Le bombe in Ucraina hanno colpito e distrutto anche la transizione ecologica?
E’ possibile fare a meno del gas e arrivare ad una società basata solo sulle energie rinnovabili? Secondo Sergio Pesaresi si e nella sua riflessione ci spiega il perchè.
Le bombe sganciate in Ucraina hanno colpito anche molte nostre certezze, aiutate da un’informazione, spesso ansiogena e isterica, sparata in tempo reale a colpi di slogan che affastella notizie su notizie senza fermarsi a dare un senso compiuto ai fatti che accadono.
Uno dei bersagli preferiti è la cosiddetta transizione ecologica, quel percorso virtuoso intrapreso dall’Italia e dalla Comunità Europea verso una società basata esclusivamente sulle energie rinnovabili, come l’energia fotovoltaica e l’energia eolica, unica soluzione sia per la lotta ai cambiamenti climatici che per la crisi energetica.
Eppure da più parti – interessate e sempre le stesse – si comincia ad insinuare subdolamente che la guerra in Ucraina e la conseguente crisi energetica causata dalla mancanza di gas, sia la dimostrazione dimostrata che la transizione ecologica è un obiettivo idealizzato e irrealizzabile e che la nostra società non potrà mai fare a meno dell’energia fossile e/o nucleare. Ma non è così. Vediamo perché.
La lotta ai cambiamenti climatici
Nel 2002 la Comunità Europea ha ratificato il Protocollo di Kyoto, firmato nel 1997, che prevede l’impegno degli Stati aderenti ad una diminuzione dell’emissione della CO2, causata principalmente dalla combustione di fonti fossili per la produzione di energia, in atmosfera per prevenire ed eliminare le cause dei cambiamenti climatici. La Comunità Europea (che si presenta in maniera unitaria e non per singolo Stati) ha preso questo impegno molto seriamente e negli ultimi quindici anni ha emanato tutta una serie di direttive finalizzare ad un cambiamento del paradigma culturale ed economico che ha guidato per due secoli la nostra società.
Nel 2008 ha varato il pacchetto 20-20-20 che mirava per il 2020:
- ad una riduzione del 20% delle emissioni di gas ad effetto serra (rispetto a quelle emesse nel 1990)
- ad un aumento del 20% dell’efficienza energetica (specialmente nell’edilizia)
- ad un contributo del 20% da parte delle fonti rinnovabili nel mix energetico (allora il contributo delle rinnovabili era praticamente inesistente, per cui la quasi totalità dell’energia elettrica era generata da fonti fossili non rinnovabili quali gas, petrolio, carbone).
Una volta raggiunti i primi obiettivi (già prima del 2020) nel 2014 venne varato il pacchetto 40-27-27 da raggiungere nel 2030, aggiornato poi nel 2018 in 40-32,5-32.
Alla fine del 2019 gli Stati membri, in attuazione del Regolamento UE 2018/1999, inviarono alla Commissione i loro PNIEC – Piano Nazionale Integrato per l’Energia ed il Clima – nei quali si elencavano le iniziative che ognuno di loro aveva intenzione di mettere in campo per il raggiungimento degli obiettivi comunitari.
Il Green New Deal
Alla fine del 2019, con la Commissione di Ursula von der Leyen, questa consapevolezza climatica europea è diventata una sfida generazionale chiamata Green New Deal che prevede che entro il 2050 l’Europa arrivi alla neutralità climatica in cui non si utilizzino più fonti energetiche non rinnovabili (gas, carbone, petrolio) e in cui si azzerino le emissioni climalteranti di CO2, prodotte proprio dalla combustione delle fonti fossili per la produzione di energia.
La road map che ci deve condurre al 2050 è stata chiamata transizione ecologica, proprio per rappresentare un cammino da intraprendere assieme e in maniera consapevole. Lungo il suo percorso è stata fissata una prima tappa intermedia da utilizzare quale verifica del percorso fatto fin lì. Questa tappa è l’anno 2030 con l’obiettivo 40-32,5-32.
