Restauro e Conservazione | Architettura | Sicurezza
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La ricostruzione della Basilica di San Benedetto a Norcia

Dai considerevoli danni causati dal terremoto del 2016 alle principali sfide affrontate nel processo di consolidamento e ricostruzione di questo prezioso patrimonio. Il professor Carlo Blasi condivide con Ingenio la straordinaria storia di rinascita della Basilica di Norcia, offrendo una nuova lezione su teorie e buone prassi per il restauro architettonico.

Analisi dei danni causati dal sisma alla Basilica

Potrebbe condividere con noi i dettagli principali dei danni subiti dalla basilica a seguito del terremoto del 30 ottobre 2016?

La Basilica di Norcia era un’ampia chiesa a navata unica, con un massiccio campanile, modificata nel corso dei secoli rispetto alla sua forma originaria, realizzata con murature di notevole spessore, ma inconsistenti. Un edificio, pertanto, dotato di una notevole massa ma particolarmente fragile a fronte di sollecitazioni dinamiche. Non deve pertanto stupire che la Basilica nei secoli passati abbia subito, a più riprese, gravi danni a causa di eventi sismici.

Nel 1703 un sisma fece crollare il campanile, ma danneggiò gravemente anche le mura perimetrali, tanto che quelle del transetto e dell’abside vennero raddoppiate in spessore, aumentando le masse, ma non la resistenza. Il campanile venne ricostruito con murature fino a due metri di spessore, ma senza adeguate ammorsature con i muri della chiesa.

Anche nel 1997 la Basilica subì danni a causa di un terremoto, se pure non gravi, e fu sottoposta a interventi parziali di consolidamento.

Il sisma del 2016 ha completamente distrutto la basilica, lasciando in piedi solo la facciata e qualche muro della zona absidale e del transetto. Il pesante campanile si è spaccato a metà ed è crollato sulla navata travolgendo tutto, comprese le volte della cripta: le campane sono state ritrovate proprio dentro la cripta.

Meccanismo di collasso del campanile che ha distrutto la Basilica di Norcia.
(© Studio Associato Comes)

Tutte le coperture sono crollate, così come l’intero muro a sud della navata, che si è sbriciolato, e il cosiddetto “Portico delle misure” che è stato raso al suolo. Fatalmente nel crollo sono andate perdute anche opere d’arte e cinque altari su sei sono stati completamente distrutti.

Unico elemento, diciamo così, positivo è stato il fatto che l’aprirsi dei muri ha messo in luce alcuni affreschi che erano rimasti nascosti per secoli.

Dal consolidamento alla ricostruzione simile a "Com'era"

Quali sono state le sfide principali nel processo di consolidamento della struttura residua della Basilica?

Il progetto di restauro della Basilica è stato realizzato da una Associazione temporanea di Professionisti all’interno della quale gli aspetti della stabilità statica e sismica sono stati affrontati dallo Studio Associato Comes al quale appartengo.

Il maggior problema è stato quello della povertà e fragilità delle vecchie murature di grande spessore realizzate con un paramento esterno in pietrame, in alcune parti squadrato, ma con all’interno una muratura di piccole pietre e molta malta povera di calce, di minima resistenza.

Data la destinazione d’uso della costruzione, indipendentemente dal valore storico, il Ministero dei Beni Culturali, pur auspicando una ricostruzione simile a “com’era”, richiedeva giustamente il raggiungimento di un fattore di sicurezza adeguato ad un edificio che avrebbe accolto anche folle di fedeli.

Chiaramente non era possibile raggiungere una ragionevole sicurezza ricostruendo le murature crollate in modo simile a come erano al momento del crollo, ma problematico era anche dotare le murature rimaste, comunque disgregate, di una resistenza adeguata. È pertanto apparso subito chiaro che, nel rispetto della conservazione di quanto era rimasto, era necessario adottare soluzioni drastiche per trovare un ragionevole equilibrio tra sicurezza, conservazione e ripristino di una immagine storicizzata.

Per quanto riguarda le murature da ricostruire ex-novo, la soluzione è stata quella di realizzare il corpo dei muri e l’intero sistema di arconi sopra il presbiterio con solide murature di mattoni. Dovendo riproporre una facciavista esterna in pietra, il collegamento tra la muratura di mattoni e il paramento lapideo è stato realizzato mediante diatoni con barre di fibra di vetro inghisate alle pietre e “calze” di micro-trefoli d’acciaio galvanizzato.

