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Le connessioni trave-pilastro nelle strutture prefabbricate: come ottimizzare le prestazioni sismiche

Le soluzioni più efficaci per il miglioramento sismico degli edifici prefabbricati si basano sulla realizzazione di connessioni dissipative sul nodo trave-pilastro e trave-elementi di copertura. Adottare tali tecnologie significa realizzare interventi di messa in sicurezza sismica in grado anche di minimizzare i danni alla struttura in caso di terremoto.

La risposta sismica degli edifici industriali prefabbricati

I danni riportati dagli edifici prefabbricati industriali in seguito agli importanti eventi sismici degli ultimi anni (L’Aquila 2009, Emilia 2012, e più recentemente Turchia 2023), hanno rivelato come alcuni dettagli costruttivi tipici di queste strutture e, in particolare, i collegamenti nel nodo trave-pilastro e trave-elementi di copertura, fossero inadeguati.

La tipologia di connessioni tra gli elementi strutturali di tali edifici, o addirittura la loro mancanza, si sono dimostrati i fattori di maggiore debolezza e ne hanno limitato fortemente le prestazioni sismiche. Il problema riguarda, più in generale, soprattutto le strutture prefabbricate esistenti non progettate con criteri antisismici e richiede interventi di riduzione del rischio sismico per eliminare le principali cause di vulnerabilità.

Prima del 2008, le norme tecniche vigenti non includevano molte zone d’Italia tra quelle a rischio sismico. La progettazione degli edifici industriali prefabbricati in queste aree avveniva quindi per le sole azioni gravitazionali e per quelle orizzontali dovute al vento, senza particolare attenzione ai dettagli costruttivi, necessari a limitare i danni provocati da un eventuale sisma.

I principali danni causati dal sisma del Nord Italia del 2012 ai capannoni prefabbricati, sono stati il crollo per perdita di appoggio di elementi di copertura, la fessurazione alla base delle colonne e il distacco dei pannelli di tamponamento.

In tutti i casi è risultato evidente che le connessioni tra gli elementi strutturali e in particolare sui nodi trave-pilastro e trave-elementi di copertura, giocavano un ruolo chiave nella risposta sismica delle strutture prefabbricate.

Per edifici non progettati per l’azione sismica, il principale punto debole è stato, senza dubbio, la mancanza di connessioni efficaci tra elementi strutturali e tra quest’ultimi e gli elementi non strutturali.

  

Fig.1 Collasso della copertura di struttura prefabbricata per perdita d’appoggio (Mirandola 2012)
Fig. 1 Collasso della copertura di struttura prefabbricata per perdita d’appoggio (Mirandola 2012) (@Sismocell)

  

In passato, nelle strutture realizzate in zone non classificate come sismiche, il contrasto alla trasmissione delle forze orizzontali veniva affidato unicamente all’attrito; tale soluzione costruttiva si è rivelata inefficace in presenza di azioni sismiche ed è vietata nella progettazione antisismica dalle normative vigenti.

 

Il ruolo dell’attrito

Durante il sisma del 2012 in Emilia, nei capannoni prefabbricati privi di collegamenti è risultato determinante il ruolo giocato dall’attrito. In assenza di connessione tra elementi strutturali, l’attrito ha funzionato come parziale vincolo senza fine corsa: superata la forza dell’attrito gli elementi si sono spostati, superata la disponibilità di appoggio gli elementi sono crollati.

La possibilità di fare affidamento sull’attrito è infatti in molti casi stata vanificata dalla componente verticale dell’azione sismica che ne ha annullato o comunque ridotto significativamente l’effetto.

Si sono così verificate due situazioni:

  • crollo di elementi di copertura per eccessivo spostamento, prevalentemente in strutture che presentavano delle evidenti irregolarità nella distribuzione planimetrica, risultando l’attrito insufficiente a garantire la connessione tra elementi strutturali.
  • assenza di danneggiamento della struttura in situazione di regolarità nella distribuzione planimetrica, che mostra come l’attrito abbia giocato un ruolo importante nel garantire il trasferimento di azioni orizzontali tra copertura e pilastri, compatibili con la resistenza di quest’ultimi.