Fit for 55%
Il 14 luglio 2021, con il prezzo del gas che si stava impennando e le prime serie conferme dei cambiamenti climatici, la Commissione Europea adotta il Fit for 55% che prevede l’aggiornamento del pacchetto clima in 55-36-40, ossia
- 55% (riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra rispetto a quelle del 1990, in vista del 100% previsto per il 2050)
- 36-39% (aumento dell’efficienza energetica al 36% per il consumo di energia finale e del 39% per il consumo dell’energia primaria)
- 40 (aumento del contributo delle energie rinnovabili al mix energetico).
Il Green New Deal e il Fit for 55% sono stati pensati per passare, rapidamente ma con gradualità, da una società fossile ad una società rinnovabile. Dal gas al sole+vento, dunque, ma gradualmente, nei 29 anni che mancano al 2050.
L’invasione dell’Ucraina
Il 24 febbraio 2022 la Russia invade l’Ucraina. La Comunità Europea decide l’embargo del gas russo per evitare di finanziare, con il suo acquisto, il crimine della guerra e per evitare il ricatto politico del silenzio in cambio del gas.
A questo punto l’Europa si rende conto che l’energia che utilizza per il riscaldamento e la produzione di elettricità proviene per almeno il 25% dal gas naturale e che il 70% di questo gas viene importato dall’esterno, in particolare il 47% proprio dalla Russia, il 34% dalla Norvegia e il 9% da Libia ed Algeria 1), mentre l’Italia importa la quasi totalità del gas naturale, in particolare il 47,1% dalla Russia, il 26,8% da Libia e Algeria, il 9,2% dal Qatar e l’8,6% dalla Norvegia 2).
Questa situazione che si è venuta a creare, imprevedibile, è causa di due problemi: la difficoltà di approvvigionamento del gas naturale e il conseguente aumento del costo dell’energia.
Il gas, già imputato principale dei cambiamenti climatici in atto, diventa così anche causa di ricatti politici, di allerta mondiale e di crisi economica per famiglie ed aziende.
Per il meccanismo economico di formazione del prezzo, dato dal rapporto fra domanda ed offerta, il prezzo del gas cresce repentinamente (da 16 €/Mwh del gennaio 2021 ai 340 €/Mwh di agosto 2022) e questo aumento, per effetto del sistema pay-as-clear (accoppiamento del prezzo gas con il prezzo dell’energia elettrica) adottato in Europa dagli anni 2000, si porta con sé anche l’aumento del costo dell’energia elettrica e provoca, infine, un ingiusto guadagno per i fornitori di fonti di energia con bassi costi marginali, extra-profitti pagati a caro prezzo nelle bollette elettriche.
Gli Stati d’Europa devono, da un giorno all’altro, trovare gas e altre forme di produzione di energia, per fare fronte alla mancanza improvvisa del gas russo. Così cercano altri fornitori disposti a vendere loro gas e progettano un ritorno, seppur momentaneo, alle fonti energetiche che stavano abbandonando, perché non ecosostenibili, nel loro percorso di transizione ecologica: la Germania riaccende le centrali a carbone per far fronte al taglio del 40% della fornitura di gas russo mentre la Francia torna al nucleare.
La manipolazione dei media
Questo momentaneo ritorno al carbone e al nucleare è, con ogni evidenza, solo un inciampo temporaneo incontrato sul lungo cammino della transizione ecologica, dato che esso non ferma comunque l’impegno degli Stati verso le energie rinnovabili: è solo il caso di ricordare che il Green New Deal non prevede di poter fare a meno delle fonti fossili oggi, nell’anno 2022, ma fra 28 anni, cioè nel 2050!
La determinazione della Comunità Europea a proseguire sul suo percorso virtuoso verso le rinnovabili, sia per le iniziali motivazioni climatiche che per porre un argine al costo dell’energia odierno e alla mancanza di gas , è contenuta nell’iniziativa del Parlamento europeo che il 14 settembre 2022 ha votato la revisione della Direttiva sulle energie rinnovabili per aumentare al 45% (dal 36% previsto in precedenza) la quota delle rinnovabili entro il 2030, e la revisione della Direttiva sull’efficienza energetica, portando l’obiettivo di riduzione del consumo di energia finale al 40% (dal 36%) e almeno al 42,5% (dal 39%) per il consumo di energia primaria, portando così il pacchetto clima-energia al 55-40-45.
