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La corretta applicazione degli intonaci di calce naturale

L'articolo vuole dare indicazioni pratiche e utili per l'applicazione degli intonaci di calce naturale, sia aerea sia idraulica. Ancora oggi, nonostante i produttori di intonaci di calce siano notevolmente aumentati, c'è molta diffidenza nel suo uso. I consigli pratici contenuti nell'articolo vogliono stimolare gli operatori a ragionare con il proprio buon senso e, superando i timori, imparare a utilizzare questi prodotti su qualunque tipo di edificio, dallo storico alla nuova costruzione, qualunque sia la geolocalizzazione.

In quante mani deve essere applicato un intonaco per garantire al manufatto una durabilità elevata nel tempo?

Nel “De Architectura” di Marco Vitruvio Pollione, scritto circa 2.000 anni fa, troviamo una descrizione di sette strati, dal più grossolano a contatto con la muratura fino al più fine, con uso di grassello di calce aerea e ferri adatti all’uopo.

     

Figura 1: Illustrazione dei sette strati di intonaco del Vitruvio (Rusconi – 1590)
Figura 1: Illustrazione dei sette strati di intonaco del Vitruvio (Rusconi – 1590)

  

I veneziani del Rinascimento, per necessità o per virtù, riportano indicazioni per eseguire intonaci esterni “a Marmorino” e cioè ad imitazione del marmo greco (usato nelle facciate più ricche e anche policrome), in sei strati, dal più grezzo allo strato finale, chiamato “polimento” e lucidato a ferro per rendere la superficie più resistente.

     

Figura 2: Venezia: Intonaco a marmorino di oltre 200 anni
Figura 2: Venezia: Intonaco a marmorino di oltre 200 anni (@Luigi Vantangoli)

   

Il manufatto romano e quello veneziano venivano prodotti nel giro di mesi, per poter lasciar ben maturare lo strato precedente prima di applicare il successivo. Abbiamo già visto come la calce privilegia l’adesione su superfici già maturate, a differenza del cemento che, dopo tre ore dalla posa, chiude la “presa” e impedisce ogni ulteriore adesione di cemento (a meno che non sia opportunamente additivato con resine sintetiche).

Nella Venezia rinascimentale se un ponteggio di facciata fosse stato smontato prima di due anni si sarebbe stato soliti dire “quello non sarà un buon intonaco”. Non per nulla oggi, a Venezia, possiamo ancora vedere in discrete condizioni intonaci a marmorino di oltre 200 anni di vita, in un clima che possiamo considerare il peggiore di Europa: gelo, disgelo, caldo, freddo, la Bora a oltre 100 km all’ora, l’aerosol marino con i suoi Sali e, in aggiunta, il regalo inquinante del sito industriale di Porto Marghera da sessanta anni.

Per contro siamo arrivati, in epoca contemporanea, ad applicare intonaci in un’unica mano e con l’aiuto di macchine per velocizzare i tempi. Se una malta tradizionale contiene circa il 20-22% di acqua di impasto gli intonaci monostrato ne contengono fino al 28%.

I tempi di idratazione naturale del legante non viene rispettato perché il materiale si miscela mentre viaggia nei tubi dell’applicatore e quindi è necessario mettere più acqua e additivi bagnanti e fluidificanti per trasportare il materiale per 20 metri e oltre di tubo.

Questa maggiore quantità di acqua comporta un maggiore ritiro fisiologico della malta, una volta applicata, con crepe e distacchi dal supporto.

Questo fenomeno viene controllato con l’aggiunta di additivi antiritiro e ritardanti. Ecco, quindi, come la chimica dell’additivo sia diventata ancora più importante dei leganti e degli inerti. Tutto questo per contenere i costi e non per migliorare la qualità dei manufatti e la loro durabilità.

Tornando alla domanda iniziale, quante mani occorrono per avere un buon intonaco? Sono sufficienti solo tre mani che, se applicate seguendo i consigli riportati in questo articolo, daranno origine a manufatti molto longevi nel tempo.
Prima ancora però teniamo presente che una adeguata preparazione del supporto murario, soprattutto se vecchio e con qualche “acciacco”, è fondamentale per la durata dell’intonaco.

  

Preparazione dei vecchi supporti

La parete da intonacare deve essere ben pulita, esente da problemi di umidità per risalita capillare e da sali.

Utilizzare tecnologie, possibilmente non invasive, per eliminare la patologia alla fonte. Eventuali tracce di gesso devono essere rimosse completamente o quantomeno per diversi centimetri di profondità verso l’interno del muro.

La parti di muro che devono essere risarcite, perché ammalorate, saranno ricostruite con la stessa malta di calce utilizzata per gli intonaci. Questa malta ha infatti caratteristiche fisico- chimiche molto simili od uguali a quella originale impiegata in origine per costruire il muro.

Intervenendo in questo modo, evitiamo di procurare danni e di innescare future patologie ad un muro, come ad esempio lo sviluppo dei sali, cosa invece che succede facilmente quando impieghiamo malta cementizia per riparare vecchi muri. Il cemento venduto oggi contiene sempre discrete quantità di sali, che derivano dalle impurità delle materie prime impiegate per la produzione. La malta cementizia è notoriamente molto rigida e non si adatta a vecchie strutture costruite con malta di calce e sabbia o addirittura terra cruda, molto più elastiche e traspiranti.

