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L'immobile condonato in sanatoria edilizia può essere demolito! I motivi della Cassazione

Il permesso di costruire in sanatoria rilasciato dall'amministrazione può essere sindacato dal giudice dell'esecuzione che ha emesso l'ordine di demolizione? Le risposte in una recente, interessante e dirimente sentenza della Cassazione Penale

Si può demolire la casa condonata

Il permesso di costruire in sanatoria rilasciato dal comune può essere sindacato dal giudice dell'esecuzione che ha emesso l'ordine di demolizione. Lo afferma, stabilendo un importante principio di diritto, la Corte di Cassazione nella sentenza 23474/2019 dello scorso 28 maggio, che ha rigettato il ricorso presentato per l'annullamento di una decisione di primo grado che aveva a sua volta rigettato la richiesta di sospensione di un ordine di demolizione nonostante la richiesta di concessione edilizia in sanatoria, il cui deposito era stato certificato in pari data dal dirigente l'ufficio competente.

Permesso di costruire in sanatoria: il caso di specie

Il Comune, a seguito di presentazione di istanza di condono edilizio da parte del soggetto all'interessato all'acquisto dell'unità immobiliare di cui si discute (sembrerebbe mai perfezionatasi), rilasciava un permesso di costruire in sanatoria avente ad oggetto l'intervento edilizio oggetto dell'ordine demolitorio.

Il dirigente dell'ufficio urbanistica del predetto Comune, su richiesta della Procura della Repubblica di Napoli, provvedeva peraltro ad attestare che il titolo abilitativo era stato rilasciato a sanatoria delle opere abusive di cui si discute e che la volumetria delle opere fuori terra dell'immobile era inferiore a 750 mc. in quanto il piano seminterrato destinato a deposito/cantina, non comportando carico urbanistico, non era computabile ai fini della determinazione della cubatura dell'edificio.

Nonostante tali chiare emergenze, si duole il ricorrente per aver il giudice dell'esecuzione, recependo il parere contrario del PM, rigettato l'istanza difensiva, ritenendo che l'altezza del piano seminterrato computabile ai fini della volumetria quella emergente dal piano di campagna, conseguendone che l'immobile, nella sua altezza complessiva è pari a mt. 8,20 dal piano di campagna, mentre nel piano originariamente allegato la stessa veniva riportata come pari a 7,20 mt., circostanza ritenuta sufficiente a far ritenere il permesso illegittimo, in quanto la cubatura asseverata era pari a 742 mc.

Da qui il ricorso in Cassazione poiché l'ordinanza del giudice dell'esecuzione, a giudizio del ricorrente:

  • anzitutto violerebbe l'art. 39 della legge 724/1994, atteso che, come da consolidata interpretazione del giudice amministrativo, tutti i locali interrati o seminterrati, usati saltuariamente ovvero adibiti ad usi complementari, non devono essere computati nel limite volumetrico di mc. 750 per ottenere la singola richiesta di concessione edilizia in sanatoria ex art. 39 citato, riportando in ricorso gli stremi di alcune decisioni nelle quali viene sostanzialmente salvaguardata la necessità di assicurare una sufficiente aerazione e luminosità consentendo, nel rispetto dei regolamenti edilizi comunali, che la volumetria fuori terra sia considerata quella a partire dal primo solaio di calpestio al di sopra del piano di campagna, proprio perché, come specificato dal dirigente comunale nel caso in esame, il piano seminterrato destinato a deposito/cantina non comporta carico urbanistico. La conclusione cui perviene il giudice, diversamente, avrebbe dovuto comportare una approfondita valutazione, prima di pervenire addirittura a considerare il permesso illegittimo;
  • sarebbe affetta da vizio di motivazione laddove afferma che l'immobile nella sua altezza complessiva sarebbe pari a mt. 8,20 dal piano di campagna, mentre nel grafico originariamente allegato la stessa era riportata a 7,20 mt., circostanza sufficiente a far ritenere al giudice non rispettato il limite volumetrico, ed illegittimo il permesso, in quanto nell'istanza la cubatura asseverata era pari a 742 mc. Sul punto, sostiene il ricorrente che il raffronto tra i precedenti e i nuovi elaborati grafici e tra le misurazioni precedenti e successive avrebbe dovuto essere operato considerando il "nuovo" come uno sviluppo cronologico e correttivo del "vecchio", sicché l'affermazione di illegittimità del permesso è illogica laddove si considera un dato superato, corretto ed inesistente, come fondante nelle valutazioni che dovevano essere compiute ai fini del rilascio della sanatoria.

