L'Europa dei Mercati e l'Italia delle Regole
Nei principali Membri Stati dell'Unione Europea fervono i lavori di recepimento delle tre direttive comunitarie 23, 24 e 25 del 2014.
In alcuni casi, specialmente in quello attinente alla direttiva relativa agli Appalti Pubblici, essa è già stata, parzialmente o completamente, trasposta. In ogni modo, testi estesi sono pubblicamente disponibili.
Ciò che, però, con soluzioni differenti, accomuna Francia, Germania, Regno Unito e Spagna è il fatto di avere elaborato, accanto al recepimento dei testi legislativi, una Strategia Industriale inerente all'Economia Circolare e Digitale per il Settore dell'Ambiente Costruito.
Naturalmente si tratta di un Comparto, quello delle Costruzioni, che presenta, ovunque, in Europa, le medesime criticità in termini di scarsa Reputazione, Produttività, Innovatività, e così via: ciò, dovrebbe, quindi, indurre a riflettere sull'opportunità di accentuare una sottolineatura concernente i fenomeni corruttivi e conflittuali che riguarderebbero prevalentemente il Nostro Paese.
Anzi, dagli Stati Uniti al Giappone si esaltano i divari di Produttività che, dagli Anni Sessanta, hanno caratterizzato il Settore della Manifattura da quello della Costruzione.
Al di là della scarsa presenza dei Nostri Campioni Nazionali nei ranking ENR, fatto di per se stesso molto grave (in primo luogo, per le società di ingegneria: ma il fenomeno è generalizzato), resta, in effetti, il fatto che i mercati professionali e imprenditoriali continentali sono enormemente atomizzati e frammentati dappertutto, con tendenze addirittura in crescita in Germania, primo mercato continentale, e in Italia, quarto mercato continentale.
Tale parcellizzazione della Offerta (e pure della Domanda), straordinariamente eclatante, ad esempio, per la professione di architetto - tanto da sollevare l'attenzione del New York Times - sia per numero di professionisti sia per ammontare degli studi professionali, rappresenta indubbiamente un serio fattore ostativo ai processi di innovazione di processo e, in particolare, collide strettamente con il Building Information Modelling (BIM) che della Digitalizzazione costituisce l'anticamera, la premessa, ovviamente qualora esso sia inteso quale metodologia facilitata da tecnologie di prodotto e non come applicazione decontestualizzata di applicativi informatici non sempre maturi.
Il fatto è che, pur in una congiuntura ormai annosa di contrazione drammatica del mercato domestico, recentemente contrastata da alcuni segni di lieve ripresa, il tema della legalità è spesso riduttivamente adoperato per spiegare l'inefficienza del mercato, spingendo il legislatore a enfatizzare soluzioni contrattuali tradizionali, sedicenti garanti della trasparenza e della correttezza delle transazioni.
In fondo, i commissariamenti delle imprese nelle grandi opere hanno forse una valenza simbolica, come se operatori scorretti, prevalentemente imprenditoriali, potessero essere sostituiti da soggetti virtuosi imposti esogeneamente e come se, quindi, un mercato perfettamente efficiente fosse stato contaminato da elementi criminali così che, una volta questi ultimi rimossi, nessuna ulteriore riflessione sulla riconfigurazione del Settore fosse necessaria.
A parte la constatazione che, per quanto siano lodevoli i tentativi di investire in medi interventi, anziché in grandi opere, in edilizia scolastica, in ingegneria naturalistica, in rigenerazione urbana, e così via, le sorti del rilancio del mercato dipendano più dalle Concessioni e dal Partenariato Pubblico Privato che non dagli Appalti, la riproposizione, anzi il rafforzamento, delle procedure confontazionali, transazionali, appare davvero preoccupante, quale strumento di un tentativo di restaurazione di assetti tradizionali che, sia pure con estrema fatica, altrove i Governi cercano di oltrepassare.
Basti pensare alle recenti polemiche accadute in Francia e in Germania sul Partenariato Pubblico Privato e sui Contratti Globali.
È opportuno, invero, riconoscere che anche i Competitori più innovativi dei mercati più evoluti, se ne avessero la possibilità, probabilmente preferirebbero ricorrere alle soluzioni organizzative e procedurali tradizionali, in grado di permettere la conservazione di identità e di responsabilità note e radicate nonché di assicurare criteri corporativi di tutela dei segmenti di mercato professionali e imprenditoriali.
