Urbanistica | Edilizia
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L'urbanistica non è un'opinione

L'Autore affronta il concetto di Urbanistica sotto molteplici aspetti: dopo aver sottolineato che si tratta di una disciplina in continua evoluzione, vengono riportate le definizioni di alcuni Maestri, esaminate le caratteristiche che la contraddistinguono, fornite delucidazioni sulla definizione giuridica della stessa e approfondite sia la questione della gestione del territorio, per cui oggi Urbanistica e Pianificazione territoriale pur nella diversa formulazione letterale sono considerati (e usati) come sinonimi, sia quella della Rigenerazione urbana.

Si parla molto in questo periodo di “rigenerazione urbana” il che fa piacere perché significa che questo concetto (che è programmatico) è diventato patrimonio diffuso.

Si parla meno però di urbanistica come se la rigenerazione urbana la ricomprendesse tout court o, peggio, la sostituisse.

Questo è il rischio che si corre quando la ripetitività dell’uso di un’espressione avviene a volte anche solo per trascinamento emulativo senza coglierne l’intrinseco valore e, quindi, svalutandone il contenuto.

Contenuto che appare quindi opportuno indagare per riportare a sistema concetti diversi e non fungibili.


L’urbanistica non è una disciplina compatta, omogenea, dai paradigmi forti e resistenti nel tempo, né gli urbanisti costituiscono un gruppo monolitico, legato da analoghi presupposti ed intenti. A cadenze ravvicinate si assiste ad importanti svolte tematiche, alla ridefinizione del centro, alla ridiscussione di metodi e tecniche il che delinea un quadro disciplinare fortemente instabile”.

Così esordisce il testo “Urbanisti Italiani” di P. Di Biagi e P. Gabellini (Editori Laterza) quando presenta sette tra i maggiori urbanisti italiani del secolo scorso e nessuna definizione di urbanistica mi è parsa più appropriata e aderente alla natura intrinseca della materia che sfugge ad una codifica puntuale ed esaustiva.

Forse per questo ancor oggi non siamo riusciti a formulare “i principi” che la devono regolare a livello nazionale.

Anche le fughe in avanti di alcune legislazioni regionali – quali ad esempio la tripartizione del PRG in PSC-POC-RUE di inizio secolo recepite come principi nella “proposta di legge” Lupi-Mantini – sono rimaste solo una “proposta” e anzi, per alcuni aspetti, sono state superate nel breve volgere di un ventennio.

Un’altra proposta è naufragata nel 2014 ed una è in corso attualmente, anche se poco se ne parla.

Forse è proprio questo il fascino dell’urbanistica: è una materia viva, in continua evoluzione e rivisitazione, trasversale e multidisciplinare, interferente con altre discipline settoriali e, dunque, con queste implementabile, fino ad assumere una dimensione talmente ampia ed onnicomprensiva che qualcuno ha definito pan-urbanistica.

 

Approcciare l’urbanistica

Anche da punto di vista didattico l’introduzione alla materia è complesso e può essere affrontato da diverse angolature e con diversi metodi a seconda della finalità dello studio, della professionalità prevalente del relatore e, anche, della sensibilità individuale e del sottofondo culturale.

Questo però è anche il suo handicap perché la espone ad essere oggetto di discussioni superficiali, spesso incolte, particolarmente pericolose e fuorvianti in un momento in cui l’approfondimento pare non essere più la premessa necessaria dei giudizi, espressi sempre più frequentemente sulla base di nozioni mordi e fuggi piuttosto che su una base culturale e … (perché no?) sull’esperienza operativa.

Perché l’urbanistica non è una materia teorica, ma assolutamente concreta che non si può solo raccontare, ma si deve anche poter “applicare” e, soprattutto, verificarne i risultati.

Anche le Utopie urbanistiche hanno sempre avuto velleità applicative e non sono mai rimaste nella sfera della mera immaginazione.

Tanto che – nel testo dianzi citato – gli Autori presentano gli urbanisti traendone il profilo professionale dagli scritti e dalle opere, in una inevitabile connessione tra pensiero e azione.

La finalizzazione al risultato deve essere l’obiettivo e il motore dell’urbanistica; da lì si trae l’individuazione dei metodi che ne fanno appunto “una disciplina”.

 

Definire l’urbanistica

Quando la codifica professionale non era così giuridicamente formalizzata l’urbanistica è stata palestra di menti eclettiche in cui si fondevano (e si confondevano) letteratura, filosofia, progettualità artistica e architettonica.

Difficile inquadrarla così com’è difficile inquadrare Leonardo in una specifica categoria professionale; tra l’altro anche Lui si è occupato di pianificazione: rilievo, progettazione, infrastrutture).