Muri e cornici ricostruiti in muratura di mattoni.
(© Studio Associato Comes)

Per consolidare le vecchie murature, verificata la presenza di notevoli lacune interne e di sconnessioni tra i muri più antichi e i muri aggiunti nel XVIII secolo, sono state realizzate iniezioni di malta idraulica fluida e, per garantire un’adeguata compattezza, si è cercato di confinare le masse murarie con una rete sotto l’intonaco interno collegata, tramite diatoni, al paramento in pietra esterno consolidato.

Infine, per evitare l’innescarsi di meccanismi di dissesto per ribaltamento dei muri verso l’esterno, tutte le murature sono state collegate tra loro e con il campanile con robusti tiranti d’acciaio, in modo da formare una cerchiatura di tutta la costruzione. In particolare la facciata è stata collegata alle murature tramite tiranti posti all’interno dei muri longitudinali ricostruiti.

Come ancoraggi dei tiranti sono stati preferiti quelli tradizionali a paletto esterno, considerati meno invasivi e più affidabili rispetto agli ancoraggi con resine o con piastre all’interno dei muri.

Le volte crollate, in mattoni forati, saranno ricostruite in modo leggero con centine di legno e intonaco.

Il volume del presbiterio con i vani per la cupola e le volte leggere del transetto.
(© Studio Associato Comes)
Schizzo della volta
(© Carlo Blasi, Studio Associato Comes)

Ricostruire dopo un evento traumatico: quale approccio?

Potrebbe spiegarci quali approcci al restauro e alla ricostruzione si è scelto di adottare?

La questione di come ricostruire un edificio storico distrutto da un evento traumatico come un terremoto è un tema a lungo dibattuto che si ripropone ad ogni intervento.

La popolazione richiede in genere una ricostruzione identica all’opera persa, soprattutto quando questa era un elemento storico identitario di un luogo. Io credo che questa richiesta provenga non solo dal desiderio di ritrovare il monumento e l’ambiente precedente al disastro, ma anche per esorcizzare e cancellare dalla memoria il trauma subito, qualunque ne sia stata la causa: la guerra, il sisma o l’incendio.

Il mondo accademico, invece, in genere predilige la tesi che non si debbano fare copie, in quanto “falsi storici”.

Io credo che non ci debba essere una regola assoluta e che ogni caso sia diverso dagli altri e non credo ci sia nulla di falso in una copia chiaramente dichiarata: una copia vera, spesso frutto di una reinterpretazione del passato e della necessità di garantire una maggiore sicurezza.

D’altronde le copie di statue preziose poste nelle piazze al posto di quelle autentiche protette nei musei sono normalmente accettate. Una reinterpretazione è comunque il risultato di un processo di progettazione; l’importante è conservare tutto quanto si è salvato di originale e dare un valore architettonico e artistico del risultato finale. Al di là di ogni speculazione teorica, il restauro è comunque sempre un compromesso: la conservazione integrale è un mito, così come la ricostruzione com’era e dov’era è solo uno slogan.

Per delimitare il campo delle scelte da fare in fase progettuale, Il Ministero dei Beni Culturali ha predisposto, prima di dare l’incarico per il progetto, un “Documento di indirizzo alla progettazione” nel quale, pur con allocuzioni non vincolanti, lasciava trasparire la preferenza per una ricostruzione almeno simile a come era la Basilica prima del sisma: “Si dovrà garantire il rispetto della configurazione architettonica originaria e dei punti di riferimento identitari… I materiali originari dovranno essere recuperati… Il mantenimento della facciata … I volumi non dovranno essere dissimili … La ricostruzione del campanile … La ricomposizione dello spazio interno”.
Per poter rendere possibile il raggiungimento di tali obiettivi, il Ministero dei Beni Culturali con la locale Soprintendenza aveva attivato una azione di recupero e classificazione di tutto il materiale recuperabile: pietre squadrate, pietre lavorate, opere d’arte, decori, campane, arredi.

