L’ordine di demolizione è reso inefficace dalla sanatoria?
L'emanazione di ordinanze di demolizione per opere abusive è uno degli strumenti fondamentali per la tutela del territorio e il ripristino della legalità in ambito urbanistico. Con la sentenza del Consiglio di Stato n. 526/2025 si chiarisce il principio secondo cui la presentazione di una domanda di sanatoria non incide sugli effetti dell'ordinanza di demolizione, confermando così la necessità di un approccio equilibrato nella gestione delle opere abusive.
L’ordine di demolizione tra le misure necessarie per la tutela del territorio
L'emanazione di un'ordinanza di demolizione per le opere abusive e il conseguente ripristino dello stato dei luoghi rappresentano mezzi fondamentali per la tutela del territorio, con lo scopo di combattere il problema dell'abusivismo edilizio e di ripristino delle originarie condizioni legittime dei luoghi. Quando si introduce il concetto di ripristino dello stato dei luoghi si indica il ritorno dell'area interessata all'abuso alle sue condizioni originarie, rimuovendo ogni traccia dell'opera illegittima. Per ottenere ciò si deve considerare:
- la demolizione totale o parziale dell'edificio;
- la rimozione di materiali;
- la bonifica del terreno.
Ciò viene eseguito con l'obiettivo di restituire al territorio la sua integrità e valorizzare il paesaggio circostante.
Le ordinanze di demolizione con ingiunzione di ripristino dello stato dei luoghi, sono concepite per evitare che la costruzione di opere abusive possa compromettere la qualità della vita e l'equilibrio degli ecosistemi, ecco perché esse devono essere attuate in modo giusto e proporzionato.
È in generale comunque necessario valutare con attenzione l'impatto delle opere abusive sul territorio e adottare le misure appropriate per ripristinare la legalità, evitando di infliggere danni ingiustificati ai proprietari o agli occupanti degli immobili coinvolti.
Secondo l’art. 31 del DPR 380/01 (testo unico dell’edilizia) “il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, accertata l'esecuzione di interventi in assenza di permesso, in totale difformità dal medesimo, ovvero con variazioni essenziali, determinate ai sensi dell'articolo 32, ingiunge al proprietario e al responsabile dell'abuso la rimozione o la demolizione, indicando nel provvedimento l'area che viene acquisita di diritto, ai sensi del comma 3.”
Inoltre, è importante il rapporto tra la sanatoria e l’ordine di demolizione in quanto, in caso di impugnazione, l'ordine di demolizione potrebbe essere sospeso fino alla decisione definitiva del giudice. Tuttavia, la domanda di sanatoria (se presentata prima della demolizione) potrebbe solo sospendere l'efficacia dell'ordine, ma non renderlo nullo. Invece se la sanatoria viene respinta, l'ordine di demolizione riacquista validità. A chiarire ulteriormente quest’ultima problematica è la sentenza del Consiglio di Stato n. 536/2025.
Opere abusive: il ruolo della sanatoria nella demolizione
Il Comune di Sant'Agnello aveva emesso un’ordinanza intimando la demolizione di un'opera abusiva, che consisteva in un impalcato con struttura metallica e una piscina prefabbricata di superficie di circa 142,80 m² e un'altezza di circa 1,90 metri, a causa dell'assenza di un titolo edilizio.
Il ricorrente proprietario delle opere ha impugnato l'ordinanza, sostenendo che non fossero abusive, ma interventi di manutenzione straordinaria che non dovessero incorrere in un abuso sanzionabile con una demolizione, ma semmai una sanzione pecuniaria. Ecco perché è stata presentata anche una richiesta di sanatoria che il Comune ha rigettato, ribadendo la necessità della demolizione.
Il Tar ha poi confermato la validità dell'ordinanza di demolizione e sostenuto che la presentazione della domanda di sanatoria non avesse comportato l’inefficacia dell’atto amministrativo, come chiaramente riportato nella sentenza, “(…) il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania ha respinto il ricorso, dopo aver precisato che la presentazione della domanda di sanatoria di conformità (...) non determinava l’improcedibilità del ricorso.”
Il ricorrente, non concorde con la sentenza del TAR, ha poi deciso di impugnare la decisione dinanzi al Consiglio di Stato, chiedendo che venisse riformulata la sentenza e sostenendo principalmente che la domanda di sanatoria avesse reso inefficace l'ordine di demolizione e che, al contrario, l'ordinanza emessa dal Comune, in seguito al rigetto della domanda di sanatoria, dovesse essere considerata come priva di efficacia.
Il Consiglio di Stato dopo aver esaminato il caso ha confermato la sentenza del Tar, ribadendo che la presentazione di una domanda di sanatoria non rende inefficace l'ordine di demolizione, ma sospende solo temporaneamente la possibilità di eseguirlo e, in caso di rigetto della domanda di sanatoria, l'ordine di demolizione riacquista la sua efficacia. Tale concetto è riportato chiaramente nella sentenza , dove si afferma testualmente che“(…) la presentazione di una istanza di sanatoria dopo che l’amministrazione abbia ingiunto la demolizione di opere abusive non rende inefficace l’ordine di demolizione ma produce un mero effetto sospensivo della possibilità della sua esecuzione in pendenza di procedura di sanatoria; ne consegue che la domanda di accertamento non è idonea di per sé stessa ad incidere sugli effetti del provvedimento demolitorio. (…) Il Collegio ritiene corretta la statuizione del TAR, essendosi ulteriormente consolidato nella giurisprudenza di questo Consiglio di Stato il principio secondo cui la presentazione della domanda di sanatoria determina una mera sospensione dell'efficacia dell'ordine di demolizione con la conseguenza che, in caso di rigetto dell'istanza di sanatoria, l'ordine di demolizione riacquista la sua efficacia (…).”
In conclusione il Consiglio di Stato ha concordato con il Tar sul fatto che l'ordinanza di demolizione fosse sufficientemente motivata, infatti il contenuto dell'ordinanza era molto chiaro riguardo alla natura delle opere abusive, e che la mancanza di un titolo edilizio poteva bastare per giustificare l'ordine demolitorio inflitto.
LA SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO È SCARICABILE IN ALLEGATO.
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