Laboratori autorizzati per le prove su edifici esistenti: nessun esproprio delle competenze professionali
Ancora alcuni commenti sulla modifica dell’articolo 59 del dpr 380 da parte del DL Sblocca Cantieri che ha aperto la strada all’autorizzazione dei Laboratori prove e controlli su materiali da costruzione su strutture e costruzioni esistenti
Con l’Autorizzazione dei Laboratori prove e controlli su materiali da costruzione su strutture e costruzioni esistenti si crea una importante opportunità per restituire autorevolezza ad un intero settore professionale.
Da dove derivi l’anomalia di un atteggiamento piuttosto ingenuo che ci fa allarmare se il frigorifero accende una spia di calo della temperatura (nel qual caso, al più, rischieremmo un mal di pancia) e trascurare le spie dello stato di sicurezza del nostro patrimonio edilizio è ancora da capire appieno…
Fatto sta che di fronte ad un cambiamento di approccio, grazie al quale ci si accinge a completare un percorso normativo avviatosi con ritardo, in maniera monca e poco organico, si assiste ad un allarme di parte dei professionisti tecnici che proprio da questa evoluzione normativa dovrebbero sentirsi maggiormente tutelati.
L'evoluzione normativa in termini di controllo e manutenzione delle opere
L’ambito è complesso e molto ampio, perciò ricordiamo molto velocemente com’e andata. Siamo partiti dall’introduzione dell’obbligo (limitato ad alcuni casi specifici) di redigere il Piano di Manutenzione dell’Opera con il dpr 554 del 1999 (successivamente dpr 207 del 2010). Ci si riferiva per lo più, agli impianti tecnologici.
Con il DM 2008 tale obbligo è stato esteso ad ogni impianto strutturale in progetto, anche qualora il progetto fosse relativo ad una struttura esistente. Il Piano di Manutenzione dell’Opera ha introdotto gli strumenti di gestione, controllo e manutenzione dell’opera che, se adeguatamente trattata, può conservare specifici livelli prestazionali per il tempo della vita nominale di progetto. Lo stesso DM 2008 coerentemente alla nuova filosofia di approccio che interpreta l’impianto strutturale come un sistema che funzionando (o “vivendo”) si modifica, introduce anche i livelli di conoscenza per le strutture esistenti da raggiungersi con lo svolgimento di opportune prove in sito.
E’ del tutto evidente che il nuovo indirizzo normativo favorisce il riemergere di una competenza ingegneristica molto sacrificata negli ultimi decenni e relegata, per lo più, alla elaborazione di analisi numeriche che sembrano divenire addirittura preponderanti rispetto alla stessa progettazione strutturale della quale dovrebbero costituire solo utile strumento di supporto.
Con le NTC 2018 battuta di arresto per il diagnosta strutturale
La battuta di arresto rispetto al percorso di recupero del ruolo dello strutturista - e ancor più del diagnosta strutturale - che si era avviato con le vecchie NTC 2008 si ha con le nuove NTC 2018, le quali demandano ai Laboratori Autorizzati il prelievo dei materiali dalla struttura, commettendo un errore formale piuttosto grossolano.
Le prove svolte sulle strutture esistenti, infatti, non possono ritenersi per modalità esecutiva, per tipologia di indagine, per collocazione del punto di prova, equiparabili a quelle svolte su campioni di materiali rinvenuti da procedure standardizzate le quali, invece, rendono significativa una analisi condotta unicamente su base statistica.
Pertanto il richiamato modello unitario a cui le NTC vorrebbero ricondurre l’intero processo sperimentale (C.8.5.3 circolare 7/2019) è falsamente perseguibile in assenza di strutture tecniche di adeguata competenza ed appositamente strutturate. Basti pensare che il primo processo di validazione di una campagna di indagine passa per la redazione di un apposito piano di indagine calibrato sulla interpretazione del comportamento strutturale, da confermarsi o reinterpretarsi in funzione dei risultati di prova. Perciò, se è vero che i laboratori di cui all’articolo 59 del DPR 380/2001 non possono ritenersi adeguati, rimane oltremodo necessario regolamentare le strutture da destinarsi allo svolgimento delle prove in sito che non devono essere ancora affidate alla soggettività dell’operatore o del professionista incaricato, a discapito della credibilità di un intero settore professionale.
