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L’importanza delle analisi statiche non lineari (pushover) per la vulnerabilità sismica di edifici esistenti

Nell'articolo un approfondimento sull'applicazione del metodo pushover ad una costruzione esistente, la cui struttura è mista in muratura e calcestruzzo armato; discusse alcune problematiche di modellazione e analizzati criticamente i risultati, anche alla luce delle indicazioni della Normativa.

Nello svolgimento di uno studio di vulnerabilità sismica, il professionista ha facoltà di scegliere fra metodi di analisi lineari e metodi di analisi non lineari secondo quanto prescritto dalla Norma. Ricade in quest’ultima categoria l’analisi statica non lineare altresì detta pushover.

L’analisi pushover è condotta mantenendo costanti i carichi gravitazionali e incrementando gradualmente forze orizzontali applicate alle masse simulando così le forze inerziali derivanti dall’azione sismica. Questo metodo considera la non linearità del materiale ed è in grado di descrivere l’origine e l’evoluzione dei meccanismi plastici all’interno del sistema strutturale, con l’ovvio limite che l’azione orizzontale non possa cambiare segno.

La presente nota si pone l’obiettivo di approfondire il metodo mediante l’applicazione ad una costruzione esistente, la cui struttura è mista in muratura e calcestruzzo armato; verranno discusse alcune problematiche di modellazione e analizzati criticamente i risultati, anche alla luce delle indicazioni della Normativa.

 

Perchè usare le analisi pushover per la valutazione della vulnerabilità sismica di edifici esistenti 

Gli edifici esistenti non sono in generale pensati per prevenire lo sviluppo di meccanismi non duttili. Tutti gli elementi dovrebbero dunque essere considerati suscettibili della possibile formazione di entrambi i meccanismi duttili e fragili, e devono essere verificati in quest’ottica.

I meccanismi fragili sono verificati usando un approccio basato sulle forze (resistenze), mentre i meccanismi duttili sono verificati seguendo un approccio basato sulle deformazioni, dal momento che l’obiettivo è verificare che essi siano caratterizzati da una sufficiente capacità di deformazione e dissipazione di energia; infatti, una volta che una cerniera plastica si è formata, il momento agente rimane pressoché costante e pari a quello di snervamento, mentre le deformazioni crescono al crescere del livello di input sismico.

Vale la pena di notare che il principio di evitare nelle strutture lo sviluppo di meccanismi non duttili è esteso anche alla valutazione della vulnerabilità e all’adeguamento degli edifici esistenti, mediante la riduzione, nel calcolo della capacità a taglio degli elementi strutturali, delle proprietà meccaniche dei materiali non solo per il fattore di confidenza, ma anche per i fattori parziali di sicurezza.

Nello studio degli edifici esistenti è impossibile determinare a priori quale tipo di meccanismo (duttile o fragile) si verificherà per primo e all’interno di quale elemento. Nella esemplificativa ipotesi di struttura simmetrica e regolare in pianta ed in elevazione, le zone a comportamento non lineare si distribuiranno uniformemente in tutto l’edificio, e si attiveranno approssimativamente tutte nello stesso istante. Tuttavia, anche in questo caso, è impossibile stabilire a priori se la formazione dei meccanismi duttili precederà quella dei meccanismi fragili o viceversa. Se ne deriva che non è possibile determinare in modo oggettivo la capacità in duttilità di una struttura senza condurre un’analisi pushover

In Figura 1 è visibile il risultato di una tipica analisi di pushover finalizzata a determinare il fattore di comportamento q e a valutare quindi la capacità di dissipazione di una struttura.

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Figura 1 – Determinazione del fattore di comportamento mediante analisi di P.O. [2]

 

Anche quando viene condotta una pushover per il calcolo del fattore di comportamento “q”, quest’ultimo potrebbe risultare in un valore impreciso, dal momento che la correttezza dei risultati dipende dall’accuratezza del modello ed è quindi funzione del livello di conoscenza.

La capacità di duttilità globale (e quindi anche il fattore “q”) di una struttura esistente è normalmente bassa se paragonata a quella di una nuova costruzione poiché, in generale, la prima non è progettata per deformazioni inelastiche sotto l’azione sismica di progetto. Se invece si volesse assumere un elevato fattore di comportamento (struttura progettata sismicamente e regolare), la necessità di condurre un’analisi non lineare per una valutazione sufficientemente accurata dello stesso renderebbe complesso e laborioso anche lo svolgimento di un’analisi elastica lineare. Oltretutto, l’accuratezza dei risultati sarebbe di gran lunga minore di quella ottenibile mediante un’analisi non lineare che, al contrario dei metodi lineari, rende possibile tenere conto della variazione nella distribuzione delle forze interne e delle deformazioni conseguenti al comportamento inelastico. D’altro canto, se il valore di “q” fosse scelto soggettivamente, senza cioè condurre un’analisi non lineare, l’affidabilità dei risultati sarebbe drasticamente ridotta, con il concreto rischio implicito di svolgere valutazioni non conservative ogniqualvolta il valore di “q” risulti maggiore di quello idealmente corretto.

Selezionare un valore di “q” molto basso costituisce una possibile alternativa; questo approccio fa riferimento però solo ad una elevata resistenza delle membrature, ignorando ogni dissipazione di energia e capacità in duttilità della struttura, senza condurre alcuna analisi non lineare. È molto probabile inoltre, che la domanda sismica sarà notevolmente sovrastimata e l’adeguamento della struttura molto invasivo e dispendioso.