Il giudice dell'esecuzione ha pieno potere sul permesso di costruire in sanatoria

La Cassazione, in primis, afferma che il giudice dell'esecuzione può dichiarare l'illegittimità di un permesso di costruire in sanatoria e disporre quindi la demolizione dell'opera abusiva. Nel caso di specie, il giudice dell'esecuzione ha rilevato che l'altezza del piano seminterrato che va computata ai fini della volumetria è quella emergente dal piano di campagna, con la conseguenza che l'immobile nella sua altezza complessiva è pari a 8,20 metri dal piano di campagna, con conseguente illegittimità del permesso di costruire in sanatoria.

Del resto, lo stesso tecnico comunale attesta che la volumetria delle opere fuori terra è inferiore a mc. 750, segnatamente precisando che il predetto piano seminterrato non comportando carico urbanistico non è stato computato al fine della determinazione della cubatura dell'edificio. A dispetto di quanto sostenuto dalla difesa del ricorrente, si tratta di un palese errore commesso dal tecnico comportante la violazione della disciplina urbanistica, come correttamente rilevato dal PG nella sua requisitoria scritta, laddove evidenzia che l'esclusione del volume seminterrato dal computo dei volumi rilevanti per l'accesso al condono è illegittima, in quanto esclude arbitrariamente per lo meno la porzione di volumetria fuori terra, ossia quella corrispondente alla parte del vano superiore al piano di campagna.

Il calcolo della volumetria esistente

Seguendo un orientamento recente della giurisprudenza amministrativa ormai consolidato, nel calcolo della volumetria esistente è considerata in toto la volumetria del piano seminterrato e non solamente la parte fuori terra, poiché il volume dei fabbricati è determinato dalla somma dei prodotti delle superfici utili di ogni piano per le relative altezze lorde, misurate da pavimento a pavimento.

I regolamenti edilizi possono disporre in ordine al computo dei volumi interrati in ragione della loro destinazione d'uso, laddove questi ultimi siano destinati a residenza, uffici o attività produttive, ma in mancanza di disposizioni in tal senso, nel calcolo del volume complessivo dell'edificio rientra anche il seminterrato per la sola parte emergente dal piano di campagna.

Seminterrato o no? Le caratteristiche

Un seminterrato, in particolare, è tale, quindi, se in ogni sua parte rimane al di sotto del piano di campagna o del livello zero di sbancamento, essendo compatibile con tale situazione, nei limiti ritenuti dalle norme comunali, che parte della struttura sopravanzi il piano di campagna o la quota zero, per quanto strettamente necessario per assicurare una sufficiente areazione e luminosità, ovvero, che rimanga scoperta in larghezza per realizzare un accesso dall'esterno.

Quindi, in virtù delle su descritte necessarie caratteristiche, funzionali all'isolamento della struttura, della residenza soprattutto, dal terreno circostante in cui è immersa, che non è consentito utilizzare il seminterrato per usi residenziali, dovendo altrimenti considerarsene la volumetria nel calcolo della cubatura massima consentita, mentre possono essere in esso consentiti soltanto usi al servizio o per la migliore utilizzazione di quest'ultimi.

Da qui la Cassazione arriva al punto: il primo livello dell'abitazione assentita con l'impugnata concessione edilizia, al cui interno sono stati collocati spazi destinati a deposito/cantinola, poiché presenta, indiscutibilmente, una parte esterna fuori terra, non può qualificarsi come seminterrato. In questa situazione, esattamente, pertanto, il giudice dell'esecuzione ha ritenuto non rispettata la cubatura complessiva, dovendosi considerare in particolare il minimo scarto volumetrico di quanto ritenuto essere volume "fuori terra" (748,61 mc.) rispetto al limite di 750 mc.

