leghe nichel-titanio) sono ricentranti, in quanto (contrariamente a quanto avviene nei dissipatori isteretici) la dissipazione di energia che li caratterizza non è dovuta al “danneggiamento” del materiale, bensì ad una transizione di fase tra diversi reticoli cristallini. Gli STU, invece, permettono di realizzare connessioni rigide fra pareti adiacenti solo durante il sisma, lasciando tali pareti libere di “respirare” in assenza di scosse.
Le prime applicazioni italiane dei dispositivi in leghe a memoria di forma
L’applicazione degli SMAD per la protezione sismica di costruzioni del patrimonio culturale fu concepita, per la prima volta in Italia (e non solo), dall’Ing. Renzo Medeot della Società FIP Industriale di Selvazzano Dentro (Padova), dopo il terremoto di magnitudo M = 5,4 (VII grado Mercalli) che aveva colpito le provincie di Reggio Emilia e Modena il 15 ottobre 1996.
Questo terremoto aveva causato, fra l’altro, danni o crolli di alcuni campanili. In particolare, il Campanile della Chiesa di San Giorgio in Trignano (Reggio Emilia) si spezzò nella parte superiore, in corrispondenza dei finestroni, sotto alle campane: la porzione superiore ruotò pure di qualche grado, ma, fortunatamente, non crollò (Figg. 3 e 4).
Però, la prima applicazione italiana dei dispositivi SMAD ad essere ultimata (per motivi di urgenza) fu quella alla Basilica Superiore di San Francesco in Assisi, che era stata fortemente danneggiata dal terremoto delle Marche e dell’Umbria del 1997-98 (magnitudo M = 6,0): oltre al crollo di parte delle volte, il sisma, infatti, aveva procurato gravi danni anche ai timpani, che, per assenza di vincoli con il tetto del transetto, avevano fortemente oscillato lateralmente, urtando contro il tetto del transetto stesso (Fig. 7).
Per evitare tale martellamento, fra i due timpani ed il tetto del transetto, nel 1999 furono inseriti 47 dispositivi SMAD (Figg. 8 e 9).
La prima applicazione italiana dei dispositivi STU ad antiche chiese italiane
L’inserimento di dispositivi SMAD tra i due timpani laterali ed il tetto del transetto non fu l’unico intervento con dispositivi antisismici ad essere effettuato per il restauro della Basilica Superiore di San Francesco in Assisi.
Infatti, per irrigidire il corpo della basilica durante i terremoti, al suo interno (sulla rastrematura che si trova al di sotto delle finestre) fu installata una cerchiatura, ove sono furono 34 dispositivi STU (Figg. 10 ed 11). Anche quest’intervento fu effettuato con la collaborazione dell’ENEA (e, in particolare, mia) ed i dispositivi antisismici furono forniti dalla FIP Industriale.
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