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La nuova UNI 11104: per Roberto Marino occorre un passo verso l'approccio prestazionale nel calcestruzzo

La revisione della UNI 11104 segna un possibile cambio di rotta per il settore del calcestruzzo, spostando il focus da prescrizioni rigide a un approccio basato sulle prestazioni. Roberto Marino, esperto riconosciuto, analizza le implicazioni della norma, evidenziando vantaggi e criticità per l'industria.

Premessa all'intervista con Roberto Marino sulla nuova UNI 11104

La UNI 11104, attualmente in fase di inchiesta pubblica, rappresenta un punto di svolta per il settore del calcestruzzo in Italia. La sua revisione pone interrogativi cruciali sul passaggio da un approccio prescrittivo a uno prestazionale, con l'obiettivo di garantire maggiore qualità, durabilità e sostenibilità nei materiali da costruzione.

Per comprendere appieno le implicazioni di questo cambiamento, abbiamo intervistato Roberto Marino, figura di riferimento del settore e noto tra chi è un addetto del settore come "il Maestro".

Tra i principali limiti della versione attuale della norma, Marino evidenzia l’imposizione di un dosaggio minimo di cemento, un vincolo storico che ha ostacolato l’evoluzione tecnologica del calcestruzzo strutturale. L'introduzione di un modello prestazionale, invece, permetterebbe di liberare la progettazione dall’obbligo di determinate quantità di materiali, favorendo l’impiego di soluzioni più innovative e sostenibili, senza compromettere le prestazioni richieste.

Un aspetto particolarmente dibattuto riguarda la revisione del Prospetto 3, che attualmente impone limiti rigidi sul rapporto acqua/cemento e sul contenuto minimo di cemento. Marino sottolinea come la tecnologia moderna del calcestruzzo abbia ormai superato questi vincoli, grazie all’introduzione di cementi sostenibili e materiali alternativi come i filler calcarei, il cui valore prestazionale dovrebbe essere adeguatamente riconosciuto. In questo contesto, si evidenzia la necessità di un maggiore ricorso a prove sperimentali per dimostrare l’equivalenza prestazionale di nuove soluzioni.

L’intervista esplora inoltre il ruolo delle prove di durabilità, tra cui la resistenza alla carbonatazione, la penetrazione dell’acqua e l’attacco da cloruri, come strumenti fondamentali per certificare la qualità del calcestruzzo, al di là delle attuali prescrizioni normative. Secondo Marino, il concetto di prestazione deve essere guidato da criteri oggettivi e misurabili, piuttosto che da limiti imposti ex ante sui materiali utilizzati.

Un altro tema centrale è l’integrazione della UNI 11104 con le future Norme Tecniche per le Costruzioni (NTC). Marino evidenzia alcune contraddizioni tra i due testi, in particolare per quanto riguarda l’uso degli aggregati riciclati, e ritiene che la UNI EN 206:2021 resti un punto di riferimento da cui partire per un aggiornamento normativo coerente e moderno.

Infine, la discussione tocca il nodo della regolamentazione sulle combinazioni di cemento e l’adozione di procedure alternative per la verifica delle prestazioni, citando come esempio le norme inglesi BS 8500-1 e 2, che potrebbero offrire spunti interessanti per un allineamento internazionale.

L’intervista con Roberto Marino offre quindi una visione chiara e pragmatica sulle sfide e le opportunità della nuova UNI 11104, evidenziando la necessità di un cambio di paradigma verso un approccio più scientifico e meno vincolante, che favorisca innovazione, sostenibilità e qualità nel settore del calcestruzzo.

Andrea Dari, Editore INGENIO


Intervista a Roberto Marino sulla revisione della UNI 11104: vantaggi e criticità

I limiti dell’attuale approccio prescrittivo

Domanda: Quali sono i principali limiti dell’attuale approccio prescrittivo della UNI 11104 rispetto alle esigenze reali del settore del calcestruzzo?

Risposta: L’identificazione di una classe di esposizione associa alla resistenza caratteristica un dosaggio minimo di cemento, come valore limite della composizione. Si tratta di un retaggio culturale che ci trasciniamo da sempre, molto caro all’industria cementiera.
In realtà, questo approccio ha fatto ormai il suo tempo. Avendo vissuto questa diatriba da decenni, e con discussioni relative, comunque sempre corrette, posso dire che quello del dosaggio minimo è stato uno dei motivi di ritardo, sia culturale sia dal punto di vista tecnologico, al passaggio verso una filosofia prestazionale dei calcestruzzi strutturali.

   

Il passaggio a un approccio prestazionale

Domanda: In che modo l’adozione di un approccio prestazionale potrebbe migliorare la qualità e la durabilità del calcestruzzo utilizzato nelle costruzioni italiane?

Risposta: l’approccio prestazionale si basa su una serie di verifiche chimico e fisico meccaniche che richiedono un concetto di “libertà”, è la prescrizione dell’ingegnere progettista che stabilisce i limiti minimi. Per “libertà” intendo l’impiego, per esempio, di materiali innovativi, e non, senza avere vincoli di dosaggio o impiego nel rispetto delle prescrizioni progettuali.

    

Revisione del Prospetto 3: superare i limiti prescrittivi

Domanda: Come potrebbe essere rivisto il Prospetto 3 (relativo al valore di k) per andare oltre ai limiti prescrittivi su acqua/cemento e contenuto minimo di cemento, introducendo un percorso alternativo basato su prove sperimentali (ad esempio la “valutazione preliminare” di cui all’11.2.3 delle NTC 2018) che dimostrino l’equivalenza prestazionale?

