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Lavori edili pericolosi: scatta l'obbligo del risarcimento

Tribunale di Milano: la prova del nesso causale tra attività del cantiere e danni subiti dall'immobile del vicino è di competenza del danneggiato, mentre le imprese devono dimostrare di aver posto in essere tutti gli accorgimenti per evitare i danni

Se un appartamento subisce dei danni a seguito dell'esecuzione di opere di demolizione e ricostruzione di un immobile confinante, la responsabilità è delle imprese che hanno svolto i lavori le quali dovranno risarcire - in percentuale rispetto ai lavori svolti - i danni. Lo ha affermato il Tribunale di Milano nella recente sentenza 9180/2017 del 12 settembre.

Per i giudici milanesi, considerata la natura e l'entità delle demolizioni, l'importanza e l'invasività degli scavi per le nuovi fondazioni e il contesto urbano in zona confinante con adiacenti e preesistenti fabbricati, la prova del nesso causale tra attività del cantiere e danni subiti dall'immobile del vicino è di competenza del danneggiato, mentre le imprese devono dimostrare di aver posto in essere tutti gli accorgimenti per evitare i danni. Nel caso specifico, il CTU ha condannato le due imprese che di tali attività si erano occupate al risarcimento dei danni in parti uguali.

Il riferimento normativo, quindi, resta l'art.2050 c.c., che regola la responsabilità derivante dall'esercizio di attività pericolose, tra le quali è ricompresa l'attività edile poiché per la natura dei mezzi adoperati - attrezzature (impalcature, pomteggi)e macchinari (escavatrici, autocarri, ecc.) impone a chi la esercita un obbligo di prudenza particolare per evitare, appunto, danni a persone o a cose. Il 'nesso causale', invece, è l'unico aspetto a dover essere provato da chi subisce i danni.