La flessibilità dell'acciaio strutturale negli interventi di ristrutturazione complessi: un caso studio
Nel presente articolo si descrive il complesso intervento di consolidamento o integrale rifacimento di parti significative di un moderno edificio polifunzionale nuovo hub di Luxottica, in cui l'uso dell'acciaio ha permesso una grande adattabilità alle numerose esigenze progettuali e di cantiere.
Nelle sfide proposte da strutture multivalenti come i moderni edifici polifunzionali ad uso commerciale e di rappresentanza, le caratteristiche doti di flessibilità e adattabilità dell’acciaio giocano un ruolo fondamentale al servizio del progetto integrato, della funzionalità e della sostenibilità, della sicurezza e dell’efficacia in tutte le fasi della costruzione, in una parola della qualità globale dell’intervento edilizio, sia in fase di costruzione, sia nel periodo di fruizione. Come ormai nell’esperienza di tutti, nelle ristrutturazioni come nelle nuove costruzioni l’acciaio implementa capacità funzionali e interpretative impareggiabili.
Le costruzioni che vogliono rispondere alle sfide più attuali prevedono soluzioni di grande complessità, che vengono gestite in ambienti di innovazione digitale di tipo BIM, rispondendo però sempre ad una serie di requisiti di normativa e non, che spaziano dall’antisismica al settore energetico, dalla sicurezza antincendio alla sostenibilità, dall’efficacia della programmazione dei lavori alla costante valutazione di un ottimale rapporto costi / benefici, all’affidabilità e alla manutenibilità.
L’esempio che viene documentato costituisce a nostro avviso un’ottima esemplificazione delle molteplici risposte che l’acciaio è in grado di fornire nelle sue declinazioni più attuali.
Nel progetto costruttivo, in particolare, si definisce il momento di effettiva realizzazione delle idee progettuali: a partire dalle fondazioni speciali, al rafforzamento strutturale dell’esistente, all’ottimizzazione degli spazi, alla gestione delle azioni statiche e sismiche nei punti nevralgici della costruzione, alle funzioni essenziali per l’integrazione impiantistica, fino ai dettagli singoli di integrazione dei sistemi di complemento
II progetto costruttivo di un moderno edificio multifunzionale a Milano
La costruzione del nuovo hub polifunzionale di Luxottica SRL in via Tortona, 35 a Milano, iniziata nel 2019, prevedeva l’aggiunta di un nuovo piano interrato e di un piano ammezzato sviluppando alcuni requisiti chiave:
- evitare l’abbattimento dell’involucro,
- mantenimento dell’impianto strutturale originario,
- scavi in presenza di edifici relativamente alti in adiacenza,
- costruzione di solai aventi importante capacità portante.
Il progetto architettonico è firmato da Park Associati Srl, l’appaltatore principale era SMV Srl di Telgate (Bg), che ha curato l’aggiornamento del BIM dell’edificio.
Il progetto statico originario, a cura di MSC e Associati SRL, è stato implementato e arricchito dagli scriventi in sede di progettazione costruttiva. Fincon Consulting Italia Srl ha sviluppato in particolare la progettazione integrale delle varianti strutturali e la stesura degli elaborati costruttivi, fino alla modellazione dei dettagli di officina delle opere.
Nel contesto della costruzione, la funzione chiave assunta dall’acciaio è costituita dall’adattabilità alle varie situazioni esistenti, per le quali è stato possibile studiare differenti approcci di consolidamento o integrale rifacimento di parti significative, mantenendo invariate le valenze architettoniche.
Questo è avvenuto per le fondazioni, per le strutture orizzontali e verticali, le coperture, i nuclei scala e ascensori, i dettagli specifici con funzione antisismica, nelle problematiche antincendio, di illuminazione e per la riduzione dei rumori.
Le problematiche di fondazione
Per permettere di effettuare gli scavi in sicurezza sono state adottate paratie di micropali ad armatura tubolare metallica, soluzione consolidata di protezione degli scavi che permette di intervenire in spazi limitati anche in presenza di carichi di fondazione limitrofe, il tutto praticamente senza cedimenti. Un’attenta valutazione delle strutture ha permesso di effettuare gli scavi senza utilizzare tiranti all’esterno della proprietà, caratteristica particolarmente apprezzabile in contesti fortemente urbanizzati.
Le dimensioni ridotte di ingombro e la flessibilità degli impianti di micropali ad armatura metallica si sono rivelati la carta vincente in chiave di ristrutturazione: pochi altri sistemi permettono di adattarsi a situazioni di contorno complesse in presenza di fondazioni nuove e preesistenti (figura 1), entrambe gravate da rilevanti azioni statiche.
Peraltro gli strumenti di calcolo geotecnico risultano ormai evoluti al punto di modellare adeguatamente tutte le componenti strutturali, ed in particolare le armature metalliche, controllando ogni aspetto della progettazione.
In figura 2 è riportato l’output del programma utilizzato per la progettazione dei micropali: l’analisi FDM ha permesso di stimare in anticipo le sollecitazioni e i cedimenti laterali attesi riducendo praticamente a zero le criticità in prossimità di edifici esistenti.