Risposta: la tecnologia moderna del calcestruzzo ha ormai superato vincoli e limitazioni, alla luce anche dei cosiddetti cementi sostenibili.

Il prospetto 3 dovrebbe essere rivisto, soprattutto nel rapporto in massa aggiunta/cemento. Per fare un esempio, la norma non cita fra le aggiunte i filler calcarei. È ormai dimostrato che anche i filler calcarei hanno un proprio k. Tutto viene ancora visto nel tentativo di “frenare” la sostituzione del cemento. Grande misunderstanding!!! La qualità del calcestruzzo dipende dal rapporto a/c o a/p dove p sta per polveri.

   

Prove per un approccio prestazionale affidabile

Domanda: Quali prove e criteri di valutazione (resistenza alla carbonatazione, penetrazione di acqua, attacco da cloruri, prove di gelo/disgelo, ecc.) risulterebbero indispensabili per un approccio prestazionale affidabile, in alternativa o a integrazione dei requisiti di composizione (rapporto a/c, contenuto minimo di cemento, valore di k)?

Risposta: Le prove citate nella domanda sono prove che possono creare una carta di identità del calcestruzzo. Stabiliti certi traguardi, è ovvio che sono i traguardi stessi che stabiliscono quantità e qualità dei componenti. Per esempio, la determinazione della profondità di penetrazione all’acqua è una delle prove più importanti, da condurre a 28 e 90 giorni.

Se si vuole una bassa penetrazione all’acqua, per esempio di 1 cm, state certi che la resistenza media deve andare a oltre 45/50 MPa

   

Il rapporto tra aggiunte e cemento

Domanda: In che misura andrebbero riconsiderati i limiti massimi sul rapporto aggiunta/cemento (per ceneri volanti, fumi di silice, loppa d’altoforno, ecc.) quando dati sperimentali dimostrano prestazioni equivalenti o superiori ai calcestruzzi “convenzionali” definiti dalla norma?

Risposta: noi siamo abituati calcolare il rapporto a/c e il rapporto a/c equivalente, seguendo le normative in essere. In realtà, nei miei fogli di lavoro, aggiungo sempre il rapporto a/p, acqua/polveri che ho imparato dagli articoli di influenti professori degli Stati Uniti

   

Aggregati riciclati e sostenibilità 

Domanda: Come conciliare le disposizioni del Prospetto 6 (requisiti di durabilità e limiti prescrittivi) con un modello prestazionale che favorisca l’uso di materiali sostenibili (aggregati riciclati e aggiunte) e, al contempo, garantisca la durabilità attraverso metodi di prova e verifiche in opera?

Risposta: stiamo attenti al fatto che il prospetto 6 richiama la UNI EN 206:2021. L’Italia ha poi apportato alcune modifiche, contenuto minimo di cemento, diverse Rck, contenuti minimi di aria per Dmax, massima percentuale di sostituzione con aggregati riciclati, ecc. Personalmente non ho esperienze con calcestruzzi con aggregati riciclati

   

Esplicitare l’opzione prestazionale nella norma

Domanda: In che modo la norma potrebbe esplicitare meglio l’opzione prestazionale, ad esempio chiarendo la possibilità di adottare procedure di verifica alternative ai requisiti prescrittivi, ed evitando di trasmettere l’idea che la UNI 11104 sia vincolante in senso “impositivo”?

Risposta: domanda alla quale ho sempre risposto dicendo che in Italia non abbiamo mai affrontato il problema dell’ECPC e dell’EPCC. Il primo si riferisce alla applicazione dei principi di calcestruzzo a prestazione equivalente, il secondo di prestazione equivalente di combinazioni di cemento (CNR/TR 16639.

Per tale ragione, per alcuni lavori, ho fatto riferimento alla norma inglese, BS 8500 1 e 2, soprattutto nel campo delle combinazioni: se un produttore di calcestruzzo impiega un CEM I o CEM II/ALL con una determinata quantità di cenere volante, è come se impiegasse, di fatto, un CEM IV A con opportune verifiche in termini proporzionali

   

Riorganizzazione del capitolo sugli aggregati di riciclo

Domanda: Come si dovrebbe riorganizzare il capitolo dedicato agli aggregati di riciclo, attualmente basato su percentuali massime di sostituzione, per allinearlo all’approccio prestazionale e permettere di dimostrare l’adeguatezza del materiale tramite prove e certificazioni specifiche?

Risposta: non ho esperienze dirette con aggregati di riciclo, mi sembra però che le prove che si possono fare stabiliranno la loro giusta quantità e idoneità.

   

Rendere la UNI 11104 più snella e focalizzata sulle prestazioni

Domanda: Quali parti della norma (dal capitolo 5 fino ai prospetti sui parametri minimi di composizione) andrebbero rivedute in modo radicale per rendere la UNI 11104 più snella e focalizzata sulle prestazioni, favorendo così l’innovazione nel settore del calcestruzzo?

Risposta: non credo sia possibile. Si deve cambiare la EN 206:2021. Ma questo sarà un lungo e doveroso impegno

   

Rendere la UNI 11104 più snella e focalizzata sulle prestazioni

Domanda: Alla luce della revisione in corso delle Norme Tecniche per le Costruzioni, ritieni che si debba rivedere la UNI 11104 dopo la pubblicazione delle nuove NTC per assicurare piena coerenza e chiarezza complessiva?

Risposta: Vi sono dei punti di contrasto, per esempio sugli aggregati riciclati. Pur nelle sue ancora manchevolezze, considero la EN 206 ancora una norma moderna. Si deve fare un passo ulteriore nel senso prescrittivo, togliendo molti requisiti che risentono ancora di una mentalità composizionale

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