Col DL Slocca Cantieri cambio di rotta: i vantaggi di Laboratori autorizzati per i controlli su edifici esistenti
La possibilità recentemente introdotta dal DL Sblocca Cantieri con la modifica dell’articolo 59 del dpr 380, aprendo la strada all’autorizzazione dei Laboratori prove e controlli su materiali da costruzione su strutture e costruzioni esistenti, contribuisce a completare un percorso normativo la cui portata occupazionale è molto più ampia di quella che ne sarebbe direttamente richiamata dalla nascita dei nuovi soggetti formalmente autorizzati.
Disporre di strutture qualificate, in grado di garantire l’impiego di attrezzature minime mantenute in efficienza e periodicamente tarate, dotate di personale con specifiche competenze in diagnostica strutturale, alimenterebbe la credibilità del settore, proseguendo il percorso avviatosi con l’introduzione dei Piani di Manutenzione, dei Livelli di Conoscenza, dei criteri prestazionali delle strutture in luogo di quelli prescrittivi e che (si spera) condurrà al tanto atteso Fascicolo del Fabbricato. Al contrario, l’assenza di protocolli e strutture qualificate metterebbe a rischio l’utilità e la credibilità di strumenti e procedure introdotti dai regimi normativi dell’ultimo ventennio. Per tali motivi appare piuttosto grottesco, per quanto comprensibile, il timore manifestato da una parte dei professionisti dell’area tecnica che individuano nella nascita dei nuovi soggetti un esproprio di competenze professionali. E’ esattamente il contrario.
Sta a noi evitare di replicare le occasioni mancate del passato. Pensiamo alla Attestazione Energetica. Quale circuito economico indotto abbiamo soffocato con il mercato delle Certificazioni? Quale ritorno economico avremmo avuto, invece, se in luogo della vendita (anche on line!) delle Attestazioni avessimo preteso “misurazioni” da strutture riconosciute ed autorevoli, con il conseguente vantaggio di invogliare gli adeguamenti per il contenimento delle dispersioni. Vogliamo parlare anche dei certificati di idoneità statica? E cosa vogliamo dire delle vulnerabilità sismiche dove spesso le prove neanche sono esplicitate e rientrano nell’onorario del professionista?
Un'occasione per ridare forza e autorevoleszza al settore dell'ingegneria civile
Oggi è in ballo il ritorno di credibilità ed autorevolezza di un settore dell’ingegneria civile, come quello dell’ingegneria strutturale, particolarmente sofferente e la cui branca della diagnostica strutturale, peraltro, è anche molto poco conosciuta tra gli stessi tecnici.
Ridare forza al settore con specifici provvedimenti liberebbe un mercato il cui potenziale è molto più ampio e più vario di quello sul quale si concentra l’interesse dei pochi laboratori che potrebbero procedere alla richiesta di Autorizzazione.
Nel breve termine, inoltre, se ne avrebbe una maggiore tutela della sicurezza del costruito. Esigenza, questa, che in un qualunque contesto civile e moderno dovrebbe essere una priorità, mentre in Italia costituisce addirittura una emergenza.
Ne avremmo, poi, vantaggi in termini di eccellenza degli insediamenti edilizi che, peraltro, in un contesto come quello italiano con un patrimonio edilizio di importanza storica e monumentale favorirebbe anche la mobilitazione di settori economici oggi in sordina.
Dovremmo evitare di perdere una occasione di rilancio della categoria professionale. Riconoscere i laboratori di prove in sito servirebbe a costruire credibilità del settore della diagnostica strutturale che non può essere affidato alla facile improvvisazione. Permanere in un contesto non regolamentato sarebbe rischioso, poco etico, poco credibile e per noi professionisti neanche economicamente sostenibile.
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