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Lavoro in edilizia: più della metà dei cantieri (56%) per la ristrutturazione di edifici. Cresce il divario tra Nord e Sud

L’andamento delle costruzioni secondo i dati CNCE mostra un invecchiamento della mano d’opera nel segno di una bassa qualificazione e un ritorno ad un mercato normale dopo il boom dovuto agli incentivi.

Edilizia verso una stabilizzazione dopo l'espansione dovuta agli incentivi

In occasione della Giornata Nazionale CNCE, nell’ambito del convegno dal titolo “Il valore del dato e gli osservatori del sistema bilaterale delle costruzioni. Dalla cybersecurity all’analisi del mercato” sono stati presentati alcuni importanti dati sullo stato del lavoro in edilizia derivati da un confronto tra i vari Osservatori della bilateralità.

Il sistema bilaterale dell’edilizia, previsto dai contratti collettivi di settore e rafforzato nel tempo da un riconoscimento di legge di importanti funzioni a tutela della regolarità del lavoro, dispone di una importante mole di dati, che scaturisce dalle denunce e dai versamenti delle imprese utili ad erogare diverse prestazioni per gli operai edili, su tutte: le ferie, la gratifica natalizia e l’anzianità professionale edile (APE).

Le finalità amministrative e di analisi hanno quindi portato al progressivo sviluppo di un osservatorio nazionale, contenente dati sintetici sull’attività di impresa e l’occupazione nel settore, della banca dati APE, con informazioni di dettaglio sulle caratteristiche demografiche e sulla carriera degli operai edili, nonché - con l’introduzione nel novembre 2021 degli indici di congruità - di una piattaforma informatica (CNCE_Edilconnect) sulla manodopera impiegata nei cantieri edili, necessaria per misurare la congruità rispetto alla tipologia e alla dimensione dei lavori stessi per finalità di contrasto al lavoro irregolare affidate alla bilateralità edile dalla legge.

Con la Giornata Nazionale, la CNCE ha quindi voluto sperimentare un primo tentativo di lettura integrata dei diversi osservatori, offrendo uno spaccato dell’edilizia odierna che offre conferme e approfondimenti rispetto alle principali analisi del settore.

Lo scenario che emerge è quello di un’edilizia che si avvia a un percorso di normalizzazione dopo la fase espansiva determinata per effetto soprattutto del Superbonus e degli incentivi. Nel 2023 le ore lavorate sono aumentate rispetto al 2021 del 30,1%. Una crescita dovuta in gran parte al 2022 (+26,1% rispetto al 2021). Il delta positivo nell’ultimo anno, infatti, è stato soltanto del 3,2%. Un calo fisiologico destinato ad assestarsi, ma con modalità differenti tra le regioni del Nord e quelle del Mezzogiorno. Il dato relativo al mese di novembre evidenzia infatti una forte contrazione rispetto allo stesso mese del 2022 al Sud e nelle Isole un calo superiore al 5%.

L’andamento delle ore lavorate è il più significativo indicatore della reale attività svolta nelle costruzioni secondo le denunce delle imprese. Il loro andamento scandisce il ritmo delle costruzioni.
Questo andamento disegna un trend che sostanzialmente riconduce le costruzioni verso uno stato di salute che potremmo definire “normale”, ovvero ricondotto a una nuova stabilità rispetto a quanto avvenuto per effetto soprattutto del Superbonus.

Tutti gli analisti concordano che quella fase è finita e che oggi se ne apre un’altra le cui modalità sembrano fortemente condizionate più dagli investimenti pubblici, diversamente da quanto avvenuto nell’ultimo ciclo espansivo.

 

Il divario Nord/Sud

Se confrontiamo le variazioni di ore tra le diverse regioni italiane si conferma l’esistenza di situazioni diverse tra il Nord, il Centro e il Sud, con dinamiche differenziate tra le varie aree geografiche e al loro interno tra le diverse regioni. La sintesi relativa al confronto tra 2023 e 2022 premia il Nord Ovest e il Centro con una attività superiore al 5%. Il Sud si assesta intorno al +2% mentre nel Nord Est e nelle Isole si registra un leggero calo rispettivamente dello -0,2% e dello 0,4%. Il dato relativo al mese di novembre evidenzia soprattutto una forte contrazione rispetto allo stesso mese del 202 nell’intero Mezzogiorno con un calo superiore al 5%.

 

(Crediti: M. Martini)

 

Dove e che cosa si costruisce?

Sulla base dei dati relativi ai cantieri attivi nell’ultimo Anno Cassa Edile (ottobre 2022 – settembre 2023), le aree territoriali dove si concentra il maggior numero di cantieri sono il Centro con un 31% e il Nord Ovest con il 28% del totale nazionale. Il 21% dei cantieri si trova invece al Sud e nelle Isole e un altro 21% nel Nord Est. Se prendiamo in considerazione il rapporto tra opere pubbliche e opere private si rileva come un maggior numero di cantieri pubblici, rispetto alla media nazionale (27%), si registri proprio in queste tre ultime aree territoriali, ad iniziare dal 34% delle Isole a dal 30% del Nord Est.