Nel secolo scorso – anche a seguito della frammentazione delle competenze professionali per materia - la definizione concettuale dell’urbanistica è stata oggetto di varie e assai diversificate elaborazioni concettuali da parte di riconosciuti maestri che ne hanno dato inquadramenti a volte addirittura opposti: a conferma della multilateralità della sua natura.

Non appaia dunque esercizio sterile e meramente accademico un suo approfondimento – visto che, appunto, autorevoli cultori se ne sono occupati; è invece esercizio utile a definirne i contenuti (magari a renderli attuali) per sapere di cosa si discute quando se ne vuole discutere.

L’argomentazione con cui ho introdotto mi pare ne renda bene la complessità e l’evolutività.

Vale allora la pena ripercorrere, anche in modo critico, il pensiero dei predecessori per farci una “nostra” convinzione e non andare a casaccio (difficile argomentare in modo costruttivo se non si sa di cosa si parla).

Le definizioni di alcuni Maestri

Per Sitte (1889) “Con il termine “urbanistica” si è voluta intendere la cosiddetta “arte di costruire la città”. Ma Lui era un architetto-urbanista-pittore (ne abbiamo già detto: v. InGenio - 04/11/2020 Quando l'Urbanistica era un'Arte”.

All’opposto per Demauro: “È la scienza che studia la formazione, la trasformazione ed il funzionamento dei centri urbani e ne progetta il rinnovamento e la crescita avvalendosi dell’apporto delle scienze, economiche, statistiche, sociali, etc”.

Per Piccinato “È la scienza che si occupa della razionale sistemazione degli agglomerati urbani al fine di creare condizioni il più possibile favorevoli alla vita ed al lavoro degli abitanti. Lo studio generale delle condizioni, delle manifestazioni e delle necessità di vita e di sviluppo della città”.

Due definizioni (si può ben dire) diametralmente opposte; la prima ne enfatizza la “creatività” ma non ne dà atto della rispondenza a criteri tecnici; non per questo però diventa una “scienza”.

Infatti per Quaroni “È la disciplina che studia il fenomeno urbano nella sua complessa interezza, onde fornire su di esso dati conoscitivi interessanti i suoi singoli aspetti e le loro reciproche interazioni. Le basi conoscitive possono essere utilizzate allo scopo di orientare le molte azioni di carattere politico, legislativo, amministrativo e tecnico che continuamente vengono a modificare la realtà di un territorio”.

A questa definizione riteniamo di aderire e poiché l’urbanistica non può essere un’opinione vale la pena approfondire e motivare.

 

Non è una scienza; piuttosto una disciplina

Con tutto il dovuto rispetto per ogni posizione individuale, personalmente condivido di più la posizione di Quaroni perché l’urbanistica non può essere una scienza.

Sulla definizione di scienza si è molto scritto, ma pur senza entrare in analitici dettagli, potremmo semplificare distinguerne due sostanziali categorie:

  • Le scienze esatte (o deduttive) e cioè quelle che partono da assunti e per via logico-consequenziale traggono le conseguenze (come la matematica). Sono sempre vere perché autoreferenziali;
  • Le scienze naturali (o induttive) che dall’esperienza ricercano le leggi che regolano i fenomeni affinché dai dati di partenza si possano prevedere gli effetti (come la fisica).

In ogni caso una caratteristica contraddistingue le scienze: a parità di condizioni di partenza l’esito finale è prevedibile e unico sulla base di regole/leggi condivise.

Il che non è in urbanistica perché, come abbiamo detto, la pianificazione (che ne è il prodotto finale) pur a parità di condizioni iniziali, di luogo e di tempo, dipende dalla cultura, dalla sensibilità, dalla capacità, dalla tecnologia e dell’obiettivo politico, economico e sociale del pianificatore.

Più corretto è dunque definirla genericamente materia (come l’ho chiamata fin qui) o più tecnicamente: “disciplina”.

La disciplina infatti è un insieme di regole (anche mutevoli nel tempo in funzione delle variabili cui è soggetta) e tale definizione (oltre che corretta quanto a contenuto) ne riconosce e ne ammette ampio spazio alla dinamica evolutiva, sia dell’ambito di studio che delle metodiche di affronto.

 

La definizione giuridica

Quest’ultima definizione - che la tecnica professionale e la dottrina hanno elaborato – è quella condivisa anche dal Legislatore per definire (e perimetrare) il concetto e il contenuto dell’urbanistica.

Ne troviamo una prima codifica nel 1942 all’articolo 4 della legge fondamentale (la n. 1150) in cui l’urbanistica è definita una “disciplina”, in coerenza con quanto abbiamo fin qui commentato: si afferma cioè che l’urbanistica è “un insieme di regole” che (appunto) “disciplinano” un certo ambito di studio: la città o, si riterrà poi per estensione, il territorio.

