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La Cina spinge sul mercato del carbonio: l'industria del cemento entra nel piano di riduzione delle emissioni

La Cina ha ampliato il suo schema di scambio di emissioni (ETS), includendo il settore del cemento entro il 2024. Questo passo significativo mira a ridurre le emissioni di CO₂ e a sostenere i suoi ambiziosi obiettivi di decarbonizzazione. Con l’ETS che coprirà il 60% delle emissioni del Paese, l’impatto globale sarà notevole, accelerando la transizione verso un’industria più sostenibile.

La Cina ha annunciato un'importante espansione del suo schema nazionale di scambio di emissioni (ETS), includendo il settore del cemento entro la fine del 2024.

Questa decisione rappresenta un passo significativo nei suoi sforzi per ridurre le emissioni di carbonio e raggiungere gli ambiziosi obiettivi climatici. Il Ministero dell'Ecologia e dell'Ambiente ha avviato un processo di consultazione per aggiungere anche i settori dell'acciaio e dell'alluminio al sistema ETS.

Nel 2024, il settore del cemento sarà monitorato come anno di controllo per le nuove industrie che entreranno nello schema. Una fase di implementazione seguirà nel 2025 e 2026, con una progressiva riduzione delle quote di emissione allocate alle aziende a partire dal 2027. Gli impianti che emettono 26.000 tonnellate all'anno o più di CO₂ saranno inclusi nell'ETS.

Questa mossa ha un impatto globale rilevante, considerando che la Cina produce circa la metà del cemento mondiale.

Nel 2023, la produzione cinese di cemento ha raggiunto 2,02 miliardi di tonnellate su una produzione globale totale di 4,10 miliardi di tonnellate. In confronto, l'Unione Europea ha prodotto 176 milioni di tonnellate di cemento nel 2022.

Ian Riley, CEO della World Cement Association, ha commentato: "L'inclusione del cemento nell'ETS cinese è un passo fondamentale e atteso da tempo. Come abbiamo visto in Europa, un ETS ben implementato può non solo ridurre le emissioni, ma anche catalizzare una ristrutturazione industriale che favorisce i produttori più efficienti e con minori emissioni".

L'ETS nazionale della Cina, lanciato nel 2021, copriva inizialmente il settore della generazione di energia elettrica. Attualmente, copre oltre 2.000 aziende con emissioni superiori a 26.000 tonnellate all'anno di CO₂, principalmente nel settore energetico, ma include anche centrali elettriche captive.

Il sistema copre circa 5 miliardi di tonnellate all'anno di CO₂, rappresentando oltre il 40% delle emissioni di CO₂ del paese.

Con l'aggiunta dei settori del cemento, dell'acciaio e dell'alluminio, l'ETS cinese si espanderà per coprire 8 miliardi di tonnellate all'anno di CO₂, pari al 60% delle emissioni totali di CO₂ della Cina.

Questo supera le emissioni totali degli Stati Uniti, sottolineando l'enorme portata dell'iniziativa.

La Cina ha fissato obiettivi ambiziosi: una riduzione del 18% delle emissioni di carbonio per unità di PIL rispetto ai livelli del 2020 entro il 2025, il picco delle emissioni di CO₂ entro il 2030 e la neutralità carbonica entro il 2060.

Nel mercato delle emissioni, ad aprile 2024, il prezzo medio delle emissioni scambiate sulla Shanghai Environment and Energy Exchange ha raggiunto 12,7 euro per tonnellata di CO₂, superando la soglia psicologica dei 100 yuan cinesi. In confronto, il prezzo del carbonio nell'ETS dell'UE ha superato i 100 euro per tonnellata di CO₂ all'inizio del 2023, rimanendo tra i 50 e i 75 euro.

L'inclusione del settore del cemento nell'ETS avrà implicazioni significative a partire dal 2027, quando il governo inizierà a restringere le quote di emissione. Questo determinerà il ritmo della decarbonizzazione nell'industria. Inoltre, potrebbe emergere la discussione sull'implementazione di un meccanismo simile al Carbon Border Adjustment Mechanism (CBAM) dell'UE per prevenire le importazioni di prodotti ad alta intensità di carbonio.

La pressione internazionale, in particolare dai dazi sul carbonio imminenti dall'Unione Europea, ha spinto la Cina ad accelerare la decarbonizzazione dei settori industriali pesanti. I dazi dell'UE, che entreranno in vigore a partire dal 2026, imporranno tariffe basate sull'impronta di carbonio dei prodotti importati, come acciaio, fertilizzanti, cemento e prodotti chimici, per affrontare il problema della "fuga di carbonio".

L'espansione dell'ETS cinese rappresenta un passo importante verso il raggiungimento degli obiettivi climatici globali.

L'aggiunta di un ulteriore onere basato sul CO₂ per il settore del cemento nel paese con la più grande produzione al mondo è un progresso significativo verso la decarbonizzazione e la sostenibilità ambientale.

Ma la decisione conferma soprattutto il fatto  che la “Terra del Drago” abbia avviato un piano concreto sul tema della sostenibilità, al di là delle firme di accordi internazionali o dichiarazioni illusorie, che spesso invece caratterizzano l’impegno dell’occidente su questo fronte.

Non è un caso che negli ultimi cinque anni, la qualità dell’aria in Cina ha mostrato miglioramenti significativi, soprattutto grazie a politiche ambientali aggressive. Dal 2013 al 2021, le concentrazioni di particolato fine (PM2.5) sono scese drasticamente, riducendo i livelli di inquinamento in molte città principali del paese. Nel 2022, la media annuale di PM2.5 nelle principali città cinesi è scesa a 29 µg/m³, segnando un importante progresso nella battaglia contro l’inquinamento .

Una notizia positiva quindi per il pianeta, e che evidenzia come la transizione sostenibile dell’industria sia un passaggio ineludibile e non ideologico.


Fonti:

  • ”China to expand national ETS to cement, steel and aluminum in 2024”, International Carbon Action Partnership (ICAP)
  • “Explainer: China’s carbon market to cover steel, aluminium and cement in 2024”, CarbonBrief
  • “China starts to include cement sector in emissions trading”, Global Cement Review

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