Dek resto è pacifico nella giurisprudenza amministrativa che:

  • a) il volume dei fabbricati è determinato dalla somma dei prodotti delle superfici utili di ogni piano per le relative altezze lorde, misurate da pavimento a pavimento;
  • b) i regolamenti edilizi possono disporre in ordine al computo dei volumi interrati in ragione della loro destinazione d'uso, laddove questi ultimi siano destinati a residenza, uffici o attività produttive;
  • c) in mancanza di disposizioni in tal senso, nel calcolo del volume complessivo dell'edificio rientra anche il seminterrato per la sola parte emergente dal piano di campagna.

Deve quindi ritenersi legittimo il diniego opposto dal g.e. che, nell'atto impugnato, ha precisato di non potere riconoscere la legittimità della sanatoria in quanto, in sostanza, nel calcolo della volumetria esistente è considerata in toto la volumetria del piano seminterrato (e non solamente la parte fuori terra, come correttamente evidenziato dal P.G. di questa Corte), escludendo sostanzialmente che l'intero piano seminterrato potesse essere computato "in toto" (e non per la sola parte emergente dal piano di campagna) nel calcolo della volumetria assentibile con il bonus volumetrico.

Condono edilizio: quali garanzie?

Né la circostanza che il piano seminterrato sia stato oggetto del permesso di sanatoria arreca utilità alla tesi del ricorrente. In proposito la giurisprudenza, con valutazione che il Collegio condivide e da cui non vi è motivo per discostarsi, ha chiarito che:

  • a) la domanda di condono edilizio concerne il perdono ex lege per la realizzazione sine titulo abilitativo di un manufatto in contrasto con le prescrizioni urbanistiche (violazione sostanziale) (TAR Lazio, sezione I quater, 11 gennaio 2011, n. 124 e 22 dicembre 2010, n. 38207; TAR Campania Napoli, sezione VI, 3 settembre 2010, n. 17282);
  • b) la domanda di condono (ontologicamente diversa dalla domanda di accertamento di conformità) ammette la regolarizzazione, nella misura in cui le specifiche norme di legge lo consentano, di manufatti che, oltre a non essere formalmente autorizzati, risultino eventualmente anche in contrasto con le prescrizioni urbanistiche (ex multis, Cons. St., sez. VI, 2/2/2015, n. 466). La materia del condono, cioè, è regolata da un corpus normativo speciale e autonomo rispetto all'ordinario regime urbanistico ed edilizio, soggetto a specifici presupposti e a definite modalità per la concessione, nonché limitato a precisi ambiti temporali. Infatti, la concessione del condono non implica una modifica dello strumento urbanistico, a meno che non sia adottata nelle forme previste dall'ordinamento un'apposita variante finalizzata al recupero degli insediamenti abusivi, e non comporta alcuna legittimazione o giustificazione in ordine alla realizzazione di opere ulteriori di trasformazione e ampliamento, sia pur "migliorative", destinate al mutamento delle destinazioni d'uso, sia pur "convenienti", dei manufatti condonati, che restano invece assoggettati alle prescrizioni urbanistiche vigenti, non modificate per effetto del condono, che non ha certamente gli effetti di una variante.

La circostanza che l'amministrazione comunale abbia assentito in sanatoria ex legge 724/1994 l'immobile abusivo attuale (compreso il piano seminterrato) autorizza a ritenere che - in sede di rilascio del permesso in sanatoria n. 168/c/2017 del 23.08.2017, come emerge dall'attestazione del dirigente comunale del 21.12.2017 - il comune abbia preso in considerazione, per escluderla, l'intera volumetria del piano seminterrato, senza invece includervi quella relativa alla parte emergente dal piano di campagna.

E ha sbagliato, quindi: in tema di attività edilizia, anche i locali interrati devono essere computati ai fini volumetrici, perché detto calcolo deve essere effettuato, salvo che non viga un'espressa disposizione contraria, con riferimento all'opera in ogni suo elemento, ivi compresi gli ambienti seminterrati ed interrati funzionalmente asserviti, giacché nel concetto di costruzione rientra ogni intervento edilizio che abbia rilevanza urbanistica, in quanto incide sull'assetto del territorio ed aumenta il c.d. carico urbanistico e tali sono pure i piani interrati cioè sottostanti al livello stradale (Sez. 3, n. 11011 del 09/07/1999 - dep. 27/09/1999, Boccellari, Rv. 214273; cfr., da ultimo, in senso conforme: Sez. 3, n. 24464 del 10/05/2007 - dep. 21/06/2007, Iacobone ed altro, Rv. 236885).

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