Sì, perché il riconoscimento dell’ambito di competenza dell’urbanistica si è venuto estendendo implicitamente dalla città (storico ambito di studio e intervento) all’intero territorio comportando, nel linguaggio corrente, una sostanziale similitudine e sovrapponibilità del termine “urbanistica” con “pianificazione territoriale”.

Così conferma il Legislatore all’articolo 80 del DPR 616/77 quando ne definisce il perimetro operativo statuendo che " alla materia urbanistica concernono la disciplina dell'uso del territorio comprensiva di tutti gli aspetti conoscitivi, normativi e gestionali riguardanti le operazioni di salvaguardia e di trasformazione del suolo nonché la protezione dell'ambiente”.

Di nuovo l’urbanistica è definita una “disciplina” che traduce in norme organizzative le conoscenze e gli obiettivi del momento.

Essendo la sintesi ragionata di altre discipline o (a volte) anche di altre “scienze” come la geologia, l’ambiente, … l’urbanistica non può essere a sua volta una “scienza” autonoma, ma piuttosto una “disciplina” di sintesi: un coacervo normativo mirato ad un risultato.

Potremmo fondatamente e coerentemente definire l’urbanistica “un’attività politica supportata tecnicamente”.

Il che ne salvaguarda anche la dinamica evolutiva in ragione del contesto temporale, ambientale, sociale, economico, politico, culturale, ….

 

Urbanistica e gestione del territorio

Come si è detto l’estensione del campo d’azione della materia “Urbanistica”, dalla città al territorio è avvento tacitamente per prassi, per cui oggi Urbanistica e Pianificazione territoriale pur nella diversa formulazione letterale sono considerati (e usati) come sinonimi.

Altrettanto non si può (né si deve dire) della “gestione del territorio”.

Che è concetto assai più esteso per ambito e per contenuto utilizzato dal Legislatore nella Costituzione (rectius: nella modifica della Costituzione con la legge n. 3/2001) per definire nell’articolo 117, il riparto di competenze legislative stato-regioni.

La “gestione” è concetto più ampio che dottrina e giurisprudenza riconosceranno nell’insieme delle azioni di regolazione del territorio e che ricomprendono anche l’edilizia, il paesaggio, l’ambiente, … e non solo le normative di divieto e tutela – di per sé elementi di gestione passiva - ma anche le azioni di politica attiva (economica e sociale per esempio).

L’urbanistica infatti continuerà a confermarsi un’attività mirata alla conformazione fisica del territorio e, dunque, è uno strumento della gestione, ma non esaurisce la gestione.

 

Urbanistica e rigenerazione urbana

Quest’ultima considerazione ci porta a chiarire anche un’azione (chiamiamola per ora così) di cui si parla molto oggi (a ragione), cioè la rigenerazione urbana.

Anche qui, per sapere di cosa stiamo parlando, è bene soffermarsi un attimo sui concetti e sul significato delle parole se è vero che “nomina sunt substantia rerum”.

Da tempo l’urbanistica si è addentrata nel tema del “recupero” del già costruito (recupero e rifunzionalizzazione per esempio delle aree dismesse) attraverso strumenti di pianificazione dedicati quali i PRUSST, i PRU, … che però sono pur sempre strumenti di pianificazione, ovvero discipline fisiche del come trasformare, ma non necessariamente dotate degli elementi attivi per garantire la trasformazione.

Forse un significativo passo in più è stato fatto con il Programma integrato di intervento (ex articolo 16 della legge n.179/92) che non è solo uno strumento (statico) di pianificazione, ma un programma, ovvero un insieme di azioni coordinate: fisiche, economiche, sociali, … di più operatori.

La rigenerazione quindi non è solo materia urbanistica, ma è più correttamente ascrivibile alla “gestione del territorio” in quanto comporta la contestuale concorrenza di attività di pianificazione fisica e di esercizio di poteri e attività di politica sociale ed economica che esulano dalla sola (pur se complessa) competenza dell’urbanistica.

Una serie di azioni politiche convergenti ad un obiettivo.

La rigenerazione urbana è operazione più limitata territorialmente, ma, ad un tempo, più complessa.

Per cui, da un lato la rigenerazione urbana non è Urbanistica in senso lato perché si occupa non dell’intero territorio ma di una sola sua porzione (strategica, ma limitata), dall’altro non si può esaurire nella sola regolamentazione fisica (pianificazione) di quella porzione, ma deve essere corroborata da un’azione politica integrata, coerente e continuativa fino al raggiungimento del risultato programmato.

In questo sta la novità dello strumento; di cui è bene chiarire il contenuto per poterlo gestire correttamente e non limitarlo alla sola sua ideazione.

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Ermete Dalprato

Professore a c. di “Laboratorio di Pianificazione territoriale e urbanistica” all’Università degli Studi della Repubblica di San Marino

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