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“La terza rivoluzione industriale è già cominciata!”

Ho sentito pronunciare questa frase poche settimane fa dall’economista Jeremy Rifkin in un discorso su un nuovo modello di economia sostenibile basato sulla convergenza tra la comunicazione in rete e le energie rinnovabili; una convergenza che potrà creare una potente infrastruttura, in grado, secondo l’economista, di cambiare radicalmente la nostra società, le nostre attività economiche, il nostro modo di lavorare e di vivere le relazioni sociali.

Conseguenza di tale paradigma sarà che carbone, petrolio, gas e uranio saranno sostanzialmente sulla via del tramonto e che il futuro sarà nell’energia distribuita, prodotta e diffusa da ampie reti orizzontali, stile Internet.

Senza alcun dubbio sono tesi suggestive, queste, soprattutto se messe in relazione con la crisi economica in corso, che dovrebbe solo “convincerci” ad affrettare il passo verso un nuovo modello per la nostra società. Un modello certamente non semplice da seguire, ma vitale per il futuro, perché richiede non solo semplicisticamente di abbandonare la dipendenza energetica dal petrolio, ma di mutare radicalmente i rapporti economici, la politica, l’ambiente, l’istruzione.

Tutte le categorie economiche devono, pertanto, fare la loro parte per realizzarlo e tutti noi imprenditori, nelle vesti di produttori di ricchezza e di parte della cosiddetta classe dirigente del Paese, abbiamo il dovere di riflettere su ciò che sta accadendo e dobbiamo acquisire la consapevolezza che non stiamo subendo solo gli effetti di una crisi finanziaria, ma stiamo assistendo ad una modificazione sistemica globale che sta ridisegnando tutta la mappa geopolitica, economica e finanziaria del pianeta; che dalle crisi, per quanto importanti e impegnative siano, sia pure con grandi sacrifici, in qualche modo si può e si deve uscire; che il mondo globalizzato, non più tanto piccolo, non può essere salvato “a pezzi”.

Non siamo certamente esonerati da questo impegno etico e civile noi imprenditori del settore delle costruzioni, che abbiamo il dovere di interrogarci in primis sul nostro ruolo, sul nostro modo di fare impresa e rappresentanza di settore, e poi su cosa fare per operare in un mercato diverso da quello attuale. Un mercato in cui legalità, qualificazione e sicurezza siano i presupposti di un reale riconoscimento del valore del nostro prodotto e in cui le costruzioni diventino il motore di un più avanzato sistema economico, produttivo e sociale del Paese, a patto che si colga la sfida di trasformare l’industria edile, progettando e costruendo edifici che siano non più unicamente divoratori di energia, ma vere e proprie piccole centrali energetiche per innalzare la produzione di elettricità e calore.

L’ATECAP intende sostenere tutte le iniziative che vanno in questa direzione: tangibili segnali di un mondo che sta cambiando in tutte le sue forme del vivere e del produrre; sfide formidabili nelle quali, però, come categoria, dovremo impegnarci con la massima compattezza possibile.

Non ho la presunzione di indicare percorsi da seguire, ma sono fortemente convinto che non possiamo continuare a fare esclusivamente ciò che già sappiamo fare, ma dobbiamo intraprendere tutte le nuove strade possibili, per non fermarci là dove già siamo arrivati.