Robusti dettagli di trasmissione dei carichi (figura 3) tra armature metalliche dei micropali e fondazioni hanno permesso infine di contenere anche gli, altrimenti inevitabili, ingombri strutturali.
Particolarmente incisiva è risultata inoltre la soluzione di sottofondare alcuni pilastri esistenti con gruppi di micropali ad alta capacità portante [1] per permettere scavi sotto la fondazione (figura 4).
Una soluzione di questo genere, non pervasiva (in quanto i micropali sono stati in seguito eliminati nella porzione fuori terra) e con limitazione degli spazi sottratti al cantiere, si è resa possibile in seguito ad un accurato calcolo delle azioni verticali trasmesse che hanno permesso il dimensionamento della fondazione in fase provvisionale. Sono stati inoltre messi in opera calastrelli per evitare insorgenza di instabilità locale delle armature metalliche solo parzialmente infisse nel terreno.
L'intervento di consolidamento dell'esistente
Il tema della realizzazione di un nuovo piano intermedio mantenendo l’impianto portante verticale originario, costituito da pilastri in c.a., ha posto problemi di una certa complessità volendo evitare di “raddoppiare” all’atto pratico le strutture esistenti.
La precedente funzione industriale dell’edificio garantiva la robustezza dei pilastri e un adeguato dimensionamento delle fondazioni, considerate le luci originarie (maglia quadrata di 8,0 x 8,0 m).
La ristrutturazione prevedeva peraltro un locale aumento delle luci (16,0 x 8,0 m) e contemporaneamente la realizzazione di un piano calpestabile intermedio avente funzioni diversificate che andavano dai locali uffici e deposito agli spazi espositivi e collettivi di ristoro, ai giardini pensili.
La soluzione pensata in origine e mantenuta integralmente prevedeva l’adozione di grandi travi in acciaio di altezza 800 – 1000 mm, alcune delle quali preforate in stabilimento per permettere il passaggio di tubazioni con schema diversificato per impianti meccanici ed elettrici e diametri notevoli, superiori in alcuni casi alla metà dell’altezza delle travi di impalcato.
Come d’uso per impalcati metallici, il piano di calpestio era previsto con solaio in lamiera grecata collaborante. Nel complesso, la problematica essenziale posta dal nuovo orizzontamento era quella del nodo di appoggio delle nuove travi ai vecchi pilastri, di dimensione cospicua (60 x 60 cm) peraltro debolmente armati e realizzati con calcestruzzi poco performanti. Valori di taglio trasmesso al pilastro fino a 1050 KN dalle singole travi concorrenti dovevano venire assorbiti in nodi multipli, dove convergevano più travi.
Pertanto l’analisi di tutte le componenti di sforzo assommate nei nodi intermedi sconsigliava soluzioni di semplice ringrossamento generalizzato dei pilastri mediante prodotti cementizi ad alta resistenza, percorribili quando non vi siano particolari concentrazioni di sforzi di taglio.
Altre operazioni sull’esistente, come la necessità traumatica di tagliare, per motivi architettonici, diverse mensole tozze da carroponte, insieme alla complessità dei dettagli di appoggio della nuova copertura a capriate metalliche, suggerivano un approccio più radicale e insieme meno pervasivo sui pilastri esistenti. La soluzione, permessa unicamente dalla flessibilità di produzione e utilizzo dell’acciaio, è stata individuata nell’incamiciatura selettiva e diversificata dei pilastri esistenti.
L’analisi elastica classica, in termini di sollecitazioni / deformazioni in campo lineare, permetteva di individuare le concentrazioni di sollecitazioni ma non le problematiche di instabilità locale dovute a ingenti concentrazioni di azioni localizzate. In più, le incamiciature risultavano solidarizzate all’esistente soltanto per certe determinate libertà (per esempio a compressione e per alcuni spostamenti rotazionali) ma non quando veniva in qualche modo impegnata la resistenza a trazione del calcestruzzo. Pertanto si è deciso di modellare la struttura delle incamiciature con particolare attenzione ai fenomeni di instabilità locale nei punti di nodo con le travi di interpiano, differenziando gli spessori.
Per motivi geometrici correlati alle dimensioni in sezione dei pilastri e agli spessori relativamente esigui dell’acciaio, si sono considerate le nuove strutture metalliche in classe 4, impostando un’apposita analisi di instabilità agli elementi finiti. Il risultato ha permesso un’accurata valutazione della domanda sui nodi, con utilizzo di spessori maggiorati di acciaio in corrispondenza dei nuovi giunti con le travi di piano.
Le instabilità determinate analiticamente nelle altre parti delle incamiciature non soggette a immissioni di carico eccessive (figura 5), sono state considerate ininfluenti. Lo schema delle incamiciature maggiormente utilizzate e alcuni momenti delle lavorazioni sono mostrati nelle figure 6 e 7. Gli spessori di acciaio, a seconda delle zone di sollecitazione, variavano tra un minimo di 5 mm e un massimo di 22 mm, con flange e piatti di collegamento dei giunti di spessore fino a 25 mm.
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Il presente articolo fa parte della rivista COSTRUZIONI METALLICHE gen-feb 2024.
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