Ricordiamo sempre del principio del diapason: il muro deve poter “suonare” in modo uniforme in tutta la sua struttura.

Bagnare le superfici qualche ora prima dell’applicazione, copiosamente nella stagione molto calda.

  

Preparazione dei nuovi supporti

Nel supporto nuovo cureremo la pulizia delle superfici con una veloce passata di spazzola o scopa per eliminare eventuali efflorescenze saline, e procederemo all’operazione di bagnatura con acqua ben pulita, abbondando sempre nella stagione calda.

  

Miscelazione dei materiali per un intonaco di grassello di calce aerea

Il contenuto del sacco di intonaco di grassello di calce va svuotato in una betoniera, mescolato per pochi minuti per omogeneizzarlo e renderlo plastico ed essere applicato con facilità.

Evitare l’uso della molazza perché la miscelazione in questa macchina macina gli inerti, rompendone la curva granulometrica e modificandone le caratteristiche fisico-meccaniche. Se vogliamo rendere idraulica la malta di grassello e sabbia, non dobbiamo far altro che aggiungere la polvere di cocciopesto.

Come abbiamo visto in precedenza, l’aggiunta del cocciopesto alla normale sabbia, che potrà variare tra i due ed i sei chilogrammi per ogni confezione da venticinque chili di malta preconfezionata a base di calce aerea, provoca una reazione che trasforma la calce aerea in malta idraulica.

     

Figura 3: Polvere di cocciopesto, usata come “additivo” per idraulicizzare la malta di calce aerea.
Figura 3: Polvere di cocciopesto, usata come “additivo” per idraulicizzare la malta di calce aerea. (@Luigi Vantangoli)

  

Questa additivazione è sempre consigliata quando ci si trova davanti a superfici poco consistenti, come muri antichi, oppure difficili per l’aggrappaggio, quali il cemento armato. L’additivazione con cocciopesto alla malta di grassello è necessaria anche quando è molto freddo e umido, condizioni queste che di solito inibiscono la presa e l’indurimento della calce aerea, rallentandoli notevolmente.

Durante la stagione fredda, un modo per accelerare la presa della malta di calce aerea, per realizzare spigoli e guide, è quello di additivare il contenuto del sacco di malta grezza con qualche cazzuola di calce idraulica naturale. Questa piccola additivazione è più che sufficiente per far indurire guide e spigoli nel giro di poche ore, permettendo agli applicatori di lavorare senza avere tempi morti. La omogeneizzazione del materiale è ottenuta con pochi giri di betoniera.

Quando il materiale è pronto, resta attaccato alla cazzuola rovesciata e sviluppa tutte le caratteristiche di plasticità e lavorabilità intrinseche. Una volta omogeneizzata la malta in betoniera, possiamo applicarla sia a mano sia con le macchine in dotazione alle squadre specializzate. Questo è possibile grazie alla elevata plasticità e fluidità, naturale, della malta di calce, caratteristiche che vengono invece conferite alle malte cementizie moderne con la massiccia introduzione di additivi plastificanti, aeranti, fluidificanti, ecc.

IN OGNI CASO NON APPLICARE MAI INTONACI SOTTO AI 5°C DELL’ARIA E DEL SUPPORTO MURARIO.

  

Malte composte in cantiere con calci aerea e/o idraulica naturale e inerti

La calce idraulica naturale si presenta in polvere e deve essere miscelata in betoniera con gli inerti ben puliti ed in opportuna curva granulometrica. Evitare l’uso della molazza perché tende a rompere la curva granulometrica.

Il rapporto di miscelazione è di circa 3 - 4 quintali di calce per metro cubo di sabbia, dipende dall’utilizzo della malta, dalla dimensione e dalla pulizia degli inerti. In volume il rapporto è di 1 a 3, come già scriveva il Vitruvio circa 2.000 anni fa.

Se si utilizzano inerti fini il rapporto può scendere a 1 a 2.

È sempre buona norma miscelare almeno tre granulometrie di inerti (o aggregati) e creare una buona curva granulometrica.
Il tempo giusto di omogeneizzazione si ha quando la malta resta attaccata alla cazzuola rovesciata.

  

Figura 4: Miscelazione intonaco in betoniera e successivo riempimento di coclea di macchina montamalta.
Figura 4: Miscelazione intonaco in betoniera e successivo riempimento di coclea di macchina montamalta. (@Luigi Vantangoli)

   

Malte preconfezionate nei sacchetti

Le malte preconfezionate nei sacchetti, utilizzano solitamente la calce idraulica naturale (NHL). In questi casi, mantenendo sempre le regole del buonsenso, è opportuno seguire le indicazioni fornite dalla casa madre per l’utilizzo.

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Il contenuto di questo articolo sarà presente nel “Manuale del restauro e manutenzione delle facciate”, opera di oltre 500 pagine edita prossimamente dalla casa editrice Maggioli.

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