Nell’ambito del decreto sostegni-ter, pubblicato in Gazzetta Ufficiale giovedì scorso, la misura più importante evidentemente non ha nulla a che fare con il sostegno all’economia, ma, anzi, rischia di avere un impatto formidabile, in senso purtroppo negativo, sulla ripresa economica.
Mi riferisco naturalmente alla nuova stretta che il Governo ha attuato sul versante dei bonus edilizi, con la previsione, portata dal comma 1 dell’articolo 28 del D.L. 4/2022, dell’ennesima modifica all’articolo 121 del decreto rilancio, che impedisce l’effettuazione di cessioni del credito ulteriori rispetto alla prima.
Nel caso dell’esercizio dell’opzione per lo sconto in fattura, il fornitore potrà cedere il credito acquisito ad altri soggetti, ma senza facoltà di successiva cessione da parte di questi.
Qualora invece il contribuente decida di optare per la cessione del credito d’imposta, questa sarà l’unica cessione possibile, in quanto al cessionario è preclusa la possibilità di cedere il credito.
La norma è entrata in vigore il 27 gennaio, con la pubblicazione del decreto in Gazzetta Ufficiale, e prevede una disposizione transitoria che consente una ulteriore cessione a terzi per i crediti che alla data del 7 febbraio 2022 sono stati precedentemente oggetto di una delle opzioni previste dal comma 1 dell’articolo 121 del decreto rilancio.
Vi è poi una norma di chiusura, contenuta nel terzo comma dell’articolo 28, che sancisce la nullità di tutti i contratti di cessione conclusi in violazione della nuova disciplina.
L’intervento posto in essere da parte del Governo, giustificato dalle frodi attuate nelle cessioni dei crediti, che sono state stimate in 4 miliardi di euro, appare però sproporzionato e decisamente poco lungimirante.
Uno degli elementi caratterizzanti della disciplina del superbonus, che più di ogni altro ne aveva sancito il successo, è stata proprio la possibilità, innovativa rispetto alla disciplina previgente, di consentire ai cessionari di effettuare ulteriori cessioni del credito acquisito, andando quindi al di là delle limitazioni rappresentate dalla capacità di assorbire autonomamente i crediti acquisiti utilizzandoli in compensazione con le imposte dovute.
In modo tranciante, senza la previsione di un periodo transitorio adeguato e quindi con un sostanziale effetto retroattivo, si entra a gamba tesa su un mercato del valore stimato in 15 miliardi con relative cartolarizzazioni, mettendo in questo modo a rischio non soltanto la misura del superbonus in quanto tale, con le inevitabili ricadute a livello di crescita economica, ma la sopravvivenza di molte imprese edili, che si troveranno a fronteggiare una grave crisi di liquidità in relazione ad impegni già assunti.
E questo in una situazione già compromessa dal decreto antifrode dello scorso 12 novembre, che ha determinato un rallentamento, per non dire una vera e propria paralisi, nell’attività di liquidazione dei crediti fiscali che sta mettendo a dura prova l’intero sistema.
Se il problema principale è rappresentato dal fatto che sul mercato secondario sono attivi molti soggetti non bancari, in quanto tali non tenuti a fare le segnalazioni ai fini antiriciclaggio, e quindi non soggetti al divieto di acquisto in caso di operazione sospetta introdotto dal decreto antifrode, sarebbe stato più sensato non precludere indistintamente l’effettuazione di cessioni multiple, ma limitarla ai soggetti diversi dagli intermediari bancari.
Questa ipotesi non sarebbe comunque risolutiva, in considerazione del fatto che sul mercato un ruolo primario lo svolgono anche soggetti diversi dagli istituti di credito, che dovrebbero però essere comunque al di sopra di ogni sospetto, con in prima fila le multiutilities e, cosa che rende la situazione ancora più beffarda, diverse grandi aziende a partecipazione pubblica.
A questo punto non sarebbe più sensato, anziché prevedere una misura che avrà inevitabilmente un impatto devastante sull’economia, imporre a chi intende operare su questo mercato l’obbligo di fare le segnalazioni sospette ai fini dell’antiriciclaggio?
Da più parti si invoca l’intervento del Parlamento per una correzione della misura introdotta con il decreto sostegni-ter, intervento che molto probabilmente ci sarà, ma questo continuo stop and go sta mettendo a dura prova i nervi di contribuenti e operatori del settore.
A voler pensare male viene quasi il dubbio che la proroga di una misura che il premier e il ministro dell’Economia non hanno mai nascosto di non apprezzare particolarmente, che l’Esecutivo ha subito obtorto collo, la si voglia in qualche modo “sterilizzare” attraverso interventi draconiani che, modificando le regole del gioco dalla sera alla mattina, creino un clima di incertezza e di apprensione che induca molti a desistere dal voler fruire delle agevolazioni.
Se questo è l’obiettivo, indubbiamente è stato raggiunto: ma a che prezzo?