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La complessa progettazione impiantistica degli ospedali: qualche consiglio in ottica post-covid

Una dettagliata analisi che affronta il tema della progettazione impiantistica negli ospedali fornendo indicazioni anche per la corretta gestione della qualità dell’aria interna.

Gli ospedali sono senza dubbio tra le strutture più complesse dal punto di vista impiantistico. I requisti di comfort richiesti (come la temperatura dell’aria, l'umidità relativa e le portate di aria di rinnovo), variano a seconda delle numerose tipologie di ambienti in cui è composta una struttura sanitaria.
La corretta progettazione impiantistica di questi edifici nasce quindi dalla perfetta conoscenza dei requisiti di comfort da garantire in ciascuna zona e dai parametri che ne influenzano il benessere termo-igrometrico, tenendo sempre conto del loro aspetto energivoro che in queste strutture costituisce un dato non certo irrilevante dal punto di vista della spesa.
Infine, parlando di impianti e di salubrità degli ambienti non si può non accennare agli ultimi eventi di emergenza sanitaria che hanno portato all'attenzione il rischio di diffusione degli inquinanti nell'aria e alla possibilità di adottare nuove soluzioni tecnologiche o riviste.

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Le varie tipologie di ambienti in cui si possono suddividere ospedali e strutture sanitarie

Il tema dell’edilizia sanitaria rappresenta da sempre una delle principali sfide per i progettisti: si tratta di operare in un contesto estremamente delicato, sia da un punto di vista attivo (ovvero, le operazioni che sono svolte all’interno degli edifici), sia da un punto di vista passivo (la protezione che deve essere garantita a soggetti intimamente fragili, quali sono i malati e i degenti). In linea generale, questo consente la suddivisione degli ambienti sanitari in 4 grandi ambiti, se valutati in ottica energetica ed impiantistica:

  1. aree ad alta specializzazione e tecnologia, dove sono svolte le attività sanitarie di maggior complessità e sono collocati macchinari specifici e fortemente energivori;
  2. aree di degenza, dove è fondamentale garantire il comfort e la protezione dei malati;
  3. aree di supporto, ovvero tutti quegli spazi ausiliari alle attività sanitarie propriamente dette (spazi distributivi, sale di attesa, atrii etc.);
  4. aree tecniche, dove sono collocati impianti o sistemi produttivi, definibili severi da un punto di vista del comfort termo-igrometrico: in essi, il principale fine è garantire lo svolgimento delle attività operative, cui sono riferiti i requisiti relativi alle condizioni interne.

A temi consolidati, si aggiungono ora anche le esigenze che la pandemia ha portato alla luce, anche in ottica di prevenzione: qualche indicazione aggiuntiva sull’organizzazione del sistema edificio-impianto l’esperienza drammatica del Covid l’ha fornita, in particolare su quelli che sono gli ambienti in cui maggiore è la contaminazione generata dalla presenza di soggetti esterni, ovvero gli spazi per le degenze e le aree di supporto. In questi ambienti, oltre ad un grande controllo delle condizioni interne di qualità dell’aria, di temperatura e di umidità relativa, si è evidenziata una necessità di “compartimentazione aeraulica”, finalizzata ad evitare passaggi di inquinanti (ed agenti virali) tra i vari ambienti, nonché un dimensionamento attento e controllato della ventilazione, vero e proprio scudo difensivo per la riduzione del rischio di contagio.

Gli ospedali come sistemi energivori

La spesa per la sanità – pubblica e privata – si aggira in Italia attorno ai 140 miliardi di euro, ovvero circa 8,8% del PIL nazionale. Di questa spesa, una cifra approssimabile al 5% (pur con tutte le differenze del caso) è legata alla sola energia. Le strutture sanitarie, e gli ospedali in particolare, per il loro funzionamento hanno bisogno di energia, elettrica (per il funzionamento dei vari impianti) e termica (per il mantenimento delle condizioni di confort all’interno degli edifici, ma anche per sanificare e pulire).
Gli ospedali sono definiti dal GSE come “strutture sanitarie complesse, che possono essere composte da più di un edificio e sono caratterizzate da elevati consumi energetici”.  In questo contesto, l’energia termica rappresenta circa i 2/3 del totale dei consumi energetici di una struttura sanitaria, venendo impiegata in processi e servizi come ventilazione, riscaldamento, aria condizionata, produzione di acqua calda, sterilizzazione.
Chiaramente, i principali elementi energivori sono gli impianti HVAC – Heating, Ventilation and Air Conditioning – che devono non solo garantire le condizioni di comfort e di qualità dell’aria per le persone (pazienti, personale, visitatori), ma devono innanzitutto e soprattutto soddisfare le esigenze richieste dalle attività di tipo medico svolte in specifici ambienti e/o reparti. 

