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L’umidità ascendente nelle murature “fuori terra”

La presenza o meno di umidità nelle murature è legata al fenomeno della capillarità. In questo articolo se ne descrivono le forze in gioco per arrivare a comprendere i danni che può provocare e riflettere sulle possibili soluzioni.

Il fenomeno della capillarità gioca un ruolo cruciale nella nostra vita quotidiana, manifestandosi attraverso la capacità dei liquidi di bagnare o meno le superfici solide.

Questo articolo esplora come l'interazione tra le forze di adesione, che attraggono il liquido verso le pareti solide, e le forze di coesione, che tengono insieme le molecole del liquido, determini se un liquido, come l'acqua, salirà lungo un capillare o verrà respinto.

La tensione superficiale, risultante dall'equilibrio di queste forze, orienta la superficie del liquido concava verso l'alto o convessa verso il basso. La direzione di questo vettore di tensione superficiale e l'angolo che forma con la superficie, noto come angolo di bagnabilità, sono cruciali per determinare se l'acqua, ad esempio, risalirà in un capillare di vetro o si abbasserà in uno di teflon, dimostrando come il materiale della parete influenzi il comportamento del liquido.

Questa analisi fornisce una comprensione dettagliata di come le forze microscopiche influenzano fenomeni osservabili quotidianamente.

   

Introduzione alla capillarità

Il fenomeno della capillarità s’incontra spesso nella vita quotidiana ed è legato alla bagnabilità, cioè alla capacità dei liquidi, per esempio l’acqua, di bagnare le superfici solide. Questa forza di adesione tra liquido e parete solida, prevalente su quelle di coesione tra le molecole del liquido, è responsabile, nei capillari, della risalita del liquido lungo la parete, in contrasto con la forza di gravità. 

 

(@Tecnored)

  

L’altezza raggiunta dal liquido è quella nella quale si equilibrano la forza di gravità e quella di coesione da una parte, e quella di adesione dall’altra.

Se invece è la forza di coesione a prevalere su quella di adesione, la parete respinge il liquido verso il basso, in contrasto con la legge dei vasi comunicanti. Questo fenomeno si osserva ad esempio sulle superfici idrorepellenti.

La risultante delle forze di adesione e di coesione lungo la superficie del liquido è detta tensione superficiale. Essa sarà diretta verso l’alto nel caso della risalita del liquido lungo il capillare, e verso il basso nel caso dell’abbassamento del livello del liquido nel capillare.

Nel primo caso la superficie del liquido apparirà concava, nell’altro apparirà convessa verso il basso. Il centro della superficie del liquido si chiama menisco ed è a partire da questo valore che si misura l’innalzamento o l’abbassamento del livello.

La direzione del vettore risultante è la stessa della tangente alla superficie del liquido e l’angolo che forma si chiama angolo di bagnabilità.

Si noti che l’innalzamento o l’abbassamento del livello non dipendono solo dal liquido, ma anche dal materiale della parete.

L’acqua, ad esempio, risale in un capillare di vetro, mentre si abbassa in uno di teflon.

   

Tensione superficiale

La molecola di un liquido attira le molecole che la circondano ed a sua volta è attratta da esse. Per le molecole che si trovano all’interno del liquido, la risultante di queste forze è nulla ed ognuna di esse si trova in equilibrio rispetto alle altre.

Quando invece queste molecole si trovano sulla superficie, esse vengono attratte dalle molecole sottostanti e da quelle laterali, ma non verso l’esterno. La risultante delle forze che agiscono sulle molecole di superficie è una forza diretta verso l’interno del liquido.

A sua volta, la forza di coesione fra le molecole fornisce una forza tangenziale alla superficie. La superficie di un liquido si comporta dunque come una membrana elastica che avvolge e comprime il liquido sottostante. La tensione superficiale esprime la forza con cui le molecole superficiali si attirano l’un l’altra.

  

(@Tecnored)

  

Angolo di bagnabilità

(@Tecnored)

  

È esperienza comune che una goccia di liquido posta su una superficie piatta mostri una tendenza a modificare la sua forma a seconda delle caratteristiche della superficie e del liquido usati.

Più la goccia è simile alla superficie solida, più la goccia sarà piatta. Se, al contrario, tra la superficie solida ed il liquido non vi sono interazioni apprezzabili, la goccia avrà una forma simile ad una sfera, per minimizzare il contatto con essa.

Per quantificare tale fenomeno si introduce il concetto di angolo di contatto, definito come angolo α, che la superficie orizzontale forma con la tangente nel punto di contatto dell’interfaccia liquido-aria, liquido-solido, solido-aria.

L’angolo di contatto fornisce diverse informazioni sull’affinità tra il solido, il liquido e l’aria.

La relazione tra l’angolo di contatto e la tensione superficiale è:

cos α = γsa-γsl / γla

Dove:

  • γsa = tensione all’interfaccia solido-aria;
  • γsl = tensione all’interfaccia solido-liquido;
  • γla = tensione all’interfaccia liquido-aria.

Il valore del coseno cos α è un numero compreso tra -1 ed 1 relativamente all’angolo che lo produce. Questo valore è utilizzato dalla formula di Yurin per determinare l’altezza della colonna d’acqua in un capillare.