Per tutte queste ragioni, l’analisi elastica lineare con l’input sismico ridotto del fattore “q” (che è normalmente il metodo per la progettazione di nuove costruzioni) non è raccomandata, sebbene sia possibile adottarla, per la valutazione della vulnerabilità sismica di edifici esistenti.

 

Caso studio: analisi non lineare di una struttura mista muratura – c.a.

Descrizione dell’edificio e modellazione

Si presenta il caso studio di una struttura mista muratura – calcestruzzo armato per la quale la società eos S.r.l. è stata incaricata di svolgere una valutazione di vulnerabilità sismica mediante analisi statica non lineare (pushover).

La struttura analizzata ha pianta ad “L” e si sviluppa su tre piani di cui un seminterrato ed un piano rialzato; il seminterrato ha un’estensione minore rispetto a quella dei piani superiori. La costruzione prevede un corpo storico risalente agli anni ’20 ed un ampliamento costruito in epoca successiva. Mentre l’ampliamento è realizzato interamente in calcestruzzo armato, il corpo storico è caratterizzato da telai in c.a. e da maschi murari disposti lungo il perimetro esterno della struttura nonché in corrispondenza del vano scale. Nella parte di struttura più recente i tamponamenti sono in laterizio forato con intercapedine e non assolvono pertanto funzioni di tipo strutturale. Le murature risultano ben ammorsate e presentano fasce dotate di cordoli in c.a. in corrispondenza dei solai i quali sono in laterocemento ed hanno cappa collaborante di spessore superiore ai 5 cm.   

Per l’analisi di vulnerabilità sismica della struttura si fa uso del software commerciale Midas Gen 2020 Figura 2 riporta una vista sul modello ad elementi finiti realizzato dalla quale è possibile apprezzare le differenze fra l’ampliamento ed il corpo storico nello stile costruttivo. Il comportamento strutturale della muratura è implementato nel modello di calcolo secondo il metodo del telaio equivalente (TEQ) e cioè definendo tre soli tipi di elementi: maschi murari, fasce di piano e conci rigidi. In Figura 3 si evidenzia l’estensione dei bracci rigidi che è stata valutata sulla base di quanto proposto da Dolce [1]. In corrispondenza degli impalcati si applica il vincolo di piano rigido.

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Midas GEN è il software per la modellazione, l’analisi e la verifica di strutture (esistenti e nuove costruzioni) più completo sul mercato nel settore del calcolo strutturale. All’interno del software sono disponibili, inoltre, verificatori per strutture in acciaio e calcestruzzo.

È un prodotto conforme alle NTC 2018 e relativa circolare e dispone anche di verifiche di elementi in CA ed acciaio in accordo alle principali normative internazionali.

Modello FEM della struttura; in verde gli elementi in c.a., in blu gli elementi in muratura

Figura 2 - Modello FEM della struttura; in verde gli elementi in c.a., in blu gli elementi in muratura

 

Modellazione a telaio equivalente (TEQ) degli elementi in muratura

Figura 3 - Modellazione a telaio equivalente (TEQ) degli elementi in muratura: in nero i tratti deformabili, in rosso i bracci rigidi delle fasce di piano, in verde i bracci rigidi dei maschi murari

 

Particolarità della modellazione a telaio equivalente

Nella schematizzazione della muratura secondo il metodo del telaio equivalente è possibile incontrare alcune criticità intrinseche nella modellazione stessa: con questo approccio infatti, se la distribuzione delle aperture oppure l’estensione dei maschi non è sufficientemente regolare, possono nascere notevoli momenti flettenti che rischiano di indurre la formazione di cerniere plastiche anche per effetto dei soli carichi verticali. Come è facile intuire, tale risultato è frutto dell’ipotesi esemplificativa alla base del metodo, ossia quella di modellare elementi che nella realtà sono bidimensionali, con elementi finiti monodimensionali. Un risultato come questo non è aderente alla realtà poiché, in genere, non si rilevano estesi quadri fessurativi. 

A titolo di esempio si consideri l’allineamento murario visibile in Figura 4 e si noti come al secondo maschio da destra competano degli elementi orizzontali di lunghezza differente. In configurazioni analoghe a queste, i carichi verticali generano dei momenti flettenti che possono provocare lo snervamento di alcune cerniere concentrate alle estremità dei maschi murari. In questa circostanza, si rende necessaria una revisione del modello; talvolta però, per rispettare le condizioni del metodo del telaio equivalente, l’unica alternativa possibile è quella di agire sui carichi. Applicando infatti i carichi provenienti dai solai come carichi concentrati in sommità ai maschi murari e non come carichi distribuiti sulle fasce di piano, l’inconveniente di cui sopra si risolve. Da un punto di vista operativo però, questa operazione è laboriosa, costringendo a rinunciare ai comandi basati sul metodo delle aree di influenza che numerosi programmi FEM (inlcuso Midas Gen 2020) implementano per il caricamento degli elementi orizzontali.

Schematizzazione a telaio equivalente

Figura 4 - Schematizzazione a telaio equivalente

Applicando le forze concentrate in testa ai maschi si risolve anche il problema della formazione di cerniere plastiche “premature” nelle fasce di piano. Bisogna premettere che la Normativa impone che la modellazione delle fasce sia possibile solo quando al di sotto di esse vi sono degli architravi sufficientemente ammorsati nella muratura (Figura 5).

Estratto della Circolare riguardante la modellazione delle fasce di piano

Figura 5 – Estratto della Circolare riguardante la modellazione delle fasce di piano

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