L’inadeguatezza della SCIA per le nuove costruzioni
La Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA) è un documento fondamentale nell'ambito edilizio, che consente di avviare lavori di ristrutturazione, ampliamento e manutenzione straordinaria senza dover ricorrere al permesso di costruire. Ma un caso emblematico è stato presentato alla Tar Veneto (sentenza n. 2868/2024), il quale ha respinto un ricorso contro un provvedimento comunale che vietava l'uso della SCIA per un intervento classificabile come invece nuova costruzione.
Guida alla SCIA: normativa e applicazioni nell'edilizia
Nuove costruzioni, ristrutturazioni, miglioramenti strutturali e lavorazioni in aree vincolate, ogni intervento edilizio non può avvenire in maniera casuale ma deve rispettare precise regole e norme, ai sensi delle quali deve essere richiesta e autorizzato apposito titolo abilitativo.
Il principale in termini di utilizzo e per numero di interventi supportati è forse il titolo edilizio SCIA (segnalazione certificata di inizio attività). Ma quali interventi sono autorizzabili con detto titolo? Quando è possibile richiedere una segnalazione certificata?
A fare un po' di chiarezza subentra il Testo Unico sull'Edilizia DPR 380 del 2001, che all’articolo 23 recita come “n alternativa al permesso di costruire” possano essere autorizzate “mediante segnalazione certificata di inizio di attività” le seguenti tipologie di interventi:
- “a) gli interventi di ristrutturazione di cui all'articolo 10, comma 1, lettera c);
- b) gli interventi di nuova costruzione o di ristrutturazione urbanistica qualora siano disciplinati da piani attuativi comunque denominati, ivi compresi gli accordi negoziali aventi valore di piano attuativo, che contengano precise disposizioni plano-volumetriche, tipologiche, formali e costruttive, la cui sussistenza sia stata esplicitamente dichiarata dal competente organo comunale in sede di approvazione degli stessi piani o di ricognizione di quelli vigenti; qualora i piani attuativi risultino approvati anteriormente all'entrata in vigore della legge 21 dicembre 2001, n. 443, il relativo atto di ricognizione deve avvenire entro trenta giorni dalla richiesta degli interessati; in mancanza si prescinde dall'atto di ricognizione, purché il progetto di costruzione venga accompagnato da apposita relazione tecnica nella quale venga asseverata l'esistenza di piani attuativi con le caratteristiche sopra menzionate;
- c) gli interventi di nuova costruzione qualora siano in diretta esecuzione di strumenti urbanistici generali recanti precise disposizioni plano-volumetriche. Gli interventi di cui alle lettere precedenti sono soggetti al contributo di costruzione ai sensi dell'articolo 16. Le regioni possono individuare con legge gli altri interventi soggetti a segnalazione certificata di inizio attività, diversi da quelli di cui alle lettere precedenti, assoggettati al contributo di costruzione definendo criteri e parametri per la relativa determinazione.”
La SCIA quindi diventa fondamentale qualora si vogliano realizzare lavori di ristrutturazione, ampliamento o manutenzione straordinaria sul proprio immobile. Essa diventa necessaria per tutte quegli interventi edilizi che non rientrano nell’edilizia libera ovvero tra gli interventi manutentivi riconducibili alla CILA o tra le lavorazioni per le quali al momento è richiedono un permesso di costruire (PdC).
A chiarire se la SCIA possa, o meno, essere utilizzata per una nuova costruzione è la sentenza del Tar Veneto n. 2868/2024.
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Respinto il ricorso per la segnalazione certificata di inizio attività
Con la sentenza del Tar per il Veneto viene respinto un ricorso presentato avverso il Comune di Breda di Piave, relativo al respingimento di una segnalazione certificata di inizio attività (SCIA). Con il provvedimento, infatti, l’Amministrazione comunale vietava la prosecuzione dei lavori su un “fabbricato artigianale”.
Il caso nasce quando la Giunta Regionale del Veneto approva una variante urbanistica che modificava la destinazione d’uso di un’area del territorio comunale da produttiva a residenziale. In tale area ricadeva la proprietà del ricorrente, il quale fino a quel momento aveva avuto la possibilità soltanto attività commerciali e direzionali.
Tuttavia, il programma integrato di intervento non fu attuato nei tempi previsti, determinando la decadenza della variante. In seguito alla decadenza, il ricorrente ha presento una SCIA per poter completare il fabbricato, adibito ad attività produttiva di tipo artigianale, e un parcheggio interrato. A tale richiesta il Comune di Breda di Piave si oppose chiarendo che l’intervento non poteva rientrare nelle fattispecie previste dalla normativa urbanistica vigente. Il Comune ha poi proceduto a contestare la SCIA sottolineandone l’inidoneità su più fronti, in particolare nel provvedimento di bocciatura si specificava come l’intervento non rientrasse tra le fattispecie previste dall’art. 23 del DPR 380/2001.
Il ricorrente, in disaccordo, ha impugnato il provvedimento comunale sostenendo che l’intervento rientrasse invece nelle opere di manutenzione ordinaria o straordinaria, realizzabili mediante SCIA e che la decadenza della variante urbanistica avesse ripristinato la precedente destinazione produttiva dell’area.
Il Tar però ha respinto il ricorso, ritenendo infondate le argomentazioni del ricorrente sostenendo che l’intervento non poteva essere qualificato come manutenzione, ma come nuova costruzione, poiché prevedeva la realizzazione di volumi e superfici non esistenti.
Nella sentenza, infatti, il tribunale evidenzia come l’art. 23 del D.P.R. n. 380 del 2001 ammettesse che in alternativa al permesso di costruire possano essere realizzati, mediante segnalazione certificata di inizio di attività, interventi di ristrutturazione edilizia, nuova costruzione/ristrutturazione urbanistica prevista negli strumenti urbanistici generali o attuativi.
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Di conseguenza la SCIA non poteva essere idonea per la realizzazione di opere di nuova costruzione non previste dagli strumenti di pianificazione e che avrebbero richiesto invece un permesso di costruire, in Tar chiarisce come di fatto “l’intervento edilizio di nuova costruzione che la società ricorrente intende realizzare” non potrebbe rientrare “in nessuna di queste fattispecie,” essendo qualificabile come ristrutturazione in quanto non presenterebbe le caratteristiche che “lo rendano diretta esecuzione di disposizioni plano-volumetriche, tipologiche, formali e costruttive previste dagli strumenti urbanistici (circa i rigidi requisiti richiesti sotto questo aspetto dalla norma cfr. Consiglio di Stato, Sez. II, 14 gennaio 2020, nr. 3315, punto 3.5)” e neppure sarebbe classificabile all’interno della categoria “degli ulteriori interventi previsti dalla normativa regionale”.
In conclusione la sentenza conferma la legittimità del provvedimento comunale e ribadisce l’importanza del rispetto delle norme urbanistiche.
LA SENTENZA DEL TAR VENETO n. 2868/2024 È SCARICABILE IN ALLEGATO.

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