L’Ingegnere deve poter svolgere le prove diagnostiche, così come un medico può auscultare il paziente
Il commento del Prof. Nicola Augenti sul tema dei nuovi Laboratori autorizzati per svolgere le prove sugli edifici esistenti
Recentemente INGENIO ha pubblicato una nota, a firma di alcuni Ingegneri ed Architetti liberi professionisti, di forte contestazione del provvedimento, nato con lo Sblocca Cantieri, e relativo alle diagnosi degli edifici esistenti e alla nascita di laboratori specializzati.
Si tratta di un argomento piuttosto caldo e oggetto di forti critiche.
Con lo spirito di chi sugli argomenti vuole aprire una riflessione più ampia, INGENIO ha inviato una serie di interviste ad alcuni esperti tecnici e del mondo professionale e accademico.
Di seguito riportiamo il commento del Prof. Ing. Nicola Augenti, esperto di crolli e dissesti da oltre 50 anni e fondatore del primo corso di Diagnosi e terapia dei dissesti strutturali presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II nell’anno 2006.
Andrea Dari
Il commento del Prof. Nicola Augenti sul tema dei nuovi Laboratori autorizzati per svolgere le prove sugli edifici esistenti
Delegare o riservare per legge ai soli laboratori dotati di specifici requisiti la gestione delle prove diagnostiche sul costruito esistente mi sembra profondamente errato, oltre che ingiusto. Con facile similitudine sarebbe come se, un brutto giorno, il Ministero della Sanità volesse riservare a soli laboratori specializzati ogni tipo di esame e di diagnosi sul patrimonio umano esistente, privando in tal modo i medici delle proprie prerogative.
Così anche nel nostro settore è impensabile che si possano sottrarre agli ingegneri alcune competenze possedute per legge, a favore di nuove lobbies. Fermo restando che l’esecuzione di indagini impegnative va affidata solamente a laboratori realmente specializzati, per personale e attrezzature, è indiscutibile che la possibilità di eseguire prove preliminari, così come l’esame dei risultati, debbano rimanere competenza del professionista.
Ma il problema è sempre e comunque di carattere culturale, perché gli ingegneri che delegano ai laboratori tutte le possibili indagini da compiere e l’esame critico dei risultati sono solo coloro che di patologie strutturali non capiscono nulla. Ora, che professionisti incapaci di svolgere il loro lavoro si comportino in tal guisa è un conto, altro invece è che tale andazzo venga imposto per legge. Ed è d’altronde questo uno dei sintomi dell’assoluta improvvisazione e ignoranza (su specifici problemi) con cui sempre più spesso la politica emette provvedimenti legislativi e proclami. Ne sono un esempio le dichiarazioni rilasciate, solo qualche ora dopo il drammatico collasso del ponte sul Polcevera, da alcuni che annunciavano l’immediata revoca delle concessioni autostradali, non solo in totale assenza di indagini sulle cause del crollo, ma non riflettendo neppure un attimo sulla possibilità che potesse esistere un soggetto alternativo in grado di gestire una rete autostradale di quelle dimensioni e complessità. Una cosa è pretendere la sacrosanta ricerca della Verità e la conseguente condanna dei responsabili, altro è pronunziare giudizi azzardati e annunziare provvedimenti improvvisati, facendo “di tutt’erba un fascio”, così da accomunare singoli responsabili, centinaia di bravi tecnici, organizzazioni perfettamente funzionanti e, perché no, contribuenti sulle cui spalle gravano le scelte politiche. Anche in questo caso, dunque, un problema culturale o, se si vuole, di ignoranza (intesa come mancata conoscenza).
Ma, per tornare al nostro tema, mi domando come potrebbe un progettista essere privato di fatto delle proprie prerogative e competenze nell’accertamento delle caratteristiche di un edificio esistente e nelle scelte derivanti dal giudizio sulle analisi condotte, dovendo poi assumerne le responsabilità conseguenti.