I requisiti specifici (temperatura dell’aria, umidità relativa e portate di aria di rinnovo) sono definiti in funzione delle specifiche necessità di ciascuna tipologia di ambiente ospedaliero e per questo gli impianti HVAC nelle strutture sanitarie vengono progettati differenziandoli in funzione delle patologie o dell’intensità di cure a cui sono destinati i diversi locali
Ci si riferisce, in particolare, alle sale operatorie, alle terapie intensive, al reparto infettivi in cui, ovviamente, vanno garantite condizioni di qualità dell’aria (e di igiene) superiori rispetto agli reparti dell’ospedale. Ovviamente, maggiore è il controllo, maggiore è il dispendio di energia termica.

Un’opportunità importante, che consente di abbattere le spese legate all’energia è quella di ricorrere all’autoproduzione di energia, con due strade complementari e mai alternative: il fotovoltaico e la cogenerazione.  L’installazione dei pannelli fotovoltaici è un’opzione concreta per buona parte delle strutture sanitarie, che spesso hanno a disposizione tetti abbastanza estesi, che consentono di installare un numero congruo di pannelli, cioè in grado di garantire un’autonomia elettrica importante.  L’altra possibilità, in realtà già molto utilizzata dagli ospedali italiani è quella della cogenerazione. Una ulteriore possibilità per le strutture ospedaliere è rappresentata dalla trigenerazione: nel periodo estivo, il calore recuperato dall’impianto di cogenerazione può essere trasformato in energia frigorifera utile per il condizionamento degli impianti, grazie all’ impiego di un ciclo frigorifero ad assorbimento.

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I soffitti radianti nella climatizzazione degli ospedali

Negli ambienti ospedalieri è fondamentale mantenere condizioni termoigrometriche adeguate ed è importante individuare la tipologia impiantistica che garantisca comfort e azzeri qualsiasi rischio di coltura microbica. 

Soprattutto le aree di degenza negli ospedali devono essere riscaldate e raffrescate in modo appropriato, sicuro e controllato.

 Qual è il sistema migliore?

>>> L'intervista all'Ing. Alberto Montibelli di Giacomini

Ospedali e comfort: i requisiti

Per una corretta valutazione del comfort, bisogna tenere in considerazione le caratteristiche ambientali, ma anche quelle legate all’attività metabolica degli utenti, in funzione della specifica attività che essi sono chiamati a svolgere in ogni ambiente. 

I parametri che influenzano il benessere termo-igrometrico sono quindi:

  • Temperatura [°C];
  • Umidità relativa [%];
  • Velocità dell’aria [m/s];
  • Qualità dell’aria (intesa come inquinamento della stessa);
  • Temperatura delle superfici radianti [°C];
  • Vestiario [m2°C/W] o [clo] e attività svolta dagli occupanti [W/m2] o [met].

Per i reparti di degenza sono consigliati temperature dell'aria comprese tra 20 e 24 °C in inverno e 22-26 °C in estate con valore di umidità relativa variabile entro limiti molto ampi (35-70%) e con velocità dell'aria inferiore a 0,2-0,3 m/sec. 

I reparti specialistici e le sale operatorie richiedono un controllo molto preciso di tali parametri. Per quanto riguarda i cosiddetti reparti di cura (come le sale operatorie) sono proposti valori di temperatura dell'aria e di umidità sensibilmente diversi (questi ultimi intorno a 50-60%). 

Per i locali adibiti ad uffici sono invece raccomandati valori di temperatura dell'aria compresi tra 20 e 24 °C, di umidità tra 40 e 70% e di velocità dell'aria intorno a 0,1 m/sec.

La portata d’aria di rinnovo è direttamente connessa alla qualità dell’aria interna, aspetto che nel post-COVID è fondamentale garantire per ridurre al minimo la presenza di virus nell’aria. 