Ora calcoliamo l’altezza h che raggiunge il liquido all’interno di un capillare. Se la superficie del liquido è concava verso l’alto, la forza della tensione superficiale in corrispondenza delle pareti del tubo sarà diretta verso l’alto; la componente verticale di questa forza, applicata a tutto il bordo del liquido aderente al capillare, è quella che sorregge il liquido ed ha modulo (F cos α), dove l’angolo è quello individuato, detto angolo di contatto. Se la superficie del liquido è convessa verso l’alto, invece, la forza della tensione superficiale in corrispondenza delle pareti del tubo sarà diretta verso il basso. Ora, considerando che il bordo di contatto corrisponde alla circonferenza del capillare (2πr), si possono calcolare alcuni elementi trascurando la lieve curvatura sulla superficie.

La forza F verticale     

F = (2πr)(cos α)

dove:

  •  F = tensione superficiale;
  • (2πr) = circonferenza;
  • (cos α) = rapporto dipendente dall’angolo α.

il volume V del liquido nel capillare V = (πr2)h

dove:

  • (πr2) = superficie della sezione capillare;
  • h = altezza della colonna di fluido nel capillare.

il peso P del liquido nel capillare:

 P = (πr2) h fg

dove

  • (πr2) h = volume del fluido;
  • f = densità del liquido;
  • g = accelerazione di gravità.

Eguagliando la forza F, diretta verso l’alto, al peso P della colonna di liquido, si ha:

(2πr)(cos α) = (πr2) h fg

da cui si ricava l’altezza h raggiunta dal liquido.

  

Sali disciolti nel terreno e successivamente trasportati all’interno della muratura attraverso l’acqua di risalita capillare (Fig. 1). Evaporazione dell’acqua con successiva cristallizzazione dei sali residui all’interno delle murature e degli intonaci (Fig. 2). Aumento del volume dei sali in prossimità della superficie esterna con l’elevarsi dei valori dell’umidità relativa ambientale e conseguente inizio delle dinamiche disgregative (Fig. 3). Demolizione dei vecchi intonaci e rifacimento degli stessi protetti dall’idratazione dell’acqua d’impasto dalle boiacche antisaline specifiche (Fig. 4). (@Tecnored)

  

I danni provocati dalla risalita capillare

Il degrado delle murature, degli intonaci e delle eventuali pitture o decorazioni è proprio causato dall’acqua di risalita capillare. Interessa l’edilizia civile in genere e gran parte del nostro patrimonio immobiliare.

In tempi remoti tale fenomeno era ampiamente conosciuto, ma considerato dai costruttori quasi ineludibile dalla struttura stessa. Oltre ai danni estetici, l’umidità ascendente aumenta la dispersione del calore dall’interno dell’edificio verso l’esterno e favorisce inoltre l’aumento dell’umidità relativa interna, provocando problemi igienici ed ambientali. 

 

Perché gli intonaci e le pietre si sgretolano

Tutti i materiali da costruzione sono porosi; questo fa sì che infiltrazioni d’acqua in genere, o quelle di risalita capillare, possano far trasmigrare in superficie i sali contenuti nella muratura stessa oppure quelli che si trovano disciolti nel terreno.

Questi sali, non potendo come l’acqua evaporare dai muri, una volta raggiunta la superficie esterna cristallizzano, rimanendo per sempre condizionati dalle continue variazioni dei tassi di umidità relativa ambientale, anche dopo aver eliminato le cause della risalita capillare.

I sali cristallizzati sulle superfici, essendo fortemente igroscopici, riescono ad assorbire l’acqua contenuta nell’aria provocando un notevole aumento del loro volume (come la formazione del ghiaccio ad esempio) passando dallo stato anidro a quello saturo in presenza di aria secca o umida.

La conseguenza di ciò è una forte azione meccanica demolitiva in grado negli anni di sgretolare, oltre agli intonaci di rivestimento, anche materiali da costruzione estremamente compatti come il mattone, le pietre calcaree e addirittura i graniti (es.: nelle chiese le pietre di rivestimento, i gradini degli altari, etc.).

Si può facilmente comprendere l’importanza di impedire che questi sali raggiungano le superfici esterne, ma rimangano inerti all’interno dei materiali da costruzione e quindi non più a contatto con l’aria esterna.

  

Per risolvere le problematiche legate ai sali è decisamente preferibile il sistema “fisico” a quello chimico

Le principali categorie dei sali presenti nei materiali da costruzione possono essere sommariamente raggruppate in: cloruri, solfati, nitrati e nitriti con caratteristiche degenerative sui muri più o meno evidenti in funzione della loro concentrazione e della natura del materiale stesso.

I vantaggi di utilizzare il sistema fisico, quale l’applicazione delle boiacche antisaline specifiche prima della stesura dei nuovi intonaci, risultano essere quelli relativi alla certezza del risultato indipendentemente dal tipo di sale presente nella muratura.

Tutti i sistemi antisale a precipitazione chimica, invece, necessitano della conoscenza precisa della categoria del sale presente al fine di utilizzare il neutralizzante corrispondente.
Ovviamente, in presenza di intonaci affrescati, le tecniche di desalinizzazione più appropriate risultano essere quelle realizzabili con impacchi assorbenti, il cui costo, congruo in questi casi, non è certamente proponibile per gli interventi di edilizia civile.

Articolo integrale in PDF

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