Non risultano documentate situazioni in cui, in assenza di collegamenti e di fenomeni di perdita di appoggio, ci siano stati danni alla base dei pilastri, evidenziando la trasmissione di forze orizzontali superiori alla resistenza dei pilastri. Viceversa, sono documentati numerosi danni ai pilastri nelle strutture dotate di collegamenti tra elementi strutturali che, come emerso in seguito al recente sisma in Turchia (2023), non sono spesso sufficienti ad evitare i crolli.

  

Fig. 2 Crollo di edificio prefabbricato in c.a. in presenza di collegamenti tra elementi strutturali (Terremoto in Emilia maggio 2012)
Fig. 2 Crollo di edificio prefabbricato in c.a. in presenza di collegamenti tra elementi strutturali (Terremoto in Emilia maggio 2012) (@Sismocell)

  

Le connessioni rigide

Con l’introduzione delle Norme Tecniche per le Costruzioni del 2008 (NTC 2008), quasi tutto il territorio italiano è stato classificato come sismico e lo standard di progettazione si è allineato a quello dei più moderni codici antisismici.

Per gli edifici di nuova progettazione, secondo la previsione di legge, la principale condizione sismica da assicurare risulta lo stato di salvaguardia della vita umana. Costruire in quest’ottica significa però che, molto probabilmente, la struttura, dopo un forte terremoto, seppur costruita con criteri antisismici e senza che ci siano vittime o feriti,  si danneggerà significativamente .

Il danno atteso è spesso tale da richiedere anche la demolizione e la ricostruzione dell’edificio. Si tratta di una conseguenza coerente con la normativa vigente che impone come criterio minimo quello di garantire la tutela della vita umana, senza prevedere la salvaguardia del patrimonio aziendale: cioè, dell’edifico stesso e del suo contenuto.

Nelle nuove costruzioni, questa condizione viene garantita anche dal corretto dimensionamento delle connessioni tra elementi strutturali. Queste ultime vengono verificate per resistere alle azioni prodotte dal sisma e per trasferirle ai pilastri che sono dimensionati come elementi dissipativi. La progettazione del nuovo è quindi solitamente pensata per realizzare la resistenza sismica attraverso il danneggiamento della struttura.

Risulta quindi evidente che lo stesso approccio non può essere utilizzato per le strutture esistenti poiché i pilastri non sono stati progettati per resistere all’azione sismica.

Inserire vincoli di tipo rigido risulta quindi dannoso, perché aumenta la rigidezza della struttura e conseguentemente l’intensità dell’azione risentita. Non fornisce inoltre una soluzione al problema perché semplicemente lo trasferisce sui pilastri, generalmente del tutto inadeguati a resistere. Tali connessioni potrebbero portare a esiti addirittura peggiorativi, come documentato dai crolli e rotture dei pilastri nel recente sisma in Turchia (2023).

  

Fig. 3 Crollo di edificio prefabbricato in c.a. in presenza di collegamenti tra elementi strutturali (Terremoto in Turchia - febbraio 2023)
Fig. 3 Crollo di edificio prefabbricato in c.a. in presenza di collegamenti tra elementi strutturali (Terremoto in Turchia - febbraio 2023) (1)

  

L’importanza dei collegamenti è emersa già dopo il sisma dell’Emilia 2012 e le “Linee di indirizzo per interventi locali e globali su edifici industriali monopiano non progettati con criteri antisismici” riportano alcune considerazioni in merito (Reluis del 2012).

L’eliminazione della carenza dei collegamenti può anche essere conseguita mediante l’installazione di ritegni tra le membrature suscettibili di spostamenti relativi opportunamente dimensionati. In tal caso, lo schema statico non è modificato, ma sono consentiti spostamenti relativi e scorrimenti. Tale opzione appare interessante in tutti quei casi in cui ……. si intende utilizzare dispositivi e sistemi per l’introduzione nel sistema di smorzamento extra-strutturale o altra diverso meccanismo di dissipazione di energia.

