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La Cassazione Penale circoscrive i labili confini tra ristrutturazione edilizia e nuova costruzione

La ricostruzione del volume demolito, affinché possa essere qualificata quale ristrutturazione edilizia, impone quale requisito insuperabile che si tratti di recupero del preesistente immobile.

La Sentenza in commento apporta qualche utile e quanto mai opportuna precisazione in merito alla definizione della ristrutturazione che l’Autrice pone giustamente in luce.

Intanto porta ad una piena condivisione anche da parte della Cassazione Penale delle più recenti ed estensive definizioni di questa categoria di intervento introdotte dal Legislatore (il che non è poco se si fa mente alle trascorse divergenze proprio sul tema) e poi pone fine a tentativi di interpretazioni (per così dire) ancor più ampliate del testo di legge che, nonostante le aperture recenti, qualcuno tenta ancora di forzare.

*Presentazione di Ermete Dalprato


Su questo portale si è trattato più volte dei progressivi interventi legislativi che hanno ampliato il concetto di ristrutturazione edilizia sino ad arrivare all’attuale configurazione prevista dall’art 3 co. 1 lett. d) DPR 380/01, così come ridisegnato dall’art. 10 DL 76/2020 (convertito con modifiche dalla L 120/2020).

Seppur tali interventi normativi, per lo più incidenti sulla c.d. ristrutturazione demolitoria, realizzata attraverso la demolizione e ricostruzione di un edificio, siano funzionali ad incentivare la riqualificazione del patrimonio edilizio, tanto la dottrina che la giurisprudenza hanno più volte sottolineato la necessità che il concetto di ristrutturazione edilizia debba postulare la costruzione di un edificio che mantenga una certa continuità con il fabbricato preesistete che, in un ottica di recupero, venga demolito.

Se la declinazione di tale principio non pone particolari problematiche nei casi di demolizione e ricostruzione di un immobile sottoposto a vincolo ex Dlgs 42/04 (sia sotto il profilo storico-architettonico che paesaggistico, e fatta eccezione per gli edifici situati in aree tutelate ai sensi degli artt 136 co 1 lett c) e d) e 142 del medesimo Dlgs) per cui il legislatore statuisce che in caso di ristrutturazione siano mantenuti sagoma, prospetti,  sedime, caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell'edificio  preesistente e non siano previsti incrementi di volumetria, la linea di demarcazione tra interventi di nuova costruzione e ristrutturazione edilizia c.d. demolitoria, nei casi di immobili non sottoposti a vincolo, è alquanto labile e si presta ad una serie di dubbi interpretativi.

Come noto la nuova formulazione legislativa impone che la ricostruzione dell’immobile demolito avvenga a parità di volume fatta eccezione per i casi in cui anche tale parametro, secondo le condizioni fissate dal legislatore sempre all’art 3 co. 1 lett d) DPR 380/01, possa essere aumentato.

In questo ultimo caso tutti gli elementi di continuità con il fabbricato demolito vengono meno, generando proprio quei dubbi interpretativi di cui si diceva poco sopra, primo dei quali quello relativo al confine tra ristrutturazione edilizia demolitoria e nuova costruzione.

Dubbi che vengono in parte risolti da un recente intervento della Cassazione penale (sez III, n. 1669 del 06/10/2022), che ad onor del vero riguarda una fattispecie di agevole definizione, considerato che la contestazione oggetto di giudizio riguardava un reato di lottizzazione abusiva posto in essere attraverso la costruzione di dieci villette residenziali in luogo di un edificio colonico.

A fronte dell’estensione del concetto di ristrutturazione edilizia, considerate le ampie concessioni legislative in termini di diversità tra la struttura originaria e quella recuperata/rispristinata, viene statuito che lo stesso, in fatto, non può prescindere dal conservare traccia dell’edificio preesistente in termini di correlazione funzionale e materiale tra questo e l’immobile ricostruito.

La ricostruzione del volume demolito, pertanto, affinché possa essere qualificata quale ristrutturazione edilizia, impone quale requisito insuperabile che si tratti di recupero del preesistente immobile.

Il volume demolito non può infatti andare a vantaggio di un disegno edificatorio completamente diverso dal preesistente, nel senso che l’operazione di ripristino non si può tradurre nella “moltiplicazione, da un unico edificio, di più distinte ed autonome strutture edilizie così come, del pari, è da escludere che possa essere annoverato quale ristrutturazione edilizia l’assorbimento di plurimi immobili in un unico complesso edilizio.

In tale ottica debbono essere visti anche gli eventuali incrementi volumetrici, oggi consentiti dalla normativa in commento, i quali debbono essere utilizzati a favore del singolo edificio che li ha espressi  non generandone dei nuovi.

Da ultimo la pronuncia ribadisce che ciò che contraddistingue l’intervento di ristrutturazione da quello di nuova costruzione è la già avvenuta trasformazione del territorio così che la sostituzione della struttura preesistente, mantenendo una certa continuità con l’edificato pregresso, non si presti all’elusione degli standard urbanistici vigenti al momento della edificazione ed applicabili alla nuova costruzione.

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