Un aspetto difficile da chiarire era l’interpretazione da dare all’aggettivo “originario” per un manufatto che dell’origine non aveva quasi più nulla e che nell’ultimo restauro degli anni ’50 aveva perso anche buona parte della sua immagine settecentesca.
Da parte dell’Amministrazione comunale, la richiesta di una ricostruzione “com’era e dov’era” veniva viceversa avanzata in modo esplicito. Ma com’era quando? Forse al momento del crollo?
A tale proposito si può notare come dopo decenni nei quali dalle sedi accademiche si è disquisito contro ogni ricostruzione identica, attualmente si sia passati in modo quasi unanime alla richiesta di ricopiare le forme perdute: le mode passano.

Il compito di risolvere tale difficile compromesso per quanto riguarda gli aspetti architettonici e decorativi è stato assunto dallo Studio Berlucchi di Brescia nell’ambito dell’ATP.

Alla fine dei lavori la Basilica avrà una immagine simile a quella precedente, in modo da soddisfare le richieste locali e ministeriali, ma avrà una sua nuova chiara identità, e sarà dotata di una resistenza notevolmente superiore a quella che aveva al momento del crollo.

Quali elementi dell'aspetto storico e spirituale della basilica sono stati prioritari nel processo di ricostruzione?

Vale la pena ripetere come la basilica avesse subito nei secoli modifiche radicali. A parte il rifacimento quasi completo dopo il sisma del XVIII secolo, quando le mura dell’abside e del transetto sud furono raddoppiate e l’intero apparato decorativo venne modificato secondo il gusto dell’epoca, realizzando anche un controsoffitto bianco con tre tele decorate per nascondere le strutture del tetto, la Basilica ha subito negli anni cinquanta del secolo scorso un ulteriore intervento di “restauro”, che a noi appare oggi più come una violenza ingiustificata.

Il tetto sopra la navata è stato rialzato di circa due metri, le falde sono state modificate, le volte rifatte con mattoni forati, ma soprattutto fu smontato l’intero controsoffitto per consentire la vista del tetto a capriate e dare alla parte alta della navata un aspetto “rustico”, forse volendo ricordare l’originaria chiesa gotica. Con l’occasione sono state perse le tre tele che decoravano il controsoffitto.

Seguendo le indicazioni del “Documento di indirizzo alla progettazione” predisposto dal Ministero è stata riproposta la configurazione architettonica ante sisma con la stessa tipologia di finitura (intonaco all’interno, paramenti in pietra all’esterno, capriate lignee e manto di copertura in cotto).

Il volume della navata ricostruito.
(© Studio Associato Comes)

All’interno del Portico delle misure ricostruito è stato ricomposto interamente, grazie ad una attenta anastilosi, l’antico portale gotico e le murature della chiesa sono state ricostruite ricollocando le grandi pietre esattamente nella loro posizione.

Il portale gotico ricomposto in anastilosi.
(© Studio Associato Comes)

All’interno della chiesa, però, ripartendo dai pochi decori rimasti, è prevista la riproposizione solo delle linee delle cornici e il restauro degli altari nelle forme precedenti ma senza rifare le decorazioni perdute. Un affresco rappresentante la madonna, ritrovato all’interno delle murature sarà però reso visibile.

Forse la variazione più visibile sarà la riproposizione all’interno di un controsoffitto che ricreerà la volumetria settecentesca.

Rendering della Basilica ricostruita con una ipotesi di controsoffitto.
(© Studio Berlucchi)

Quali sono state le fasi chiave del processo di restauro e in che fase si trova attualmente il progetto?

La prima attività intrapresa dopo il sisma è stata ovviamente la messa in sicurezza: una operazione delicata e rischiosa eseguita a cura dell’Università di Padova.

Appena è stato possibile, è stata avviata la fase della conoscenza e della classificazione di tutti materiali recuperati: fase fondamentale per ogni intervento di restauro.

La fase successiva è stata quella del progetto, che è stato chiaramente definito con riferimento al già citato “Documento programmatico del Ministero”.

Finalmente è stato aperto il cantiere con l’esecuzione delle opere del primo, ad oggi terminate, consistenti nella ricostruzione di tutte le strutture crollate, comprese le coperture e il campanile. La messa officiata il 30 ottobre 2023 è stata il segno della ricreata disponibilità del volume della basilica.

I lavori eseguiti hanno avuto un loro ritmo con alcuni momenti chiave.