In altri termini, probabilmente, il Comparto delle Costruzioni, se potesse, rinuncerebbe a sviluppare un tasso di innovatività elevato.
Epperò, vi sono, in quasi tutti i Paesi Comunitari, intenzioni governative e finanziarie ben precise che mal tollerano un Settore arretrato in materia di Collaborazione, di Integrazione, di Efficacia, proprio perché il peso di questo sulle economie nazionali è rilevante e lo stato della finanza pubblica particolarmente critico. Ma anche in base al fatto che, in altri Settori, sono i Grandi Player che stanno proponendo Strategie Industriali, come per la Industrie 4.0 in Germania.
Ciò, dunque, significa che l'azione esclusiva sulle leve regolamentari, fiscali, ecc. non è giudicata più sufficiente, poiché i livelli di Conoscenza e di Rischio esigono un profondo cambiamento del Settore, da tutti sostenuto e acclamato in termini retorici, ma da pochi realmente desiderato, anche per allargare il novero degli interventi bancabili.
La restrizione al credito, in fondo, per quanto oggi allentata, riflette una difficoltà reciproca nel convenire criteri di valutazione del merito aggiornati e adeguati.
La Sostenibilità e la Digitalizzazione divengono, per così dire, i cardini e i cavalli di Troia di questa impellente esigenza che cerca, dapprima, di manifestarsi in vesti incrementali, ma che, in seguito, non potrà che divenire radicale.
Se si ponesse attenzione, a livello internazionale, al tema della Digitalizzazione, ma anche a quello della Sostenibilità, oltre i casi eclatanti di buona pratica, certamente lo stato di avanzamento effettivo della revisione dei mercati non apparirebbe così incoraggiante.
Il fenomeno della riconfigurazione è, infatti, particolarmente lento e silenziosamente avversato, ma passa per una indubitabile e crescente adesione, non solo nominale, agli stimoli governativi.
In Italia, sfortunatamente, ciò accade in misura esigua, in quanto la rilevanza dei fenomeni di illegalità ha condotto i decisori politici, anche sulla scorta emozionale dell'opinione pubblica, a invertire i fattori, condizionando profondamente l'esito degli orientamenti.
Si assuma, anzitutto, la cosiddetta centralità del progetto, espressione tanto ricorrente quanto poco significativa, sempre accompagnata dal richiamo ai concorsi di progettazione anteposti agli affidamenti con altri metodi.
Per centralità del progetto si intende solitamente la rivendicazione della classe professionale (preferibilmente con esclusione dei progettisti interni alle Committenze Pubbliche) a mantenere un primato autoriale e una autonomia assoluta.
Questo assunto, tuttavia, si scontra con alcuni elementi decisivi:
1) il ruolo determinante delle Committenze nella guida dei processi e dei procedimenti, soprattutto allorché esse stanno divenendo sempre più Operational, vale a dire, orientate al Ciclo di Vita dell'opera. Le Committenze mature e consapevoli non sono, infatti, più disposte a lasciare ai progettisti l'iniziativa, poiché la loro cultura industriale implica una notevole capacità, computazionale, di indirizzo e di specificazione nei processi gestiti attraverso l'analisi dei dati;
2) la Servitizzazione dei cespiti immobiliari e infrastrutturali che, all'insegna della Performatività, richiede un coinvolgimento sempre più estensivo dei Costruttori e dei Gestori nelle fasi precoci della progettazione, oltre che degli Utenti;
3) la Connettività tra edifici, infrastrutture e reti, che modifica radicalmente l'essenza dei beni da costruire, da conservare o recuperare, addirittura da demolire e ricostruire, in funzione di servizi alla persona erogabili in relazione a essi tramite l'Ingegneria dell'Informazione.
Alla luce di questi accadimenti, quale potrà essere l'indipendenza assoluta nella concezione della classe professionale? Cosa potrà mai scaturire da un progetto preliminare frutto di un concorso di progettazione, in assenza di una Committenza forte e di apporti da parte degli altri soggetti?
Anche se si accantonasse tutto ciò, la centralità del progetto, intesa come esplicitazione libera della creatività progettuale ha così frequentemente dimostrato di risolversi in progetti esecutivi esaustivi ed eseguibili, sia in virtù della debolezza di modelli organizzativi impostati sulla microprofessionalità sia a causa della dilatazione dei saperi: progettuali, appunto?