Sarà necessario comunque prevedere la possibilità di aumentare la portata d’aria di rinnovo immessa, l’implementazione di sistemi di filtraggio adeguati (dove siano presenti di impianti di ventilazione meccanica) e un monitoraggio continuo degli inquinanti presenti nell’aria.

Gli impianti di climatizzazione ad aria devono essere opportunamente gestiti per evitare la diffusione dei virus. È infatti preferibile ridurre i movimenti (e le masse) d’aria.

Diventa quindi preferibile l’impiego di impianti misti, cui il controllo dei carichi termici è affidato a un sistema idronico, mentre il controllo dell’IAQ è affidato ad impianti ad aria primaria, non più estesi come in passato ma asserviti a spazi ridotti.
Questi impianti dovranno essere dotati di recupero di calore sull’aria di espulsione, per migliorare l’efficienza della macchina, e non necessariamente essere dotati di sistemi di ricircolo, che rappresenta un elemento di incremento del rischio contagio in presenza di virus. Qualora si ritenesse oltremodo necessario il ricircolo, lo si dovrà comunque prevedere limitato a singoli ambienti: in tale situazione il rischio è incrementato in modo minimo, e non è esteso agli altri ambienti (cosa che succederebbe in presenza di ricircolo di zona).  Il sistema di recupero dovrà essere affidato ad un recuperatore statico, in quanto i recuperatori entalpici rotanti presentano degli elementi di debolezza in presenza di batteri e agenti virali.

Un nuovo ruolo può essere svolto dai sistemi radianti, possibilmente lisci per migliorare le operazioni di pulizia: collocati a pavimento ma, molto più semplicemente a soffitto, sono di facile montaggio anche in occasione di una riqualificazione energetica, garantiscono un miglioramento della temperatura percepita in ambiente e operano a bassa temperatura, garantendo quindi una buona efficienza energetica. Parrebbero essere quindi una soluzione ottimale in ottica di ristrutturazione/nuova costruzione di aree di degenza o aree di supporto in contesto sanitario.

Peraltro, i sistemi radianti, se correttamente realizzati e gestiti, aiutano a prevenire alcune situazioni di discomfort locale, ovvero situazioni/posizioni in cui i valori delle grandezze fondamentali sono diversi da quelli medi in ambiente: si tratta di criticità da evitare in particolare nel caso di strutture destinate ad ospitare persone fragili o malate.  Le principali fonti di disagio di questo tipo sono:

A. Asimmetria radiante, ovvero la differenza di temperatura piana radiante tra due superfici opposte (ad esempio uno studente posizionato accanto alla parete esterna mal coibentata e quindi molto più fredda delle altre superfici dell’aula);
B. Gradiente termico verticale (tra la temperatura dell’aria all’altezza della testa, ad 1,10 m dal suolo, e quella in corrispondenza delle caviglie devono esserci al massimo 3°C di differenza);
C. Temperatura del pavimento (né troppo calda né troppo fredda);
D. Presenza di correnti d'aria eccessive.

Risulta evidente che si tratta di condizioni che devono essere previste a priori in fase progettuale, e possono essere risolte tramite una corretta progettazione integrale del sistema edificio-impianto, in cui sistemi idronici e sistemi aeraulici sono correttamente dimensionati e collocati in ambiente.

Le strutture sanitarie del futuro

Come per tutto il mondo dell’impiantistica e dell’edilizia, anche la progettazione delle strutture sanitarie deve trarre insegnamento da quanto accaduto in periodo pandemico. Si tratta di suggerimenti relativi alla progettazione degli spazi, ma in grado di coinvolgere in generale l’intero sistema edificio-impianto: questo deve essere progettato in ottica preventiva, con una grande attenzione all’efficienza energetica e alla gestione e manutenzione dei sistemi tecnologici in ottica futura.  Anche in questo caso, si tratta di mettere in atto una progettazione integrale, capace di distaccarsi da usi e abitudini passati, attraverso una riflessione che sappia portare ad una concezione moderna della progettazione, non più mera ripetizione di tecnologie e tecniche, ma consapevole sviluppo di innovazione.

In fondo, innovare significa trovare nuove correlazioni tra quanto è già noto: e questo è tipico di chi sa davvero progettare.

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