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L'inserimento di impianti in lavori straordinari può costituire un cambiamento della destinazione?

La modifica della destinazione d'uso rappresenta un procedimento per adeguare l'impiego di un immobile alle esigenze e deve essere in linea con le disposizioni urbanistiche locali, permettendo l'integrazione di nuove funzioni. Con la sentenza del TAR Liguria si conferma la validità di un'ordinanza comunale di demolizione per opere considerate abusive, sottolineando che interventi di manutenzione straordinaria non giustificano un cambiamento della destinazione d'uso.

Modifica della destinazione d'uso: normative, procedure e tipologie

La modifica della destinazione d’uso è un procedimento essenziale affinché sia permesso di modificare l'impiego di un immobile in base alle necessità del proprietario ma al contempo essa deve essere redatta nel rispetto del contesto urbanistico e prevedendo un aggiornamento della pratica catastale inerente l’immobile.

I mutamenti di destinazione d'uso si dividono in due categorie:

  • mutamenti di destinazione d'uso con opere ossia mutamenti strutturali, che comportano modifiche alle strutture esistenti, alterando in tal modo l'uso fondamentale e consueto dell'edificio. In caso di mutamento strutturale, il ritorno alla destinazione d'uso originaria può avvenire solo attraverso nuove opere edilizie. Questa tipologia di mutamento rientra nella categoria ordinaria definita dall'art. 3 del DPR 380/2001.
  • mutamenti di destinazione d'uso senza opere ossia mutamenti funzionali, che non richiedono modifiche edilizie, e non si verifica un'alterazione della struttura edilizia, ma solo una variazione delle attività svolte. In questa categoria rientrano anche i mutamenti temporanei dell'uso e la realizzazione di opere di lieve entità o non strutturali.

Il Decreto Salva Casa (DL 69/2024) ha apportato delle modifiche all’art. 23 ter del DPR 380/2001 e vengono introdotte nuove semplificazioni riguardanti le procedure per il cambiamento della destinazione d'uso di un immobile.

Il DPR 380/2001 all’art. 23ter definisce cinque categorie funzionali:

  • residenziale;
  • turistico – ricettiva;
  • produttiva e direzionale;
  • commerciale;
  • rurale.

In particolare i commi 1bis e 1ter dell’art. 23ter del DPR 380/2001 si riferiscono ai cambi di destinazione d’uso:

  • all’interno della stessa categoria funzionale;
  • tra categorie diverse.

È sempre possibile effettuare variazioni di destinazione d’uso all’interno della stessa categoria funzionale, indipendentemente dalla realizzazione di opere edilizie, rispettando le normative di settore e gli strumenti urbanistici comunali (che possono stabilire regole specifiche e restrittive). È importante notare come le diverse destinazioni d’uso all’interno della stessa categoria funzionale siano considerate urbanisticamente omogenee e pertanto non comportano oneri aggiuntivi.

Le variazioni di destinazione d’uso tra categorie funzionali diverse sono anch’esse consentite, a prescindere dall’esecuzione di opere edilizie e a condizione che:

  • le unità immobiliari siano situate nelle zone A (centro storico), B (aree edificate in modo totale o parziale, diverse dai centri storici) o C (zone destinate a nuovi insediamenti) come definito dall’articolo 2 del DM 1444/1968 o aree equivalenti;
  • siano rispettate le norme di settore;
  • vengano soddisfatte le ulteriori condizioni specifiche stabilite dal comma 1-quarter dell’articolo 23 del DPR 380/2001;
  • si rispettino eventuali condizioni specifiche previste dagli strumenti urbanistici comunali.

A chiarire se l’installazione di finiture civili, impianti idraulici e impianti elettrici possano costituire un mutamento della destinazione d'uso di un locale è la sentenza del Tar Liguria n. 296/2024.

  

Cambio di destinazione d'uso: limiti e riflessioni

Il TAR per la Liguria ha respinto il ricorso presentato dal ricorrente avverso il Comune di San Colombano Certenoli, che ingiungeva la demolizione delle opere edilizie ritenute abusive e il ripristino dello stato dei luoghi.
Il ricorrente proprietario di un appartamento nel Comune di San Colombano Certenoli, ha impugnato l’ordinanza comunale che ordinava la demolizione di modifiche edilizie effettuate in un immobile sito in una zona A e fascia A-rossa di inondabilità.

Le opere contestate comprendevano la trasformazione di un locale cantina in abitazione, con l'installazione di finiture, impianti idrici ed elettrici e la realizzazione di due aperture al piano terra del fabbricato, che accedevano a locali non accatastati e a grezzo. Il ricorrente ha contestato la decisione, affermando che tali modifiche erano state già sanate tramite una SCIA (segnalazione certificata di inizio attività) del 2021, che aveva incluso la realizzazione di un bagno di servizio e altre opere ritenute conformi alle normative urbanistiche.

Il ricorrente sosteneva che le opere di manutenzione straordinaria, comprese nella SCIA del 2021, non comportassero un cambiamento della destinazione d’uso del locale da cantina a residenza. Inoltre, ha affermato che le aperture al piano terra non fossero un abuso edilizio, in quanto il locale era destinato a uso tecnico, funzionale all’appartamento soprastante.

Il TAR ha rigettato il ricorso, confermando la validità dell’ordinanza comunale di demolizione, in quanto le modifiche effettuate, in particolare l’installazione di finiture civili e impianti idraulici ed elettrici, costituivano un evidente mutamento della destinazione d'uso del locale da cantina a abitazione. La SCIA, pur prevedendo la realizzazione di un bagno, non poteva validamente trasformare la destinazione d'uso del locale, in quanto si trattava di un intervento di manutenzione straordinaria, che non consente il cambio di destinazione d'uso implicante un aumento del carico insediativo. Inoltre, l’intervento in una zona a rischio idraulico violava le normative paesaggistiche e idrauliche applicabili.

Il TAR ha inoltre rilevato che il ricorrente, in quanto comproprietario delle parti comuni dell’edificio, era tenuto a ripristinare le opere edilizie abusive sulle facciate, poiché il ripristino delle parti comuni è di competenza dei singoli condomini e non dell'ente condominiale.

 

LA SENTENZA DEL TAR LIGURIA È SCARICABILE IN ALLEGATO.

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L’articolo nella sua forma integrale è disponibile attraverso il LINK riportato di seguito.
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