 

Tabella 1. Cantieri attivi – Distribuzione per area geografica 2023
(Crediti: M. Martini)

 

Complessivamente nel 2023 il 56% del totale ha riguardato la ristrutturazione di edifici civili (116.925). Un ulteriore 15% dei cantieri ha riguardato nuova edilizia residenziale o industriale. E se ci aggiungiamo anche la ristrutturazione di edifici industriali si raggiunge il 74%. Se si considerano soltanto le opere private queste tre categorie insieme rappresentano il 93% del mercato. Decisamente più articolato è il panorama del mercato pubblico. Dove il 32% è rappresentato dalle opere stradali a fronte di un 31% dell’insieme delle voci relative all’edilizia civile e industriale.

 

Tabella 2. Numero dei cantieri pubblici e privati per principali categorie sul totale dei cantieri (Anno Cassa Edile 2023)
(Fonte: CNCE-Edilconnect)

 

Tiene l’occupazione

Nel 2023 il dato medio è di un aumento occupazionale di 30.000 lavoratori, corrispondente a un +5%. L’assorbimento di forza lavoro nell’ultimo anno, sulla base dei dati dell’Osservatorio statistico, risulta non omogeneo a livello territoriale.

Nel 2022 il Sud e le Isole registravano un aumento dei lavoratori rispettivamente del 30% e del 35% rispetto all’anno precedente, mentre nel 2023 la variazione si attesta sotto alla media nazionale per il Sud (3%) e il trend diventa leggermente negativo per le Isole (-0,5%).

Il Nord Est si caratterizza per dinamiche più equilibrate scontando il calo di attività molto rilevante in Trentino Alto Adige e in misura minore in Friuli Venezia Giulia, passando da un +10% nel 2022 a poco meno del +3% nel 2023. Le migliori notizie riguardano il Nord Ovest e le regioni del Centro, dove nell’ultimo anno il numero medio dei lavoratori è cresciuto rispettivamente del 7,5% e del 6,7%. Sostanziale tenuta occupazionale si registra anche nel bimestre ottobre-novembre.

 

Crescono i lavoratori stranieri con una distribuzione territoriale molto diversificata

I lavoratori “stranieri”, da intendersi come cittadini nati all’estero, tra il 2018 e il 2022 sono passati a livello nazionale da 165.492 a 260.590 con una crescita dell’incidenza sul totale di un 5%. Erano il 30%, oggi sono il 35%. Ma la loro incidenza è ben diversa da area ad area. Nel Nord Ovest infatti i cittadini nati all’estero rappresentano oggi il 51% e nel Nord Est il 48%, per scendere al 42% nelle regioni del Centro. Una situazione totalmente diversa si registra nel Mezzogiorno, dove nelle regioni continentali gli stranieri si attestano al 10% e nelle Isole al 7%.

 

Una struttura della mano d’opera nel segno della dequalificazione e dell’invecchiamento

L’edilizia, si sa, è un settore labour intensive, ma a prevalere sono gli operai comuni e se si confronta il 2028 con il 2022 questa fotografia viene confermata e in qualche modo accentuata. La percentuale dei comuni passa dal 39,6% al 43,7%, mentre calano qualificati e specializzati. Stabile il 4 livello e aumentano leggermente gli apprendisti.

 

Tabella 3. Lavoratori per categoria. Confronto 2018-2022
(Crediti: M. Martini)

 

Un aspetto critico dell’industria italiana delle costruzioni è rappresentato dall’invecchiamento e dalle difficoltà di attrarre nuova mano d’opera nelle fasce più giovani della popolazione, sia italiana che straniera. Questo andamento si conferma confrontando il 2018 con il 2022 per quanto riguarda la composizione dei lavoratori per fasce di età. Oggi come 5 anni fa la fascia più consistente è rappresentata da chi ha tra i 36 e i 50 anni, il 43,4%, seguita dalla fascia successiva fino a 60 anni: insieme rappresentano il 79.3% del totale. Nel 2018 erano il 64,8%. Se poi spostiamo l’attenzione sui giovani fino a 25 anni ecco una ulteriore conferma: la loro quota si è quasi dimezzata, passando dall’11% al 6%.

Visto il valore e le potenzialità dei dati presenti presso le Casse, per il presidente della CNCE Dario Firsech, è di estrema importanza “favorire un costante aggiornamento in materia di sicurezza, di rispetto della normativa sulla privacy, sull’evoluzione del quadro generale legislativo e di indirizzo anche a livello comunitario”. Ed il confronto promosso con la Giornata Nazionale della CNCE si è avvalso del contributo di numerosi esperti, utile ad avviare una riflessione tra la bilateralità edile, le parti sociali e gli interlocutori esterni sul valore del dato dalle sue molteplici sfaccettature.

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