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LAVORO: col Jobs Act calano le Partite IVA

Per il Dipartimento delle Finanze, la tendenza degli effetti derivanti dalle nuove forme contrattuali sembra favorire la costituzione di rapporti di lavoro dipendente.

Per il Dipartimento delle Finanze, la tendenza degli effetti derivanti dalle nuove forme contrattuali sembra favorire la costituzione di rapporti di lavoro dipendente.
 
Il Dipartimento delle Finanze comunica che nel mese di agosto 2015 sono state aperte 16.265 nuove partite Iva. Rispetto allo stesso mese dell’anno precedente si osserva una flessione (-6,5%).
 
Sembra consolidarsi, per il Dipartimento del MEF, la tendenza degli effetti derivanti dalle nuove forme contrattuali introdotte dal “jobs act”, accompagnate dagli incentivi fiscali per le assunzioni a tempo indeterminato, che sembrano aver continuato a favorire la costituzione di rapporti di lavoro dipendente rispetto a rapporti di lavoro autonomo con partita Iva.
 
La distribuzione per natura giuridica delle nuove partite IVA mostra che la quota relativa alle persone fisiche, è pari al 77,2%, le società di capitali si attestano al 17,5%, le società di persone circa al 4%, mentre la percentuale dei “non residenti” e “altre forme giuridiche” è pari all’1,2%.
 
Rispetto ad agosto 2014, si rilevano decisi decrementi di aperture per le forme societarie:
-società di persone -19,4%, società di capitali -11,1%;
-calo più contenuto, invece, per le persone fisiche (- 4,7%).
 
Riguardo alla ripartizione territoriale, circa il 42% delle nuove aperture è localizzato al Nord, il 21,7% al Centro ed il 36,1% al Sud e nelle Isole.
 
Rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, i pochi aumenti di aperture di partite IVA sono localizzati in Provincia di Trento (+11,9%), Abruzzo (+6,4%) e Sardegna (+3,8%); invece le flessioni più consistenti si sono verificate in Basilicata (-22,4%), Lazio (-12,2%) e Toscana (-11,5%).
 
Con riferimento alla classificazione per settore produttivo, il Dipartimento delle Finanze evidenzia che il commercio registra, come di consueto, il maggior numero di aperture di partite Iva (25,3% del totale), seguito dalle attività professionali (11,4%) e dall’agricoltura (10,4%).
 
Rispetto ad agosto dello scorso anno, tra i settori principali si osserva un aumento di aperture nell’istruzione (+11,7%), incrementi più contenuti per la sanità (+2,1%) e le attività immobiliari (+1,8%), mentre le flessioni più evidenti si registrano nei trasporti (-18%), edilizia (-13,3%) e servizi d’informazione (-12,2%).
 
Relativamente alle persone fisiche, la ripartizione per sesso è sostanzialmente stabile, con il 62,7% delle partite Iva aperte da soggetti di sesso maschile. Il 47,6% delle aperture è attribuibile ai giovani fino a 35 anni e il 34,1% a soggetti tra 36 e 50 anni.
 
Rispetto al corrispondente mese dello scorso anno tutte le classi di età accusano cali di aperture, principalmente la più giovane (-6,8%). Nello scorso mese di luglio 1.249 soggetti hanno aderito al nuovo regime forfetario, mentre 4.016 soggetti hanno aderito al regime fiscale di vantaggio.
 
Complessivamente, tali adesioni rappresentano il 32,4% del totale delle nuove aperture. La possibilità di opzione tra i due regimi è stata prevista dal decreto “milleproroghe” (DL 192/2014) ed è valida solo per l’anno in corso, in considerazione della circostanza che da gennaio 2016 resterà in vigore solo il regime forfetario.
 
Il Dipartimento ricorda che entrambi i regimi esonerano i contribuenti dal pagamento di Iva ed Irap. Il regime di vantaggio, in vigore fino al 2014, limita l’imposta dovuta al 5% degli utili dichiarati e può essere mantenuto per cinque anni, con l’eccezione dei soggetti giovani che, fino al compimento del 35° anno di età, possono mantenerlo anche oltre i cinque anni.
 
Il nuovo regime forfetario, introdotto a partire dal 2015, può essere invece riconosciuto senza limiti di tempo e fissa l’aliquota di imposta al 15% del reddito determinato forfetariamente sulla base di una percentuale dei ricavi/compensi (che varia in base all’attività esercitata).
 
I requisiti per poter aderire o rimanere nei due regimi sono differenti, ad esempio il tetto massimo di ricavi/compensi è 30.000 euro per il regime di vantaggio, mentre per il regime forfetario varia tra 15.000 e 40.000 euro in base all’attività esercitata.
 

Fonte: Dipartimento delle Finanze (MEF)