È chiaro, pertanto, che utilizzare la legalità per giustificare il primato autoriale ha come corrispettivo enfatizzare la subordinazione che, nel cosiddetto appalto integrato, i professionisti subirebbero nei confronti degli imprenditori.
Se, del resto, i professionisti si sono trovati sovente in condizioni di inferiorità ciò può essere "demerito" dei Costruttori, ma anche può derivare da una "difficoltà" degli stessi ad offrire un apporto collaborativo, coordinato e integrato.
Ed è così che, in un contesto lacunoso in materia di Project Management, a partire dal Design Management, a cui ovvia solo in parte la verifica del progetto in funzione della sua validazione, si pretenderebbe che il ripristino di una sequenzialità progettuale, condita da contrapposizioni, che escluda altri soggetti (committenti, esecutori e gestori) manifesti la modernizzazione delle procedure di aggiudicazione.
Tra l'altro, è ormai dimostrabile che l'adozione, sia pur embrionale, del Building Information Modelling impedisce forme non collaborative e integrate di progettazione ed estende la responsabilità disciplinare dei progettisti, cosicché esso dovrebbe coerentemente essere avversato.
Come detto, molte iniziative in atto nel Nostro Paese sembrano perseguire intenzionalmente politiche di ulteriore frammentazione e di dispersione delle iniziative e dei saperi, all'insegna di una distinzione delle competenze che confligge inesorabilmente con le tendenze in atto ovunque nel Mondo e che, peraltro, rende impraticabile la progettualità contemporanea supportata da saperi sofisticati non alla portata delle innumerevoli micro-organizzazioni, impossibilitate a conseguire economie di scopo e di conoscenza.
Sarebbe, al contrario, opportuno favorire processi aggregativi della Domanda come dell'Offerta, anche in considerazione del fatto che semmai si aderisse alla Rigenerazione, al Riuso, al Rammendo, per utilizzare espressioni un po' viete e abusate, ICT Company, Public Utility e Financial Arranger, nella Smart City, affiancherebbero e sovrasterebbero gli operatori tradizionali della Costruzione che rischiano di sopravvivere in condizioni negoziali di inferiorità, a causa della scarsa familiarità con logiche contrattuali e finanziarie di servizio legate alle Prestazioni e ai Comportamenti.
Anche i processi formativi sarebbero indispensabili: dalle comunità di pratica alla riqualificazione professionale di committenti, progettisti, imprenditori, produttori.
Il declino del mercato domestico nasce, anzitutto, dalla dequalificazione della Committenza che, come dimostra la Committenza Delegata, non può essere risolta semplicemente in termini quantitativi di accorpamenti tra amministrazioni.
Ecco perché una Strategia Industriale come quella della Digital Built Britain è determinante, ma accanto al BIS Britannico figurano il Logement Francese, il BMVI Tedesco, il Fomiento Spagnolo, a livello governativo e a livello comunitario.
La preferenza accordata alle Regole e alla Regolazione, deboli o forti che siano, rischia, pertanto, di accrescere ulteriormente il divario che separa la realtà nazionale da molte altre comunitarie, ma pure di rendere faticosa la competizione degli operatori nazionali sui mercati internazionali, tanto più che gli operatori medio-orientali, sudamericani e asiatici diventeranno sempre più competenti e competitivi nei confronti di quelli europei e nordamericani.
In Italia una tradizione progressista imputabile al socialismo riformista e alla sinistra democristiana si è probabilmente esaurita da decenni, per quanto ancora viva nelle esperienze di alcuni gabinetti recenti, ma occorre veramente una notevole lucidità per scansare luoghi comuni che evidenziano un degrado e un declino drammatico della borghesia illuminata che ha costituito la classe dirigente del Paese.
Se il Governo non si dimostrasse sensibile a certune istanze, resterebbe il ricorso a una azione dal basso delle rappresentanze e delle parti sociali.
Sarà, però, ciò mai possibile a partire dagli accadimenti recenti?
E l'Accademia saprà trovare nuovi contenuti adatti alla contemporaneità?
In altre parole, esistono realmente in Italia sistemi di convenienze necessitate ad aderire al punto di svolta, ma anche di non ritorno, circolare e digitale?
Può, al contrario, essere vinta una scommessa che si fonda sulla capacità inerziale e resistenziale del Comparto, alimentata, però, da una retorica dell'innovazione?