Nei settori dei quali mi interesso, poi, credo che le conseguenze di questo sciagurato provvedimento sarebbero ancor più drammatiche. Nel campo delle patologie strutturali, esprimere un giudizio di sicurezza o meno su di una costruzione richiede una preparazione scientifica, una esperienza tecnica e una sensibilità professionale che non possono essere attribuite per legge a soli soggetti che esercitano (seppure bene) altre attività. In tema di Ingegneria Forense c’è poi da domandarsi come sarebbe possibile delegare ad altri, per decreto, responsabilità di giudizio che competono strettamente ai consulenti dell’autorità giudiziaria e che indirettamente decidono della vita di chi è sottoposto a processi civili o penali.
Tutto ciò però accade, a mio parere, non solo per l’ignoranza di chi emette provvedimenti poco ponderati (o forse molto finalizzati?), ma anche per la generalizzata assenza degli ordini professionali che, invece di prendere posizioni nette in difesa degli oltre 240.000 ingegneri che rappresentano la creme della cultura tecnica italiana, rimangono in un perenne limbo alla mercé delle decisioni politiche (basti pensare, per tutti, al problema irrisolto e mai seriamente affrontato delle parcelle giudiziarie).
E per concludere qualche riflessione "in pillole"
1. Con lo Sblocca Cantieri viene istituita la figura del Laboratorio Autorizzato per le prove sugli edifici esistenti. E’ d’accordo con questa scelta e perchè?
La scelta non è condivisibile perché limita ancora una volta la libertà professionale, propria della nostra categoria di ingegneri.
2. A suo parere le prove sugli edifici esistenti dovrebbero essere eseguite solo dai laboratori suddetti oppure i professionisti iscritti agli ordini dovrebbero poter continuare a poter svolgere le prove in situ? E perchè?
Qualunque professionista iscritto all’Ordine, purché dotato delle necessarie competenze, deve poter svolgere le prove in situ che ritiene opportune, non solo perché abilitato a farlo dalla sua professione, ma anche perché ne assume le responsabilità.
3. Ampliando il campo, si ha la sensazione che da parte del MIT vi sia l’orientamento a spostare l’esecuzione delle prove in genere al personale dei laboratori (cubetti, carote, ...). Si tratta di una scelta corretta?
La scelta è di certo tutt’altro che corretta, se non perversa.
4. Molte delle prove che si eseguono sui cantieri, soprattutto in fase preliminare, sono prove che servono per indirizzare poi i successivi studi, approfondimenti, valutazioni, e spesso comportano costi molto limitati. Non ritiene che il dover coinvolgere per forza un laboratorio autorizzato non finisca per bloccare sul nascere molte indagini?
Non solo tale norma, oltre che penalizzare ingiustamente i liberi professionisti, graverebbe economicamente sui clienti, ma il lievitare dei costi limiterebbe significativamente le attività di risanamento strutturale in ragione della già limitatissima disponibilità dei committenti ad effettuare le necessarie prove diagnostiche. Tale ultimo aspetto, peraltro, finirebbe con il comportare ulteriori responsabilità per quegli ingegneri disponibili ad emettere giudizi anche in assenza di esami diagnostici.
5. Dovrebbe nascere un albo degli esperti su questo tipo di prove come vuole la Prassi UNI, sottoscritta da ACCREDIA? Oppure si dovrebbe creare qualcosa di analogo attraverso strumenti ordinistici?
Non v’è dubbio che l’istituzione di un possibile albo andrebbe gestita dagli Ordini che però, nella loro tradizionale frammentazione e disomogeneità, difficilmente hanno operato scelte oculate in merito alla formazione e selezione degli albi specialistici. Al riguardo un ruolo essenziale potrebbe essere svolto dai Consigli Nazionali che però non sembrano mostrare grandi aperture e dedizione nella reale tutela delle professioni.
Nicola Augenti
- Ingegnere e Professore Universitario di TECNICA DELLE COSTRUZIONI
- Fondatore e Direttore del MASTER UNIVERSITARIO IN INGEGNERIA FORENSE presso l'Università degli Studi di Napoli Federico II
- Presidente dell'ASSOCIAZIONE ITALIANA DI INGEGNERIA FORENSE