  

Le dis-connessioni controllate

Le soluzioni più promettenti per il miglioramento sismico degli edifici prefabbricati sono basate sull’impiego di dissipatori di energia che consentano degli spostamenti relativi tra elementi collegati.

Un possibile intervento è l’introduzione di connessioni dissipative che aumentano l’energia sismica che viene dissipata traducendosi, ai fini del calcolo, in un incremento del fattore di struttura.

Una tipologia di connessione dissipativa, particolarmente efficace, specificatamente sviluppata per la messa in sicurezza delle strutture prefabbricate, è il fusibile dissipativo Sismocell.

Le connessioni dissipative possono essere localizzate fra diversi elementi strutturali: fra i tegoli di copertura e le travi di bordo, fra le travi e i pilastri o in corrispondenza all’attacco dei pannelli di tamponamento al telaio.

Il  dispositivo Sismocell , oltre a realizzare una dissipazione di energia, superata la forza di attivazione realizza una disconnessione controllata del collegamento.

La particolare connessione limita la forza al valore di attivazione della plasticizzazione, dissipando energia nel deformarsi. Una volta deformato, il dispositivo libera possibilità di spostamento reciproco tra gli elementi collegati, fino al raggiungimento della deformazione limite dove la barra di fine corsa evita lo svincolo della trave dal pilastro. Il particolare comportamento del dispositivo consente di ridurre le azioni sismiche trasmesse dalle masse in copertura della struttura ai pilastri.

Il funzionamento del dispositivo può essere suddiviso in 4 fasi, come illustrato nella figura seguente.

   

Fig. 4 Schematizzazione fasi di funzionamento dei dispositivi Sismocell al crescere dell’intensità sismica.
Fig. 4 Schematizzazione fasi di funzionamento dei dispositivi Sismocell al crescere dell’intensità sismica. (@Sismocell)

  

  •  Fase 1 – Elastica

Il dispositivo costituisce un vincolo elastico tra gli elementi strutturali con una rigidezza corrispondente alla deformabilità elastica dei dispositivi Sismocell e consente pochi millimetri di scostamento prima dell’attivazione. Il collegamento in assenza di azione sismica o per azioni sismiche di bassa intensità si comporta come una cerniera.

  • Fase 2 - Plastica

Al raggiungimento della forza di attivazione, il dispositivo subisce una deformazione plastica irreversibile, rimanendo permanentemente deformato e durante la deformazione si realizza una dissipazione di energia. Per sismi di intensità significativa il dispositivo si deforma permanentemente, preservando la struttura dal danneggiamento.

  • Fase 3 – Disaccoppiamento

Con la progressiva deformazione del dispositivo viene liberata possibilità di spostamento reciproco tra gli elementi collegati che conseguentemente possono muoversi senza incrementare la forza trasmessa ai pilastri. Questa fase è la più interessante prerogativa del dispositivo Sismocell che realizza un disaccoppiamento controllato e quindi un “taglio” dell’azione sismica trasferita ai pilastri.

  • Fase 4 – Fine corsa

Al raggiungimento della massima deformazione consentita dal dispositivo la presenza di una barra filettata consente di realizzare un fine corsa che evita il distacco degli elementi collegati. In condizioni estreme di sisma di forte intensità, il fine corsa consente di attingere a tutte le riserve di resistenza della struttura.

I dispositivi permettono dunque di coniugare l’esigenza di collegare tra loro gli elementi strutturali e quella di mantenere valori di sollecitazione contenuti sul pilastro. Grazie all’effetto fusibile questi dispositivi sono in grado di neutralizzare, in gran parte, l’effetto dei principali picchi dell’accelerazione sismica, riducendo così gli effetti distruttivi del sisma sulla struttura.


TUTTO SUI DISPOSITIVI ANTISISMICI SISMOCELL


(1) Avcil, F. Investigation of Precast Reinforced Concrete Structures during the 6 February 2023 Türkiye Earthquakes . Sustainability 2023, 15, 14846. 

Articolo integrale in PDF

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