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La modellazione numerica per la valutazione del rischio idrogeologico

Nuovi strumenti per la valutazione numerica del rischio

Nuovi strumenti per la valutazione numerica del rischio

Introduzione

Negli ultimi anni il territorio italiano è stato fortemente colpito da diverse calamità di natura idrogeologica.
L’estrema variabilità della geologia, dell’orografia e del grado di urbanizzazione del territorio nazionale ha sempre rappresentato un ostacolo ai diversi tentativi di sviluppare procedure atte a mitigare o attenuare il rischio idrogeologico a livello nazionale.
La Presidenza del Consiglio dei Ministri ha recentemente promosso la stesura di linee guida per la progettazione degli interventi per il contrasto del rischio idrogeologico (#ItaliaSicura), con il chiaro intendo di promuovere la collaborazione proattiva dei territori, così come la polifunzionalità degli interventi e l’integrazione di diverse tipologie di mitigazione del rischio stesso.
Il documento proposto si articola in diverse schede, a loro volta suddivise in sezioni, contenenti dettagli, descrizioni e rilievi in merito all’efficacia degli interventi proposti, esponendo contenuti di tipo tecnico, normativo e regolamentare.
Nel mese di luglio si è conclusa la prima fase, rivolta principalmente ai professionisti coinvolti nel settore, di raccolta dei contenuti e delle proposte migliorative delle suddette linee guida.
Nell’ambito dello sviluppo di progetti di interventi per la mitigazione del rischio idrogeologico, un concetto fondamentale è quello della pianificazione. Venute meno le (passate) risorse economiche destinate ad interventi di questa natura, è ora più che mai necessario che il professionista delegato alla progettazione dell’intervento possa disporre degli strumenti più utili, efficaci e efficienti possibili; in quest’ottica si colloca la conoscenza integrata del territorio, dal punto di vista idro-geologico, climatico, strutturale e “storico”.
Per citare un estratto del documento: “l’opera non è un elemento a sé stante che, di per sé, risolve tutto, ma è parte viva di un contesto spaziale e temporale che va conosciuto e analizzato: il rischio, prodotto del valore esposto, della relativa vulnerabilità e della probabilità di accadimento dell’evento temibile, deve essere appunto valutato negli scenari ante-operam e post-operam in modo da supportare il decisore attraverso l’analisi differenziale, qualitativa e quantitativa.
Altresì ne vanno valutate le prestazioni per sollecitazioni al di fuori del punto di progetto e la relativa resilienza nei confronti di precipitazioni alterate per intensità e frequenza, dalla dinamica, ormai in atto, del clima.”

Pericolosità e impatto socio-economico

Quando si parla di rischio idrogeologico, gli eventi principali coinvolti sono frane e alluvioni, che colpiscono, in misura pur differente, l’intero territorio nazionale.
In Italia, in particolare, le frane provocate da eventi piovosi risultano tra i processi più diffusi in termini di frequenza ed estensione delle aree coinvolte.

Le frane superficiali si collocano tra i fenomeni franosi pluvio-indotti, e manifestano dimensione ed estensione relativamente ridotte, rispetto ad altri fenomeni di instabilità; tuttavia la loro pericolosità risulta elevata per diversi motivi, tra cui:

• densità elevata su pendii o aree sensibili
• rapidità evolutiva
• assenza di indizi premonitori dell’innesco

La superficie di scivolamento, per questo tipo di fenomeno, si localizza ad una profondità piuttosto limitata, alcuni metri sotto il piano campagna, in particolare in stratigrafie che coinvolgono coltri superficiali di alterazione su di un substrato più o meno compatto.
La superficie di scivolamento tende a localizzarsi al contatto tra coltre e substrato, o comunque in prossima di strati di alterazione degli stessi, dove si localizzano bruschi cambiamenti di caratteristiche geotecniche e idrogeologiche.

Per meglio comprendere la reale portata del fenomeno, citiamo alcuni dati di fonte ISPRA, per l’anno 2015: le frane sul territorio sono stati ben 528903, con oltre 200 eventi principali. Il numero di persone residenti in zone a rischio elevato ammonta a circa 5 milioni, mentre le imprese/attività commerciali sono più di 79000. In termini di patrimonio culturale, il 18% dei Beni Culturali appartiene a zone a rischio.
In passato, così come i terremoti, anche gli eventi idrogeologici catastrofici sono sempre stati trattati come una fatalità, un’eccezione e, trattandoli come tali, non si è provveduto ad intervenire con provvedimenti strutturali adeguati di mitigazione e gestione del rischio.

Negli ultimi anni, inoltre, si è molto intensificato il consumo di suolo, con la conseguente modifica dello sfruttamento dello stesso e un’attenzione maggiore nel progettare opere compatibili con l’ambiente e con le sue peculiarità.

L’impatto di un evento franoso catastrofico ha una conseguenza non solo ambiente/idrogeologica ma:
• coinvolge centri abitati e obbiettivi sensibili
• riduce il suolo adibito a coltivazioni o attività economiche
• altera o disturba la viabilità locale
• impatta su infrastrutture generiche.

Le possibili cause di frane superficiali

Le possibili cause di questi eventi non sono riconducibili solamente a fattori naturali, ma vanno considerati anche:
• contesto antropico
• riprofilature artificiali di versanti
• interventi antropici di varia natura
• assenza o riduzione della regimazione delle acque superficiali/sotterranee
• cambiamento destinazione d’uso del suolo (abbandono coltivazioni) 

La modellazione numerica per la valutazione del rischio

L’ingegneria geotecnica e ambientale fornisce, al progettista, strumenti potenti per lo studio e l’analisi del rischio idrogeologico dell’area in esame; in particolare, i più recenti sviluppi tecnologici e scientifici hanno permesso la diffusione di software di calcolo specialistico che, tramite diversi approcci numerici, permettono lo studio dell’interazione idro-meccanico.
Nel seguito verrà mostrato e dettagliato un esempio di analisi numerica per l’infiltrazione superficiale di un evento piovoso, mettendo in evidenza le diverse possibilità di modellazione la diversa risposta del modello a seconda dell’intensità di pioggia simulata.
In questo esempio viene studiata la stabilità di un versante per due eventi piovosi successivi, in cui aumenta l’intensità ma diminuisce la durata.
Nel primo evento di pioggia vengono scaricati 584mm in un periodo di sette mesi; nel secondo evento 228mm in 4 giorni.
Lo scopo dell’analisi è studiare l’evoluzione della pressione neutra nel terreno.

Il modello numerico corrisponde ad un versante naturale, cui viene applicata un’infiltrazione superficiale di intensità e durata predefinita.


Figura 1 - Mesh di Analisi del modello numerico di infiltrazione superficiale

Per la simulazione viene adottato il modello costitutivo elasto-plastico di Mohr-Coulomb, caratterizzato da un angolo d’attrito pari a 30° e coesione nulla.
Il software di calcolo commerciale mette a disposizione un modulo di calcolo chiamato “two phase fluid flow”, che permette l’analisi dell’impatto della pressione capillare in terreni parzialmente saturi, con particolare attenzione alla tematica della stabilità di versante.
Dal punto di vista fisico il continuo è composto da 3 fasi distinte: un fluido “bagnato”, un fluido “non bagnato” e lo scheletro solido; la pressione capillare (risalita capillare) varia in relazione al grado di saturazione, come mostrato nel grafico seguente, ma anche dalla geometria dei vuoti tra particelle e dalla natura dei solidi e dei liquidi coinvolti.


Figura 2 - Mesh di Analisi del modello numerico di infiltrazione superficiale

(...continua la lettura sul pdf)
 

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