  • La realizzazione di un ponteggio con una copertura di protezione globale scorrevole.
  • La ricostruzione in mattoni delle volte della cripta, riposizionando le antiche colonne crollate.
  • La ricostruzione delle murature perimetrali, realizzando in anastilosi, per quanto possibile, i paramenti esterni più significativi.
  • La ricostruzione del tetto a capriate con manto di copertura tradizionale.
  • La ricostruzione della cantoria con forme leggermente diverse da quella precedente.
  • La ricostruzione del campanile.

La situazione attuale è pertanto quella di una volumetria completamente ricostruita, ma ancora vuota per quanto riguarda le opere di finitura e i decori: pavimenti, altari, volte leggere, controsoffitti, arredi.

La fase finale dei lavori, con l’esecuzione delle opere ancora mancanti, è in corso di definizione sulla base di un progetto già approntato e approvato.

Come connettere parte ricostruita e parte storica

Come è stato risolto il problema della "giunzione" tra parte ricostruita e parte storica? La normativa prevede un approccio d’intervento specifico?

Tre erano le parti più significative che si erano salvate dal crollo e che dovevano essere inglobate nelle nuove murature: la facciata, rimasta praticamente integra, le murature della zona absidale e una porzione del campanile.

Per connettere efficacemente tali porzioni con le nuove murature, a parte le ovvie ammorsature, si è operato soprattutto mediante la tradizionale, ma sempre efficace, tecnica dei tiranti, trasversali e longitudinali, in modo da creare cerchiature a vari livelli dell’intera fabbrica. Anche le catene delle capriate sono state utilizzate per incrementare i collegamenti.

Per quanto riguarda la normativa, la situazione è molto confusa. In ogni caso, fortunatamente, non esistono prescrizioni riguardo alla problematica delle connessioni tra porzioni vecchie e nuove di una fabbrica. La mancanza di prescrizioni è positiva in quanto lascia alle capacità del progettista la libertà di trovare le migliori soluzioni a fronte di una casistica che può risultare la più varia.

Dico “fortunatamente” perché gli edifici tutelati sono prototipi unici che non possono essere sottoposti a norme cogenti se si vogliono adottare le migliori soluzioni per ogni caso e, in particolare, quelle meno invasive. Le norme sono certamente un ausilio alla progettazione, ma non possono essere cogenti per gli edifici tutelati. Rischiano di essere uno strumento di deresponsabilizzazione per gli attori di un intervento: io progettista ho rispettato la norma per cui sono tranquillo, anche se è invasiva, io funzionario sono tranquillo perché ho solo controllato il rispetto della norma.

Se vogliamo veramente salvaguardare i nostri monumenti bisogna riconoscere la responsabilità e il merito di chi progetta e di chi approva i progetti. Affermazione impopolare, ma assolutamente veritiera.

Connubio tra tecniche tradizionali e soluzioni innovative

Quali tecnologie innovative sono state utilizzate nel processo di restauro e ricostruzione?

La ricostruzione è avvenuta sostanzialmente con tecniche tradizionali, con l’unica rilevante modifica rispetto alla costruzione crollata di aver sostituito l’anima delle pareti a sacco crollate con una resistente muratura di mattoni.

Sono state utilizzate però soluzioni innovative, realizzate con materiali diversi da quelli tradizionali, per alcune funzioni specifiche come per il difficile compito di confinare e dare compattezza alle murature rimaste e per collegare i paramenti esterni al corpo delle murature.

Come già accennato, sono stati inseriti, in modo diffuso, nei muri di ampio spessore, numerosi diatoni con il compito di collegare tra loro i paramenti esterni. È noto come il confinamento aumenti notevolmente la resistenza di un muro. I diatoni, in malta di calce idraulica, sono stati armati con barre di fibra di vetro inghisate nelle pietre esterne e con “calze” di micro-trefoli d’acciaio ad alta resistenza collegate alle reti in fibra di vetro poste sotto intonaco all’interno.

Schizzo dei diatoni
(© Carlo Blasi, Studio Associato Comes)


[...] L'INTERVISTA CONTINUA NEL FILE PDF IN ALLEGATO

Immagini

© Studio Associato Comes

Le volte della cripta ricostruite.

© Studio Associato Comes

La passerella di servizio e le capriate.

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