Ma per i giornali e per gli opinion leader della potente lobby del fossile, questo piccolo inciampo diventa la tomba del sogno di una società rinnovabile.
Ed è fin troppo facile, infatti, giocare con l’ambiguità che si può insinuare fra porre la domanda “è possibile una società rinnovabile?” e declinarla con “è possibile oggi una società rinnovabile?” perché la risposta non può essere la stessa. Per la prima domanda la risposta è senz’altro un sì mentre per la seconda la risposta è un onesto e concreto no.
Per giustificare le due risposte date sopra cerchiamo di capire come procede la transizione ecologica italiana verso il 2050 e quali prospettive reali persegue.
La transizione ecologica in Italia
Nel 2021 l’energia che abbiamo consumato in Italia è stata pari a 327,6 TWh (tera-watt-ore) di cui 284.8 TWh (pari all’86%) prodotta in Italia e 42,8 TWh (pari al 13,5%) importata dall’estero (dati MiTE Ministero della Transizione Ecologica).
Le fonti che abbiamo utilizzato per la copertura del fabbisogno di energia sono le seguenti:
E’ evidente il ruolo importante (e tuttora fondamentale) che ancora ricoprono le fonti fossili con un peso pari a quasi il 60% dell’energia prodotta in Italia. Ma è necessario comprendere che la situazione attuale è già parte di un cammino verso la società rinnovabile.
Vediamo, infatti, come la situazione si è evoluta negli ultimi trenta anni.
La transizione ecologica ha come obiettivo di abbassare la percentuale delle fonti fossili allo 0% o al 5% (lo vedremo fra breve) e alzare il livello delle altre fonti per ricoprire il restante 95% o 100%.
Nel 2021 la produzione di energia fotovoltaica è stata pari a 24,7 TWh (pari al 8,6% del fabbisogno di energia) garantita da una potenza installata pari a 21,6 GW (giga-watt) mentre la produzione di energia eolica è stata di 20,8 TWh (che ha coperto il 7,3% del fabbisogno energetico) garantita data da una potenza di 10,9 GW fornite dalle pale eoliche installate sul nostro territorio.
I documenti programmatici
In Italia la transizione ecologica prevista dal Green New Deal è contenuta in due documenti programmatici:
- il PNIEC – Piano Nazionale Integrato per l’Energia ed il Clima – pubblicato nel dicembre 2019 in attuazione del Regolamento UE 2018/1999
- Strategia italiana di lungo termine sulla riduzione delle emissioni del gas a effetto serra realizzato congiuntamente dal Ministero dell’Ambiente, dal MiSE, dal MIT e dal Ministero delle Politiche agricole del gennaio 2021 e invita alla Commissione Europea l’11 febbraio 2021.
Chiaramente il primo documento, essendo del 2019, dovrà essere aggiornato per adeguarlo al Green New Deal (2020) e al Fit for 55% (introdotto nel 2021) e alle modifiche presentate in data successiva, mentre per entrambi (che sono ante 24 febbraio 2022) l’obiettivo della decarbonizzazione risulta finalizzata esclusivamente alla questione ambientale legata ai cambiamenti climatici e non ancora alla necessità attuale di bypassare la mancanza del gas approdando definitivamente alle rinnovabili.
Obiettivo 2030
Il PNIEC prevede una riduzione del 55% delle emissioni climalteranti entro il 2030 e la neutralità climatica entro il 2050.
Per raggiungere gli obiettivi il target del PNIEC prevede di arrivare nel 2030 a una potenza fotovoltaica pari a 52 GW con un incremento, rispetto al 2021, di 30,4 GW e a una potenza eolica di 20 GW, con un incremento di 9 GW.
Con l’avvento del Fit for 55% le prospettive sono cambiate (anche se il PNIEC non è stato ancora aggiornato ufficialmente) e la potenza fotovoltaica dovrà essere pari ad almeno 70 GW.
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